CALCIO RAZZISMO ITALIA / Italia sotto accusa quando si parla di calcio e razzismo: nel terzo appuntamento con lo speciale di Calciomercato.it sul legame tra il mondo del pallone e comportamenti discriminatori, ci soffermiamo sugli episodi di razzismo all'estero e i provvedimenti presi dalle società e dalla Uefa. In Italia le norme prevedono un'accelerazione della procedura di interruzione e sospensione delle partite e un chiarimento definitivo delle responsabilità tra arbitro, ispettori della Figc e responsabile dell'ordine pubblico. La responsabilità dell'individuazione di cori o striscioni discriminanti è demandata al responsabile dell'ordine pubblico designato dal Ministero dell'Interno e ai collaboratori della Procura Figc. In loro assenza spetta anche al delegato della Lega Serie A. La sospensione temporanea o definitiva di una gara viene ordinata dal responsabile dell'ordine pubblico all'arbitro.
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Un modello per il mondo con un problema da debellare. La Premier League, con i suoi stadi sempre pieni, è il campionato nazionale più seguito e che coinvolge milioni di appassionati. L’Inghilterra non è però esente dal problema razzismo. La Premier è il campionato più multietnico, con il 65,2 % di giocatori stranieri ed è anche il campionato in cui questi episodi si presentano più frequentemente. Recentemente sono saliti alla ribalta diversi casi, verificatisi all’interno degli stadi e sui social. Da Sterling a Choudhury, passando per Rashford e Pogba. La differenza? Le sanzioni e gli atteggiamenti di club e giocatori. Emblematico l’esempio di quanto avvenuto nel corso di Haringey Borough–Yeovil Town, gara del quarto turno di qualificazione alla FA Cup 2019/2020 dello scorso ottobre. Vittime degli insulti razzisti due giocatori della squadra di casa. La sfida è arrivata ai rigori e il manager dell'Haringey Borough, dopo aver sentito gli insulti, ha deciso di ritirare la squadra. Entrambi i club hanno deciso di comune accordo di rigiocare la partita. Nel frattempo la Football Association si è decisa ad intervenire sul caso, che ha portato poi all’arresto dei due sostenitori ospiti colpevoli. Ma anche i club professionistici sono stati protagonisti: il Chelsea ha emanato un Daspo a vita nei confronti del “tifoso” che offese Sterling nella sfida contro il Manchester City nella scorsa stagione a Stamford Bridge. E sempre la società londinese si è attivata per arrivare ai responsabili che sui social network hanno formulato offese razziste nei confronti di Tammy Abraham, che aveva fallito il rigore decisivo nella Supercoppa Europea contro il Liverpool. Tra agosto e settembre gli episodi sono stati notevoli. Oltre ad Abraham i tifosi Blues avevano insultato, sempre in rete, anche Zouma, protagonista di un’autogol nel 2-2 contro lo Sheffield. Insulti dai tifosi rifilati pure a Paul Pogba, per aver sbagliato un rigore contro il Wolverhampton e a Yakou Meite del Reading, anche lui per aver fallito un penalty. I club hanno subito condannato gli atteggiamenti prendendo le difese dei propri calciatori. Frank Lampard ha criticato e condannato l’accaduto: “Sono disgustato, non so come possano essere permesse certe cose”.
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La stagione scorsa il club di Abramovich aveva deciso di organizzare corsi di recupero per i tifosi razzisti, con l'allontanamento per sempre dallo stadio per colui che sbaglia che potrà altrimenti rimediare partecipando ad attività rieducative. Una di queste prevede la visita ad Auschwitz. “Possiamo agire sui singoli. Allontanare i tifosi non basta” le parole del club. Anche il West Ham ha applicato una linea dura: un filmato ha inchiodato un tifoso, protagonista di insulti razzisti in una gara della scorsa stagione. Il video è stato inviato al club e l'uomo non potrà più mettere piede nel London Stadium. Oggi quasi tutto quello che succede all'interno dello stadio, in Inghilterra, è responsabilità delle società, che pagano gli steward (sempre in contatto diretto con la polizia all'esterno). In caso di comportamenti illeciti contro i responsabili interviene la federazione con provvedimenti restrittivi, ma le società possono decidere per ulteriori punizioni come multe, sospensione dell'abbonamento o della tessera associativa. Molti comportamenti sono reato: lanciare petardi o oggetti, fare invasione di campo, cori razzisti, violare un ordine di interdizione. In alcuni casi si rischiano fino a cinque anni di carcere. La polizia può arrestare e processare per direttissima un tifoso anche per violenza verbale. I controlli avvengono con telecamere ai tornelli e sulle tribune, oltre che con gli steward e le società possono riservarsi il diritto di bandire un supporter a vita. Il tifoso del Tottenham che nel dicembre 2018 lanciò una banana ad Aubameyang nel derby contro l'Arsenal è stato sanzionato con 500 sterline di multa e 4 anni di Daspo.
