CALCIOMERCATO AJAX TAGLIAFICO / Mentre il calcio italiano è alla ricerca disperata di date e modalità per il suo ritorno in campo, il governo olandese ha imposto lo stop a qualsiasi manifestazione sportiva fino al prossimo primo settembre. Un provvedimento che è, di fatto, una condanna per l'Eredivisie e che blocca la cavalcata di Ajax ed AZ Alkmaar, in cima alla classifica a pari punti. I lancieri, appena un anno fa, vivevano una delle stagioni più incredibili della loro storia, grazie a un calcio straordinario che li portò a sfiorare la finale di Champions League: ne abbiamo parlato con Nico Tagliafico, terzino sinistro che ai microfoni di Calciomercato.it rivive le notti magiche del 2019 e ci racconta il suo momento in queste settimane di lockdown. Con uno sguardo al futuro…
Come stai vivendo la quarantena?
“Ultimamente c'è un po' di noia, cominciano a finire le idee (ride, ndr). Negli ultimi giorni non mi sto alzando prestissimo, faccio colazione, pranzo e mi alleno. Magari poi bevo un mate, passo un po’ di tempo con la mia fidanzata, col mio cane… Qui in Olanda la quarantena non è obbligatoria, in teoria potrei fare una passeggiata nel parco ma cerco di evitare, il miglior modo per combattere il virus è restare a casa”.
Il campionato olandese va verso la sospensione definitiva.
“A me piacerebbe che la stagione si concludesse, ma al primo posto c’è la salute e se non ci sono le condizioni di sicurezza per farlo, non bisogna giocare. Sappiamo che sospendendo i campionati si complicherebbe la situazione sia a livello economico che sportivo: non è facile, ma rispetteremo le decisioni”.
Eravate in piena lotta per il titolo.
“Siamo al primo posto, sì. Sarebbe bellissimo poter tornare in campo e giocare per conquistarlo, senza assegnazioni a tavolino. Ma bisogna aspettare”.
Che anno stava vivendo l’Ajax?
“Non era la stagione perfetta come quella scorsa: abbiamo subito diversi infortuni e siamo usciti dalle competizioni internazionali. Ma in campionato siamo in testa e il grande obiettivo era vincerlo”.
Tu come stai?
“Bene, era difficile ripetere il livello dello scorso anno. Quando una squadra gira alla perfezione, ogni calciatore sa cosa fare e le vittorie aumentano autostima. Ma sono soddisfatto, ho anche segnato qualche gol”.
Un anno fa sembravate imbattibili.
“È stato meraviglioso, sì. La nostra forza era il gruppo, seguendo la filosofia del club. Col passare dei mesi sentivamo di poter vincere in ogni campo, senza temere nulla. Questa era la nostra forza: sapevamo cosa dovevamo fare e lo facevamo sempre, davanti a qualsiasi rivale. Le individualità emergevano anche grazie a questo”.
Raccontaci la filosofia calcistica di ten Hag.
“Partirei con la costruzione del gioco dal basso, evitando i lanci lunghi e lavorando molto sui triangoli. Ogni calciatore, quando ha il pallone, deve avere tre, quattro opzioni di passaggio. La filosofia è molto offensiva: si deve conquistare col possesso palla la metà campo rivale e, una volta lì, prendere posizioni tra le linee cercando verticalità e profondità, magari con movimenti inversi. Mentre un compagno corre verso la porta, un altro si avvicina a cercare il pallone: tutto questo genera una mobilità nella quale la palla si sposta ogni 3-4 secondi al massimo. Nella trequarti avversaria, poi, è fondamentale la calma: l’azione non va mai forzata, bisogna cercare il momento giusto per concluderla. E se non arriva, continui a giocare senza sosta finché non accade”.
Un’occupazione degli spazi nella quale il pressing è fondamentale.
“Esatto. In questo modo, chiudiamo gli avversari in area e anche quando perdiamo palla siamo tutti lì per pressare e recuperarla in cinque secondi, senza rischiare il contropiede. Se blocchi il primo possesso, non è facile farlo partire e farti prendere in imbucata. L’idea è questa. Per realizzarla serve enorme intensità”.
