Vicente Del Bosque, ct campione del Mondo con la Spagna nel 2010, ricorda le sfide della Roja e torna sulla finale con l’Italia del 2012.
“Se vinciamo, che l’11 luglio sia festa nazionale”, recitava uno dei manifesti che inondarono Madrid ormai nell’ormai lontano 2010. La data di domani, per il calcio spagnolo, non sarà mai un giorno qualunque: esattamente un decennio fa, la Roja alzò al cielo di Johannesburg la sua prima Coppa del Mondo.
Alla guida di quel gruppo leggendario, che due anni dopo (ahinoi), avrebbe vinto anche il suo secondo Europeo consecutivo, c’era Vicente Del Bosque. Un tecnico che tra Real Madrid e Spagna ha vinto tutto quello che si può vincere e che, dal 2016, ha scelto di lasciare definitivamente le panchine. “Ne sono felice”, racconta in esclusiva a Calciomercato.it, “sono affezionato a quegli anni, ma non ne ho nostalgia”. El ‘marqués’ del calcio spagnolo, ai nostri microfoni, ricorda gli anni più belli della Roja: “Credo che 10 anni da quella notte siano un anniversario da celebrare. La nostra selezione non era mai riuscita a vincere un Mondiale nel suo secolo di storia, e lo ha fatto in un momento in cui probabilmente anche il paese ne aveva bisogno. Riuscimmo a cancellare quei complessi di inferiorità che nelle grandi competizioni ci avevano sempre accompagnato”.
Quando si rese conto dell’importanza di quel trionfo?
“Fummo subito coscienti di quello che avevamo conseguito, chiunque viva il calcio sa che non c’è nulla di più grande di un Mondiale. Devo dire che non sono un nostalgico, di solito non mi piace guardare al passato. Ma per una conquista così grande è giusto farlo”.
Quale immagine del Mondiale 2010 le è rimasta nel cuore?
“Non è facile, ma probabilmente sceglierei l’accoglienza degli spagnoli dopo il torneo. Credo di aver visitato tutte le province del paese dopo la vittoria e l’entusiasmo che ho sempre incontrato mi è rimasto dentro”.
Quattro anni dopo, riuscì in un’impresa ancor più ardua: ripetersi.
“Ho sempre pensato che avevamo un gruppo molto competitivo, al di là dello stile di gioco raggiunto. I ragazzi avevano un’enorme voglia di vincere, lo si sentiva ogni giorno, e alla fine ci sono riusciti con quel ‘triplete’ straordinario. Qualcuno dice che il mio staff ed io avremmo dovuto lasciare dopo il 2012, ma ci sentivamo ancora utili nonostante fossimo assolutamente consapevoli che trionfare per una quarta e quinta volta sia estremamente complesso”.
La finale di Euro 2012, qui in Italia, fa ancora male.
“L’Italia, in quella gara, ebbe grandi attenuanti e non meritava il 4-0. Arrivò molto stanca, ebbe un giorno in meno di riposo, perse un uomo importante come Chiellini nell’avvio della sfida… Noi riuscimmo a dominare la finale perchè siamo cresciuti nel corso della competizione, ma ricordo ancora quanto fu difficile la gara d’esordio di Euro 2012 contro gli azzurri. Fece gol Di Natale e riuscimmo a pareggiarla miracolosamente con una bella manovra di David Silva e Fabregas. Fu una gara tiratissima”.
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Del Bosque ESCLUSIVO: “Anche la Spagna, prima o poi, non si qualificherà a un Mondiale”
Cosa pensò quando vide gli azzurri non qualificarsi al Mondiale 2018?
“Non mi sorprese, sa perché? Credo che restare fuori da una competizione sia un pericolo per tutte le grandi nazionali, e prima o poi toccherà anche alla Spagna. Sarà dura, ma il calcio si sta equilibrando ed è sempre più difficile conciliare gli impegni di Nazionali e club. Dobbiamo prepararci: può succedere anche a noi”.
Crede che la Nazionale che sta costruendo Mancini abbia uno stile meno ‘italiano’?
“Il calcio sta iniziando a somigliarsi in tutti gli angoli del mondo. Si sta globalizzando, non esiste più una sua versione ‘autoctona’, non è più il tempo in cui Italia, Spagna, Germania o Argentina avevano uno stile nettamente definito”.
Il rinvio di Euro 2020 farà bene alla Spagna?
“Non lo sappiamo. È un’incognita, coerente con il momento d’incertezza che stiamo vivendo. Credo che le nuove leve della nostra Nazionale stiano crescendo bene, forse con un anno in più potranno maturare ulteriormente”.
Cosa pensa del calcio post-quarantena?
“A me piace. Innanzitutto, bisognava essere pragmatici: non c’era altro modo per salvare la stagione e lo si sta facendo nel miglior modo possibile. Stiamo vedendo partite ogni giorno ed è quasi incredibile pensando alla situazione in cui ci trovavamo poco più di un mese fa. Per me l’organizzazione del calcio spagnolo in questo momento è un successo che si deve al gran lavoro di Federazione, Liga e Consejo Superior de Deportes”.
Per il futuro della Roja, c’è chi ha parlato di Maradona in panchina.
“Beh, posso dire che ai miei tempi la Federazione preferiva evitare allenatori stranieri…”
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