Calciomercato.it ha parlato in esclusiva con Ferdinando Hippoliti, fino a poche settimane fa preparatore atletico del Jiangsu, il club cinese della famiglia Zhang ora sparito
Preparatore atletico giramondo, con venti anni e passa di carriera partendo dal Monaco e solo di passaggio al Pisa prima di Timisoara, Steaua Bucarest, Admira, Al-Sadd, Al-Ain, Al-Ahli e infine Jiangsu. In Cina, Ferdinando Hippoliti, ha vinto la Super League cinese ma anche assistito, suo malgrado da protagonista interessato, al disfacimento e scioglimento della squadra facente capo fino a poche settimane fa al colosso Suning, dal 2016 azionista di maggioranza di un’Inter anch’essa da mesi alle prese con problemi molto simili a quelli affrontati dal Jiangsu. Tornato in Italia, Hippoliti si è concesso in esclusiva a Calciomercato.it. Con lui abbiamo approfondito proprio quanto accaduto a Nanchino.
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Dalla vittoria del campionato allo scioglimento del club: ci racconti cosa è successo?
“E’ successo che, a causa di investimenti probabilmente sbagliati, la famiglia Zhang ha avuto problemi di liquidità. Le banche, stufe, hanno messo pressione a Suning che a quel punto ha deciso di tagliare alcune sue attività, cominciando dal calcio. Andando con ordine: dopo la fine del campionato, c’era ancora da giocare la coppa, con ottavi, quarti, semifinale e finale, ma gli stranieri avevano già comunicato che sarebbero partiti dopo la finale del campionato e che non sarebbero rimasti per più di un altro mese per giocare la coppa; di fatto anche gli stranieri di quasi tutte le altre squadre hanno fatto così: Shanghai SIPG e Shenhua, Guangzhou Evergrande e Beijing Guan erano impegnate in Asian Champions League in quel momento e hanno mandato le seconde squadre a fare la Coppa di Cina. In quel momento non c’erano ancora grossi problemi, anche se già risultavano non pagate le mensilità di settembre e ottobre. Causa Covid avevamo giocato la stagione in una ‘bolla’, continuamente sotto controllo. Giocavamo la partita e poi rientravamo nella bolla… Comunque dopo la vittoria della Super League loro di fatto hanno mollato tutto e noi, in pratica, abbiamo disputato la coppa solo con calciatori cinesi, arrivando fino alla finale dove abbiamo perso 2-0.
Il nostro capitano doveva rientrare dall’infortunio – prosegue Hippoliti a Calciomercato.it – poi però questo non è accaduto: aveva chiesto al club un eventuale bonus per la vittoria della Coppa ma è stato ignorato. Ce la siamo giocata contro una squadra molto forte come lo Shandong che poteva fare affidamento sui suoi stranieri. In quel momento la situazione era già piuttosto preoccupante; dopo la finale i miei colleghi sono tornati a casa con la speranza e la convinzione che tutto si sarebbe potuto risolvere, mentre io sono rimasto anche per dare un sostegno al mister (Olaroiu, ndr). Nel caso non fosse stato trovato un accordo, almeno ero lì e avrei potuto riprendere la preparazione coprendo contrattualmente i nostri doveri. Poi alla fine è andata anche peggio di come previsto ed è cominciata la ‘guerra’. Ho quindi ricominciato il mio lavoro – come d’accordo col coach – e ho ripreso la preparazione il 21 gennaio. Dopo due settimane l’abbiamo interrotta per il Capodanno cinese, avremmo dovuto riprendere dopo circa otto giorni ma da quel punto in poi si è fermato tutto per causa loro. A fine mese Jindong Zhang ha annunciato l’interruzione di tutte le attività del club, non solo quella della prima squadra ma anche quella dell’accademia, chiudendo completamente tutto. Hanno lasciato a casa i lavoratori ma anche i ragazzini dell’Academy, che andavano a scuola e si allenavano, fregandosene altamente. I genitori di questi ragazzi sono preoccupati e arrabbiati. E’ stata una cosa brutta, non per noi professionisti ma per tutti gli altri lavoratori, che hanno stipendi normali e famiglia. Per loro la perdita del lavoro ha conseguenze nella vita senz’altro superiori alle nostre. Già da un anno avevano licenziato marito e moglie che si occupavano della lavanderia, cosicché le nostre divise venivano lavate dagli autisti e dagli interpreti. Gli asciugamani, invece, erano compito nostro…”.
