L’ex presidente del Real: “Vi racconto come lo acquistai dallo United”
JUVENTUS CRISTIANO RONALDO CALDERON / Il ‘Ronaldo furioso’ continua a far discutere, in Italia e all’estero. La rabbiosa reazione del portoghese al momento della sostituzione con Paulo Dybala, dopo soli 55 (per lui scialbi) minuti di Juve-Milan ha fatto il giro del mondo. Ne abbiamo parlato, in esclusiva per Calciomercato.it, con Ramón Calderón, ex presidente del Real Madrid, che con Cristiano ha un rapporto speciale: fu lui, nel 2008, a chiudere l’operazione che lo portò in blanco, formalizzata poi nell’estate successiva da Florentino Perez.
Come nacque l’affare Cristiano?
“Fu una lunga storia. Jorge Mendes ci informò della possibilità di acquistare il calciatore, che voleva lasciare il Manchester United: da quel momento partì una trattativa che durò quasi due anni. Firmammo i contratti, che ho mostrato pubblicamente in seguito, il 12 dicembre 2008. Sarebbe potuto arrivare con un anno d’anticipo, ma fu lui a chiedermi di restare un’ultima stagione allo United, che non voleva lasciare in maniera forzata”.
Cosa ha pensato un anno fa, quando lo ha visto lasciare la Spagna?
“Credo sia stato un errore, sia per il Real Madrid che per Cristiano. Il club lo ha quasi spinto ad andar via: il presidente negò un aumento di stipendio ragionevole al calciatore, che aveva letto sui giornali dell’operazione da 300 milioni di euro che la società stava tentando di realizzare per acquistare Neymar, il cui stipendio avrebbe raddoppiato quello del portoghese. Ronaldo, dopo aver battuto ogni record, chiese un aumento di cinque milioni di euro: dopo aver incassato il ‘no’, la situazione si complicò fino a quando la società gli disse che con un’offerta da 100 milioni avrebbe avuto il via libera. Credevano che Cristiano fosse ormai nella fase finale della sua carriera e che nessuno li avrebbe mai pagati…”.
E invece arrivò la Juve.
“Indubbiamente ha scelto un altro grandissimo club, nel quale ha avuto e avrà opportunità di vincere titoli e segnare tanti gol. Ma qui a Madrid ha vinto tutto, i tifosi lo adorano, è una leggenda: restare era l’opzione migliore per la sua carriera, a mio avviso”.
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Cosa pensa della sua furiosa reazione al cambio nel match col Milan?
“I grandi calciatori non vogliono mai lasciare il campo, è una reazione normalissima. Bisogna comprenderlo: il carattere di un giocatore vincente è questo, vuole restare in campo e vincere. È un elemento costante in tutte le grandi stelle che ho conosciuto. Ricordo che era impossibile far riposare Ronaldo, il brasiliano. Chiedeva di essere titolare anche nelle amichevoli. Quelli come lui non accettano il ruolo di riserva nemmeno per riposarsi in vista di altri impegni. È stato sempre così”.
Come deve comportarsi la società dopo una reazione del genere?
“Bisogna parlargli, dare al giocatore il tempo di calmarsi e non prendere mai decisioni a caldo, in questi casi. La cosa migliore è fargli capire che questi atteggiamenti non devono ripetersi e voltare subito pagina”.
Capello, che lei conosce bene, ha dichiarato che Cristiano “non dribbla un avversario da tre anni”. È d’accordo?
“Fabio è un uomo passionale, dice sempre quello che pensa. Ho un affetto enorme per lui, con me ha vinto un campionato meraviglioso, credo che lo abbia affermato dopo aver visto la reazione di Cristiano al cambio. Conoscendolo, si sarebbe arrabbiato molto al posto di Sarri (ride, ndr). Gli anni passano per tutti, ma non sono d’accordo con quello che ha dichiarato: nella scorsa stagione Ronaldo è stato protagonista e credo ne abbia davanti almeno altre tre al massimo livello”.
Scelse un italiano come ‘Don Fabio’ per il suo Madrid. Se oggi fosse presidente, ingaggerebbe Maurizio Sarri?
“Sì, mi piace. Ha dimostrato di essere bravissimo già a Napoli e nel Chelsea, credo che la Juventus con lui abbia fatto la scelta giusta. Vincerà un altro scudetto e sarà un candidato serio per alzare la Champions. Qualsiasi grande club vorrebbe un allenatore come lui”.
Con Cristiano ha mostrato un bel po’ di coraggio.
“Gli allenatori fanno solo ciò che è meglio per la squadra. Tante volte i calciatori non lo capiscono, reagiscono male, ma nessun tecnico prende una decisione che danneggi sé stesso e il gruppo”.
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