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Benessere, più multitasking e meno concentrati: tutti i rischi delle abitudini digitali

Ansia, nervosismo, depressione, stanchezza sono i più diffusi sintomi del tecnostress

TECNOLOGIA RISCHI CONNESSI ALL’USO DEI DISPOSITIVI DIGITALI / ROMA – Ansia, nervosismo, depressione, stanchezza? Potrebbe essere stress, anzi tecnostress. Sono questi alcuni dei sintomi della patologia, considerata dal 2007 come “malattia professionale” che colpisce gran parte dei lavoratori digitali italiani.

Lo rivelano i dati di una nuova ricerca di Netdipendenza Onlus realizzata in collaborazione con l’Associazione italiana formatori salute e sicurezza sul lavoro (Aifos).

Secondo lo studio circa il 45% dei lavoratori digitali accusano i sintomi causati da un uso intenso di pc, tablet e smartphone. L’indagine è stata condotta su un campione di poco più di 1000 lavoratori digitali: l’85% di questi ha dichiarato di usare in maniera frequente, per motivi di lavoro, i dispositivi mobili connessi a internet, mentre il 59,5% ha dichiarato come, nell’era degli smartphone, la quantità di informazioni da gestire sia nettamente aumentata. Per quanto riguarda il tempo trascorso al computer, tra gli intervistati circa il 18,4% rimarre connesso per 8 ore al giorno, il 9,8% raggiunge le 10 ore giornaliere mentre circa il 6% arriva a 12-16 ore. Lo smartphone, invece, viene utilizzato nel 64,1% dei casi per un’ora al giorno (anche nel weekend) per le conversazioni di lavoro, mentre altri lo utilizzano addirittura fino a sei ore al giorno, spezzate da pause di trenta minuti. I dispositivi connessi ad internet vengono utilizzati anche a letto: il 66,5%, infatti, ha dichiarato che, per motivi professionali, usano smartphone, computer e tablet, rimanendo connessi anche il fine settimana (90%). Il 36,9%, invece, avrebbe ammesso di utilizzare il tablet per motivi di lavoro per almeno un’ora al giorno.

Si può fare a meno della tecnologia? A questa domanda il 26% ha risposto di non considerare affatto l’ipotesi mentre il 17,5% risponde “mai”. Tuttavia un timido 3,5% riuscirebbe a farne a meno per qualche minuto, seguito dal 16,8% che riesce ad allontanarsi per mezza giornata, l’11,3% per un giorno intero e il 12,7% per una settimana. Il 65,5% degli intervistati è consapevole dei rischi causati dai campi elettromagnetici dei dispositivi mobili ma tuttavia non può farne a meno. Questo anche se si accusa un affaticamento mentale (87%) e tra di questi il 45% deve fare i conti con gli acciacchi e disturbi causati da tecnostress, con seri o occasionali problemi di salute.

Questi i sintomi più comuni: al primo posto si posiziona il mal di testa per il 44,5%, seguito dal calo di concentrazione (35,4%), nervosismo e alterazione dell’umore (33,8%), tensioni neuromuscolari (28,5%), stanchezza cronica (23,3%), insonnia (22,9%), ansia (20,4%), disturbi gastro-intestinali (15,8%). Al di sotto del 10% dei casi dermatite da stress (6,9%) e, i più gravi, alterazioni comportamentali (7,1%), attacchi di panico (2,6%) e depressione (2,1%).

“Molti sintomi dell’elettrosmog sono simili a quelli del tecnostress, come ad esempio il mal di testa, il calo della concentrazione, l’insonnia. Bisogna approfondire l’impatto di questi due rischi e valutare correttamente il sovraccarico informativo cognitivo e i livelli di emissioni di campi elettromagnetici. È questa la nuova sfida da affrontare per difendere la salute dei lavoratori digitali” ha affermato Enzo Di Frenna, presidente di Netdipendenza Onlus.

CAPACITA’ DI ATTENZIONE – Il crescente utilizzo di tablet e smartphone riduce la capacità di attenzione dell’uomo. Secondo uno studio condotto in Canada da Microsoft sulle abitudini digitali di 2 mila individui ha stabilito come la durata media della concentrazione umana sia scesa a 8 secondi, uno in meno di quanto possono invece “vantare” i pesci rossi.

Smartphone e tablet favorirebbero al contrario il processo noto come “multitasking” cioè la capacità di concentrarsi su più attività nello stesso momento. Questo però a discapito della durata della concentrazione sulla singola azione, scesa dai 12 secondi dell’anno 2000 agli attuali 8.

S.C.

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