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Vi siete mai incontrati con Jindong Zhang?
“L’avrò visto quattro-cinque volte in tutto. Dopo la fantastica cena di benvenuto all’ultimo piano dell’edificio Suning, veniva un paio di volte l’anno, a ‘motivarci’ coi suoi discorsi lunghi invero ripetitivi, asserendo che l’obiettivo minimo era la qualificazione in Champions e la vittoria del campionato entro tre anni: abbiamo ottenuto anzitempo l’una e l’altra e lui ha chiuso tutto… Da quanto mi hanno detto a lui il calcio non piace, ma gli è servito per ampliare il suo business. Invece Steven, che ho conosciuto quando siamo arrivati al Jiangsu, nel ritiro alla Pinetina, è un appassionato”.
Il Jiangsu vince il campionato, ma zero festeggiamenti…
“Non c’è stata alcuna celebrazione, programmarono solo una cena sociale poi annullata perché, almeno così ci hanno detto, essendo stato giorni prima a Nanchino il presidente Xi Jinping, non potevamo essere autorizzate altre riunioni di qualsiasi tipo”.
Avete fatto ricorso alla FIFA?
“Sì, ma se falliscono non vedremo un euro. Abbiamo ancora due mensilità dell’anno scorso da prendere (novembre e dicembre, ndr) più il bonus per la vittoria del campionato che però non era previsto nel nostro contratto visto che nessuno se lo sarebbe immaginato. Oltre al fatto che il nostro contratto sarebbe scaduto a fine 2021: avevamo ancora un anno di contratto. Prima del ricorso alla Fifa abbiamo mandato una lettera al club tramite il nostro avvocato, chiedendo appunto il pagamento degli arretrati entro dieci giorni. Al decimo giorno han pagato due stipendi, settembre e ottobre, più i premi partita. Ciò ci ha portato a pensare che lo Jiangsu avrebbe voluto andare avanti, invece al momento di saldare tutto hanno cominciato a trovare scuse, dicendo di pazientare e poi, all’improvviso, hanno chiuso tutto. Il problema non erano e non sono solo gli stipendi arretrati, bensì pure i contributi. Non li pagano da giugno e questo ci impedisce di trasferire i nostri soldi dalla Cina in Italia. Questi soldi, quindi, per ora sono rimasti in Cina”.
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Alla fine cosa le ha lasciato l’esperienza in Cina?
“Sono andato via col cuore rotto. E’ stata una esperienza bellissima in un campionato comunque competitivo, con cinque-sei squadre che se la giocano per il titolo. Purtroppo la ‘bolla’ di quest’anno ha reso tutto più asettico, anche se poi i playoff si sono giocati con gli spettatori, fino a 5-6mila. Lo stadio di Nanchino è davvero bello, lascia senza fiato. La Cina ha degli impianti bellissimi, già domani potrebbe organizzare un Mondiale… Adesso, però, hanno ridimensionato tutto, vedendo che il calcio non frutta soldi. Hanno messo anche il limite agli ingaggi degli stranieri, 3 milioni di euro lordi (circa 1,7 milioni netti, ndr), che impedirà ai club di prendere giocatori importanti”.
Più di vent’anni fa la sua prima e unica esperienza in Italia, al Pisa: le piacerebbe tornare a lavorare nel calcio italiano?
“Sarebbe anche giunto il momento di tornare e smettere di girare. Grazie al mio coach (Olaroiu, ndr) ho un buon palmares. L’esperienza non mi manca, mi piacerebbe tantissimo. Il mio coach sarebbe anche tentato da una avventura in Europa, in Serie A dove farebbe sicuramente bene, solo che ha ancora la possibilità di avere contratti importanti che qui in Italia è difficile ottenere. E’ un peccato, comunque, perché sono convinto che potremo fare bene anche qui”.
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