CORONAVIRUS ESCLUSIVO CARTABELLOTTA FONDAZIONE GIMBE – L'emergenza coronavirus continua a tenere in scacco il nostro Paese, ma non solo. Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha esteso le misure di contenimento fino al 13 aprile, mentre stamane Angelo Borrelli, capo del Dipartimento della Protezione Civile, ha parlato del 16 maggio come data di inizio possibile della fase 2, quella della convivenza col virus. Calciomercato.it ha approfondito tutte le questioni che riguardano la situazione che stiamo vivendo con uno dei massimi esperti di ricerca e sanità in Italia, il professor Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE che si occupa di favorire la diffusione e l'applicazione delle migliore evidenze scientifiche al fine di migliorare la salute delle persone e contribuire alla sostenibilità del servizio sanitario pubblico.
I dati degli ultimi giorni appaiono decisamente incoraggianti rispetto a qualche giorno fa: si può parlare di picco raggiunto e di tendenza alla discesa? E, se sì, quando è stato raggiunto?
“Il 'numero magico' che va monitorato è l'incremento percentuale dei casi totali rispetto al giorno precedente, quello che appena raggiunge lo 0% ci conferma che non ci sono più nuovi casi. Al 2 aprile il dato nazionale è del 4,2% con trend in discesa nelle ultime settimane: era 12,6% il 17 marzo e 8,2% il 24 marzo. Tuttavia esistono notevoli differenze regionali, sia perché il virus si è diffuso in maniera progressiva e variabile in una Italia 'stretta e lunga', sia in ragione di differenti policy regionali sull'uso dei tamponi che, inevitabilmente, condizionano il numero dei casi confermati. Ecco perché è impossibile parlare di 'picco', la chimera di questa epidemia. Se per picco intendiamo il giorno in cui si è raggiunto il numero massimo di casi in Italia, al momento è il 21 marzo: ma nei giorni successivi non abbiamo assistito ad una progressiva discesa, bensì ad un effetto yo-yo determinato dai fattori di cui sopra”.
L'Istituto Superiore di Sanità ha parlato dell'indice di trasmissione, il cosiddetto R con zero, vicino all'1: cosa significa questo dato? Quanto tempo ci vorrà per avvicinarsi allo zero?
“Il valore di R0 (erre con zero) indica il tasso di contagiosità di un virus: se questo valore è uguale a 1 vuol dire che una persona infetta ne contagia una, se il valore è 2 una persona infetta ne contagia due. Questo valore in parte dipende da alcune variabili indipendenti (caratteristiche biologiche del virus, densità della popolazione), ma anche da quante persone si incontrano, per quanto tempo, quanto a lungo. Le misure di distanziamento sociale mirano ad agire su queste determinanti, al fine di portare il valore di R0 al di sotto di 1, quando cioè una persona positiva avrà la potenzialità di infettare meno di un'altra persona. Al momento è difficile prevedere dire quando ciò accadrà“.
Quando i dati scenderanno ancora, quali saranno i passi per un ritorno alla normalità? E quando pensa che si potrà tornare alla normalità, per come la intendevamo prima del gennaio scorso?
“Difficile immaginare un ritorno in tempi brevi alla normalità che abbiamo in mente. I passi dovranno essere molto prudenti, in linea con le evidenze scientifiche e il monitoraggio dei dati. Quello che mi preme sottolineare è che, in assenza di un lockdown totale, tardivo e con un'aderenza non ottimale alle misure di distanziamento sociale, gli effetti complessivi sono minori rispetto a quelli attesi. Bisogna #stareacasa, avere pazienza e utilizzare al meglio questo tempo per programmare la ripresa della vita sociale e delle attività economiche, che inevitabilmente non potrà essere identica nelle varie aree del Paese”.
Si potrà dire di essere davvero usciti dall'epidemia solo quando avremo a disposizione un vaccino oppure ci sono altri criteri di cui bisogna tenere conto per giungere a questa conclusione?
“Considerato che il vaccino difficilmente sarà disponibile nella prossima stagione influenzale è realistico immaginare un lungo periodo di 'convivenza' con il coronavirus durante il quale saremo chiamati a modificare tante abitudini. Il virus è diffuso in tutto il mondo e la probabilità dei casi 'di rientro' esiste anche quando in un singolo paese è stato debellato. In Cina e ad Hong Kong si sono registrati nuovi contagi dopo che erano stati azzerati. In tutto questo non conosciamo ancora il ruolo protettivo degli anticorpi”.
Si è parlato anche della possibilità di un ritorno del virus nei mesi più freddi e di un ritorno, di nuovo, alla cosiddetta quarantena: è uno scenario plausibile?
“La suscettibilità al caldo del coronavirus non è provata, ovvero non sappiamo se con l'arrivo della bella stagione il meteo ci darà una mano a tenere a bada il nemico. Quanto sopra si riferisce invece alla realistica possibilità che, dopo aver debellato il virus, ci possano essere nuovi casi, ma non necessariamente nei mesi freddi”.
Infine, il distanziamento sociale in qualche forma più attenuata resterà, in qualche modo, obbligatorio anche quando avremo una sorta di ritorno ad alcune nelle nostre abitudini per evitare la risalita dei contagi?
“La vera difficoltà è tradurre le evidenze scientifiche in decisioni politiche: se è certo che il distanziamento sociale riduce la probabilità del contagio, non sempre le misure sono coerenti. Ad esempio, quale è il senso di vietare lo sport individuale all'aria aperta e poi lasciare aperta la metropolitana o alcuni luoghi di lavoro in assenza di adeguate protezioni? Indubbiamente, al di là delle specifiche abitudini, è certo che gli assembramenti di persone saranno l'ultima misura ad essere allentata“.
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