Focus sull’allenatore del Napoli nel giorno della finalissima di Coppa Italia contro la Juventus
Rino Gattuso si gioca oggi contro la Juventus il suo primo titolo da allenatore del Napoli. Per chi da calciatore ha vinto scudetti, Champions e Mondiale, una Coppa Italia non è un trofeo da far tremare i polsi, eppure per il mister azzurro quello di stasera è un appuntamento speciale.
La sua carriera da tecnico dimostra che, anche sulla panchina, ‘Ringhio’ ha scelto di percorrere la strada sterrata, quella che ha già conosciuto a menadito da calciatore. I piedi fatati non li ha mai avuti, per arrivare in cima al mondo ha dovuto versare sudore e sangue. Da allenatore ha scelto lo stesso percorso.
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Il suo curriculum straordinario gli avrebbe facilmente asfaltato un’autostrada verso le grandi piazze, ma Gattuso ha scelto insieme all’inseparabile Gigi Riccio di ‘farsi male’, di imparare prendendo batoste. Dall’atipica avventura di Sion al Palermo ‘tritallenatori’, da Creta e Pisa, dove finì per pagare lui gli stipendi ai suoi ragazzi, ai due anni sulle montagne russe di un Milan in enorme difficoltà e che portò a sfiorare la Champions.
Napoli, la grande occasione, gli piove addosso coerente con tutto il resto. Rino si è preso la briga di sostituire Carlo Ancelotti, suo padre calcistico, e di ricondurre in acque serene un club che viveva la sua peggior crisi tecnica e soprattutto ambientale degli ultimi 15 anni. Quando c’era quasi riuscito, sommando sette vittorie in nove partite (battendo la Juve in Serie A e fermando sull’1-1 il Barcellona di Messi), ha dovuto fare i conti come ognuno di noi con l’inferno del COVID-19.
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Una volta tornati sul campo, oltre alla squadra gli è toccato ricostruire pure il cuore, in frantumi per la sorella Francesca. Non ha avuto timore nel mostrare gli occhi lucidi, sabato scorso, così come non ne ebbe nel 2011, quando per un periodo divenne strabico.
Gattuso è così, uomo schietto e sincero prima, poi campione e allenatore. Uno degli ultimi romantici del pallone, specie a elevatissimo rischio estinzione. Per questo, in fondo, chi ama il calcio in Italia gli vuole bene a prescindere dei colori. In vita sua non ha mai aggirato un ostacolo e anche questa Coppa, che pure poteva essere una scorciatoia verso l’Europa, davanti gliene ha piazzati un paio mica da poco. La Lazio detentrice, l’Inter di Conte e la Juventus in finale. Per cucirsi la coccarda, ‘Ringhio’ dovrà battere le tre migliori squadre della stagione. Gli manca l’ultima fatica, che più dura non poteva essere. E a lui, probabilmente, va benissimo così.
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