Andrea Agnelli è intervenuto durante l’assemblea dell’Eca, tornando a battere sulla riforma delle competizioni
La riforma delle competizioni e dei campionati resta all’ordine del giorno e soprattutto concretamente nei piani dei massimi organi calcistici. Oggi si è tenuta la 25esima assemblea dell’Eca, l’associazione dei club europei presieduta da Andrea Agnelli. Il presidente della Juventus è intervenuto in collegamento con un discorso: “Non abbiamo ancora i tifosi, i giocatori sono spinti oltre i loro limiti fisici visto il calendario molto congestionato. Le perdite sono state attorno ai 6,5 miliardi e 8,5 miliardi nelle due stagioni, circa 360 club di prima divisione hanno bisogno di soldi per una somma di circa 6 miliardi, i top 20 club per quanto riguarda il reddito hanno fronteggiato una perdita di 1,1 miliardi nella stagione 2019/20″.
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Alla luce di questi numeri, Agnelli traccia le possibili soluzioni, che vanno tutte nella direzione di una riforma dei tornei, “altrimenti rischiamo di implodere”. Il numero uno dell’Eca continua: “Dobbiamo mettere i tifosi al centro. Ricerche mostrano che i tifosi in giro per il mondo seguono almeno due club, il 10% segue i giocatori e non le società. Due terzi di loro seguono le partite perché attratti dai grandi eventi. Ci sono molte partite che sono non competitive nei campionati e questo non cattura l’interesse dei tifosi, che non possono essere dati per scontati. Dobbiamo offrirgli la miglior competizione possibile, altrimenti rischiamo di perderli”.
“Oggi – prosegue Agnelli – avremo una presentazione sui format per le competizioni internazionali dal 2024 in poi: il famoso sistema svizzero. Voglio riconoscere che questa idea è venuta da uno dei nostri membri, van der Saar dell’Ajax. Dobbiamo pensare a interessi collettivi. Se ogni volta che ci sediamo cerchiamo di portare al tavolo internazionale le problematiche che abbiamo a livello ‘casalingo’, diventa difficile risolvere qualcosa. Voglio chiudere citando Mario Draghi: ‘Se non ci muoviamo, rimarremo soli nella illusione di quello che siamo, nell’oblio di quel che siamo stati e nella negazione di quel che potremmo essere’”.
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