Un terzino come te, in questo contesto, lavora quasi da ala.
“Certo: arriviamo palla al piede a centrocampo con i difensori centrali o con i centrocampisti, e il terzino deve avere una posizione molto alta per creare problemi alla difesa avversaria. Quando salgo, l’attaccante della mia catena si stringe e creiamo situazioni di due contro uno. È rischioso se ti rubano il pallone, ma abbiamo studiato anche tutte le situazioni di possesso perso con le relative contromisure”.
Un lavoro simile lo abbiamo vissuto in Italia col Napoli di Sarri.
“Ho visto enormi similitudini nei movimenti della difesa, col lavoro sulla linea, la pressione alta, la compressione degli spazi…”.
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Fu contro il Real Madrid che vi rendeste conto di essere in un’annata speciale?
“Forse anche prima. Quando pareggiammo 3-3 col Bayern, ed io segnai anche un gol, ci rendemmo conto di essere davvero forti. Certo, dopo il Bernabeu, capimmo che continuando su quella strada saremmo arrivati lontanissimo”.
Che immagine t’è rimasta impressa di quella notte madrilena?
“Il gol di Schone, la punizione. Nei primi 20 minuti della ripresa sentivamo la pressione del Real, ma dopo quella rete capimmo che era fatta, ci riprendemmo il pallone e non ce lo tolsero più. Fu incredibile: ci divertivamo in campo e lo facevamo davanti ai blancos, i campioni delle ultime tre edizioni. Se ci ripenso ancora non ci credo”.
Quale fu la reazione dei calciatori madridisti al termine della gara?
“Mi hanno raccontato che alcuni tra loro ci fecero i complimenti per l’intensità e lo stile di gioco. Nonostante la sconfitta, seppero riconoscere il nostro valore”.
Poi vi toccò la Juventus.
“Una squadra con un Cristiano Ronaldo in più, reduce dalla tripletta contro l’Atletico. Era dura, ma sapevamo che giocare contro l’Ajax non sarebbe stato facile per nessuno, avevamo fiducia. E alla fine ce l’abbiamo fatta”.
Il sogno si interruppe in semifinale.
“Dopo quella vittoria iniziarono a definirci come i favoriti e forse non ci aiutò, era meglio arrivare a fari spenti. Ma anche col Tottenham, alla fine, giocammo bene e la finale ci sfuggì per questione di dettagli. Il calcio è così, perdere ci fece male ma resta lo splendido ricordo di quella cavalcata”.
De Ligt e Schone, a fine stagione, sono sbarcati in Italia.
“Li seguo, sono grandi amici. So bene che la Serie A sia molto complessa, specialmente per Matthijs. Lasciare un campionato e un gioco nel quale guardi solo la porta avversaria e adattarsi ad un altro nel quale c’è enorme lavoro tattico per la difesa non è facile, soprattutto se sei così giovane e, comunque, abituato anche a cultura e modo di vivere diversi. Ma De Ligt crescerà ancora, e diventerà sempre più forte”.
De Jong sembra perfetto per il Barcellona.
“Sì, la filosofia del Barça è molto simile a quella dell’Ajax, ma sono certo che anche Frankie possa ancora migliorare tanto, i blaugrana non hanno ancora visto la sua miglior versione”.
Al Barça potrebbe finirci Lautaro, tuo compagno in Nazionale.
“È un grandissimo attaccante, la tipica punta agguerrita che non pensa solo a far gol, ma sa aiutare tanto la squadra. Quando ne hai una così, è un plus. È un ragazzo umile, che vuole crescere. Farà grandi cose”.
E tu hai già scelto dove giocherai nella prossima stagione?
“Ora è tutto molto incerto, tutto fermo. Immagino che quando si riaprirà il mercato qualche offerta arrivi, ma la valuteremo con calma”.
Un’avventura in Serie A ti affascina?
“Certo. La Serie A mi ricorda tanto il campionato argentino, non solo a livello tattico, ma anche nell’aggressività che mettono in campo le squadre. Poi argentini e italiani sono simili: negli stadi ci sono più grida, più insulti (ride, ndr). È uno dei migliori campionati del mondo e un giocatore sogna sempre di farne parte”.
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