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Il problema razzismo non rende esente nessuno. Altrove però, a dare segnali forti sono soprattutto i club e le federazioni. In Olanda la Federcalcio ha recentemente deciso di non giocare il primo minuto in Eredivisie e in seconda serie per quanto avvenuto nella sfida tra Den Bosch ed Excelsior, dove un giocatore è stato insultato e ha minacciato di lasciare il campo. “Razzismo? Allora non giochiamo” è lo slogan che ha portato avanti la KNVB a seguito dell’episodio, con tutti i club che hanno deciso di aderire. Un episodio simile al comunicato che tutte le società di Serie A hanno recentemente diramato.
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Anche in Germania il problema è particolarmente sentito. I casi in Bundesliga e nei campionati minori sono rari, ma i club della massima serie hanno espresso un chiaro concetto: fuori dalle curve i seguaci del nazismo. All’Eintracht Francoforte il presidente Fischer ha bannato ogni vicinanza con il manifesto ideologico di “Alternative for Deutschland”. E anche il Werder Brema si è detto assolutamente incompatibile con il partito di estrema destra tedesco. Al Borussia Dortmund esisteva la figura dei fan project, organizzazioni socio-pedagogiche finanziate dallo stato, dalla Federcalcio tedesca e dalla città di appartenenza, incaricate di formare il tifoso, educandolo a una cultura inclusiva e tollerante. Il codice penale tedesco punisce con pene fino a tre anni di carcere reati come l’apologia del nazismo e lo sfoggio di striscioni o materiale a esso correlato. Dal punto di vista della sicurezza, il club paga i poliziotti quando ne servono più del previsto. Gli stadi hanno sale monitor controllate dalla polizia, che può arrestare preventivamente i tifosi violenti. Con la regola del “50+1”, secondo la quale almeno il 51% delle quote di una società dev'essere in mano a soci-tifosi: spesso proprio i supporter sono i primi a non volere violenti sulle tribune. Poco meno di cinque anni fa un tifoso del Borussia Dortmund è stato colto a fare il saluto nazista durante il minuto di raccoglimento di una partita contro l'Amburgo. Preso con l'aiuto delle telecamere e immediatamente allontanato, è stato squalificato per sei anni dal Westfalenstadion.
In Spagna la situazione è più simile al modello italiano: lo stato ha la responsabilità su tutto quello che avviene sia fuori sia dentro lo stadio, fino a quello che succede in campo, come la tutela dell'arbitro e dei giocatori. I tifosi che assistono alle partite di Liga sono tenuti a stare seduti tutta la partita nel posto a loro assegnato: anche quelli in curva non possono spostarsi. Anche qui sono previsti provvedimenti restrittivi per chi viene colto a fare cori razzisti, espone striscioni che incitano alla violenza, fa invasione di campo, lancia oggetti (fino a cinque anni lontani dallo stadio a seconda dell'infrazione e multe), così come per le società (fino a due anni di porte chiuse o di chiusura dello stadio). Cinque anni fa il tifoso del Villarreal che lanciò una banana a Dani Alves venne arrestato e sospeso a vita dal club iberico, che ricevette anche una multa di 12mila euro.
Casi di razzismo sono esplosi anche in gare nazionali. L'episodio più recente risale a Bulgaria–Inghilterra, con fischi ai giocatori di colore inglesi. La decisione è stata presa dopo la gara giocata ad ottobre a Sofia, ma anche Romania, Ungheria e Slovacchia sono state costrette a giocare una gara a porte chiuse dopo che a settembre si sono verificati episodi di razzismo. La Bulgaria ha giocato a porte chiuse la partita del girone di qualificazione a Euro2020 del 17 novembre contro la Repubblica Ceca. La Uefa ha poi previsto 2 anni di sospensione cautelare: in caso di episodi analoghi ci sarà un'altra partita a porte chiuse. Nelle prossime due gare in casa (per quanto riguarda competizioni Uefa), la Federazione bulgara, multata di 75mila euro per comportamenti razzisti e lancio di oggetti, dovrà esporre uno striscione con la scritta “No to racism”. Inoltre è stata comminata una multa di 10mila euro per i fischi durante l'esecuzione dell'inno nazionale inglese. 5mila ne ha pagati invece la Federazione inglese per gli stessi motivi.
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