L’ex attaccante ha intrapreso la carriera di allenatore e in esclusiva ai nostri microfoni ha parlato del suo passato da calciatore, fra obiettivi raggiunti e modelli di riferimento
ESCLUSIVA DI MICHELE SERIE A / Re David, è questo il soprannome che venne attribuito a Di Michele sin dai tempi di Salerno, quando con la Salernitana raggiunse una promozione in Serie A che mancava da 50 anni. Da lì una carriera fatta di tante soddisfazioni, corse e squadre in cui gli obiettivi raggiunti hanno sparso pezzi del suo cuore quà e là. Di Michele ricorda col sorriso i tempi di Udine e dello storico piazzamento Champions, i tempi di Torino, di Reggio Calabria e Lecce. La convocazione in Nazionale e la stagione in Premier League, tra le fila del West Ham. Con un sogno nel cassetto che ha già cominciato a realizzare: allenare svela a Calciomercato.it, ispirandosi a Spalletti.
Cominciamo dalla fine David, ovvero dalla partita di calcio a 8 che la tua Roma ha vinto 6-3 contro la squadra di Francesco Totti. Sicuri di non voler tornare a giocare in Serie A?
“E’ stata una bella serata in cui si è assaporato un po’ di calcio dei vecchi tempi. Abbiamo fatto molto bene, anche perché ci tenevamo davanti a tanta gente. E questo ha fatto si che la qualità che c’era in campo risaltasse. Dire che faremmo comodo a qualche squadra oggi mi sembra un po’ troppo però (sorride, ndr), anche se la freschezza sul piano atletico l’ho sempre avuta. Francesco magari correva un po’ meno rispetto a me, anche perché ognuno di noi ha le sue caratteristiche, e le sue sappiamo tutti quali sono”.
A proposito, chi è stato il calciatore più forte che hai incontrato?
“Ronaldo, il fenomeno. Vederlo nell’Inter, nel fiore della sua carriera è stata una cosa assurda. Ho affrontato anche CR7 e Messi, ma lui mi è rimasto molto più impresso rispetto agli altri. Non fosse stato per gli acciacchi fisici che ha patito, avrebbe sicuramente vinto molto di più”.
Udinese-Torino è in programma domenica prossima: entrambe sono squadre in cui hai militato. Che campionato immagini per entrambe?
“Sicuramente il Toro in questo inizio di campionato sta convincendo di più dell’Udinese. Anche perché dispone di una rosa molto più ampia e di livello superiore. Come testimonia il campionato scorso giocato dal Torino, che lo ha visto centrare l’obiettivo dell’Europa League anche se poi è uscito col Wolverhampton. E’ stato un peccato fra l’altro, perché sarebbe stata una rappresentante in più per l’Italia in Europa e perché la grande storia dei granata lo avrebbe meritato.
Quest’anno però potrebbe togliersi ancora delle soddisfazioni disputando un torneo ad alti livelli. L’Udinese sta facendo più fatica invece. Deve trovare la giusta quadratura e compattezza: non gioca male ma raccoglie anche poco in questo momento. Il calcio è fatto di tempi però, e di gol. La società bianconera però è molto seria, cura tutti i particolari della gestione di un club. Sta vivendo un periodo di flessione rispetto a qualche anno fa, ma i margini di miglioramento ci sono tutti”.
Qual è stato il momento più bello della tua carriera?
“Raggiungere la Champions con l’Udinese, obiettivo storico per il club bianconero, ed essere convocato in Nazionale quando ancora c’erano i top players azzurri che poi sono diventati campioni del mondo. E’ successo quando c’era Luciano Spalletti a Udine, anche perché la stagione seguente a Udine ho attraversato un periodo in cui l’allenatore (Delneri, ndr) non mi vedeva e di conseguenza ho fatto fatica. A gennaio sono quindi andato a Palermo, ma non sono riuscito a riconfermare quella situazione dell’anno precedente. Poi c’è stata la salvezza raggiunta con la Reggina, il campionato di Serie B vinto a Lecce e con la Salernitana, tornata in A dopo 50 anni. Ad ogni modo va bene tutto quello che ho fatto e avuto dalla mia carriera: obiettivi centrati delle squadre in cui ho giocato”.
Esperienza in Premier League al West Ham: che cosa dovrebbe prendere il calcio italiano da quello inglese, e il calcio inglese dal nostro.
“Noi da loro sicuramente potremmo prendere il modo di pensare, migliorando il nostro. Attribuendo agli episodi il giusto peso, senza esagerare. Loro non lo fanno mai: vanno allo stadio per godersi la partita e lo spettacolo, parlando più di campo che del fallo di mano o del rigore che poteva esserci o no. E’ anche un modo per stressarsi meno.
Da noi probabilmente potrebbero prendere un po’ più di tatticismi. A loro la tattica piace poco del resto. Non hanno la nostra preparazione a livello di organizzazione del gioco e disciplina tattica. Loro corrono tanto, questo sì, ma la tattica sta entrando pian piano nel loro campionato. Anche per merito degli allenatori stranieri sempre più presenti in Premier League“.
Hai intrapreso la carriera da allenatore, cominciata con la Lupa Roma, ma che adesso prosegue nel Frosinone alla guida dell’Under 17.
“E’ molto bello lavorare coi ragazzi. L’anno scorso siamo arrivati ai playoff e non ce lo aspettavamo. E’ stato un obiettivo importante. Quest’anno abbiamo un anno in più di conoscenza e stiamo facendo benino, anche perché questi ragazzi non raccolgono per quanto seminano. Ma a livello personale, ripeto, è molto bello e non me lo aspettavo. Si sono rivelati una gran bella sorpresa e io spero di insegnare loro tutto ciò che ho imparato nel corso della mia carriera, facendogli capire che se davvero vogliono giocare a calcio ci sono delle strade giuste da percorrere. Con abnegazione e serietà, senza lasciare nulla al caso per raggiungere gli obiettivi. E poi il calcio ti dà delle regole che ti aiutano anche nella vita, e alla loro età questo è molto importante”.
C’è un tecnico a cui ti ispiri?
“Si, mi ispiro Luciano Spalletti. E’ il tecnico che mi ha dato di più sotto tutti i punti di vista. A livello umano oltre che professionale. Il rapporto che ho avuto con lui non l’ho avuto con nessun altro: schietto, vero, sincero. A volte ti viene a muso duro ma con l’intento di risolvere subito le problematiche e di chiarire. E poi fa giocare le sue squadre al calcio come fanno in pochi. Lo ha dimostrato con la Roma, con l’Udinese, con l’Inter. Ha vinto poco rispetto a quello che ha proposto sul piano del gioco, ma nel calcio ci sono anche gli avversari, che a volte sono più forti. Però lui fa benissimo ovunque va”.