La pandemia ha stravolto lo scenario economico anche dello sport: il presidente della Juventus e dell’Eca Agnelli ha parlato dell’impatto incredibile sul calcio e non solo
Il Covid ha sconvolto le vite di tutto il mondo, a livello psicologico così come nell’aspetto economico. Molto ne ha risentito chiaramente anche il calcio, tra introiti, sponsor, l’assenza dei tifosi, riversando tutto nel calciomercato ma soprattutto negli stipendi e nei posti di lavoro nelle categorie inferiori. La preoccupazione per il futuro è tanta e Andrea Agnelli l’ha spiegata in un webinar organizzato da ‘News Tank Football’: “Non siamo ancora nella posizione di capire pienamente cosa sia successo alla nostra industria e cosa la crisi significhi per i club. La Deloitte annuncia una perdita di due miliardi di euro per queste due stagioni, ma noi riteniamo che i numeri saranno fra i 6,5 e gli 8,5 miliardi di euro“.
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Agnelli e le perdite nel calcio: tutti i cambiamenti da operare
Il presidente della Juventus e, in questo caso, soprattutto dell’Eca, invita quindi a fare delle riflessioni e prendere delle decisioni: “È nostro dovere pensare al futuro affinché il calcio resti, nei prossimi decenni, lo sport più popolare al mondo. Abbiamo un pubblico molto più segmentato rispetto al passato”. Al centro ci sono soprattutto le riforme per le competizioni continentali, con Agnelli che si è detto favorevole al “sistema svizzero” con 32 o 36 squadre in unico maxi girone, in modo che tutti giocherebbero molte partite e le prime 16 andrebbero agli ottavi, magari in stile playoff all’americana.
“Nei 5 top campionati europei si giocano 1826 partite all’anno e in Champions solo 125″, dice il numero uno bianconero invitando a un equilibrio tra club e nazionali e un approccio più qualitativo che quantitativo. In questo senso l’obiettivo sarebbe quello di allargare la competitività delle altre federazioni e la loro partecipazione a livello europeo, garantendo comunque una sorta di continuità. Agnelli parla poi anche di privatizzazione delle competizioni con l’ingresso di fondi, e della necessità di rivedere gli accordi collettivi con i calciatori.