Alessandro Giudice è intervenuto a CMIT TV, parlando dell’Inter e della sua attuale situazione societaria. Uno sguardo, ovviamente anche, al futuro
Alessandro Giudice, intervenuto ai microfoni di CMIT TV, ha parlato della situazione societaria dell’Inter: “Come tutte le situazioni che riguardano l’economia cinese è tutto molto nebuloso, certamente l’Inter non è autosufficiente finanziariamente perché ha una struttura di costi che, da sempre, si regge sull’apporto dell’azionista. Parliamo di un club che ha costruito i successi attuali con 400 milioni di perdita aggregata negli ultimi cinque anni. È proprio un modello costruito sulla creazione di un organico competitivo basato sull’apporto di un azionista, quindi sul supporto finanziario di Suning finché c’era. Oggi l’Inter non ha un supporto finanziario, anche il Milan e la Juventus perdono soldi attualmente ma hanno azionisti che non hanno problemi di liquidità. Le certezze sono poche, sappiamo che c’è Bc Partners che ha presentato un’offerta intorno ai 750 milioni, incluso il debito.
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POSSIBILI ADDII – “Fuga di giocatori? Dipenderà da quali saranno gli acquirenti e chi porterà avanti il progetto tecnico – prosegue Giudice – Ora è spuntato anche il fondo dell’Arabia Saudita, oltre che a Bc Partners. Tra i due fondi c’è una differenza abissale: Bc Partners è un investitore finanziario e quindi ha la necessità di far tornare i conti, mentre un investitore come il fondo Arabo non ha queste necessità. Una cosa è certa, il modello di business dell’Inter non è sostenibile nel medio-lungo periodo, questo modello che si basava sulla crescita in Cina del fatturato, sponsor cinesi e l’apertura del calcio cinese è imploso. Quindi chi subentrerà, a meno che non sarà un proprietario filantropo, dovrà fare i conti con un organico che costa tra stipendi e ammortamenti circa 300 milioni e l’Inter non li fa 300 milioni. Li ha fatti con sponsor che arrivavano dalla Cina, e alcune non sono state incassati, diciamo con una costruzione un po’ fatta in casa. 12 milioni per un allenatore in Italia non li paga nessuno, ma nessuno ci va nemmeno vicino, gli altri top allenatori prendono tra i 2/2,5 milioni di euro. Se dai 7,5 milioni ad un panchinaro come Sanchez è difficile trovare una sostenibilità a questo progetto”.
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CRISI PER VIA DEL COVID – “Nessuna società in Italia può permettersi gli stadi chiusi e una situazione come quella che stiamo vivendo. Se dovesse permanere questa situazione tutto il calcio, in Italia e in Europa dovrà ridimensionarsi. Ci sono società in Italia che hanno una tradizione di conti in ordine, l’Atalanta, il Napoli e la Lazio, anche se negli ultimi anni è uscita un po’ da questa linea. E poi ci sono società che hanno un’azionista che potrebbe sostenere ben altri sforzi finanziari se ritenesse che fosse funzionale alla costruzione di valori e penso ad Elliott col Milan. Non lo ha fatto fino ad ora perché c’è stato il Fairplay finanziario, non so che fine farà il Fairplay finanziario. Per me il Ff così come è fatto è morto, è impensabile che se ne riparli nel breve. Molte proprietà italiane hanno gestito il modello di business del calcio in maniera sostenibile con le plusvalenze, con il player trading. Anche questo modello oggi è in crisi, perché sono tempi di magra anche sul mercato. Ora è difficile trovare compratori, sentivo se la Juventus vende de Ligt a 120 milioni allora… si ma ora nessuno te li dà 120 milioni. Ci sono società che hanno investito anche negli stadi, pensiamo all’Udinese con un business plan per ammortizzare questa struttura negli anni”.
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FONDI NEL CALCIO – “Bisogna fidarsi dei fondi? Si, perché sono fondi che hanno degli obiettivi chiari e quando c’è chiarezza siamo già a buon punto. Ci siamo fidati di Suning, che nessuno conosceva, e sono gente che chiude le società dalla sera alla mattina. I fondi possono fare bene al calcio perché introdurranno degli elementi finora sconosciuti: la trasparenza degli obiettivi e la chiarezza dei modelli di gestione. Il fatto che la creazione di valore finanziario non va gestita diversamente da quella di un’azienda normale, il calcio non deve essere un’altra cosa. Non è una repubblica in cui valgono regole diverse da quelle presenti nella società”.
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