Sarri arriva alla Lazio sei anni dopo la sua prima stagione al Napoli: sono tante le differenze tattiche (e non solo) tra le due formazioni
Serviva qualcuno che raccogliesse il pallone che Higuain, dal dischetto, aveva lanciato in cielo, spegnendo le speranze europee del Napoli. Non lo avrebbe aspettato Benitez, promesso sposo del Real Madrid. Il giorno dopo l’amara beffa, Napoli-Lazio 2-4 del 31 maggio 2015, era già un’altra stagione. Rafa volava in Spagna, il Napoli si ritrovava senza allenatore e Champions.
C’era bisogno di una rivoluzione silenziosa, il Napoli avvertiva l’esigenza di ricevere un’educazione tattica. Aveva in rosa grandi calciatori – Albiol, Koulibaly, Ghoulam, Jorginho e tutti gli attaccanti – ma Benitez, nonostante il suo spessore e qualche trionfo, non era riuscito ad offrire alla squadra un’identità che fosse solida. Si viveva d’umori e giornate di forte ispirazione artistica. Senza vena, era difficile imporsi. Per questo il Napoli fallì l’aggancio alla zona Champions.
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Sarri, scelta personale – e sorprendente – di De Laurentiis, arrivò in punta di piedi. Durante una premiazione primaverile, in costiera amalfitana, si nascose dietro le piante. Non era abituato a stare alla luce nonostante fosse stato artefice del ‘miracolo Empoli’. Il presidente del Napoli gli affidò la squadra e seppe aspettarlo, accettò le prime difficoltà, con pazienza apparecchiò il futuro.
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Sarri ereditò una rosa forte ma una squadra disordinata. Koulibaly e Jorginho erano in partenza, i tifosi li criticavano, per la società potevano essere sacrificati. Alla Lazio, Sarri ripartirà da tante certezze. Il 3-5-2 sembra un modulo perfetto per i vari Luis Alberto, Milinkovic-Savic e Immobile, eppure è così distante dal suo calcio, dai suoi schemi storici. Bisognerà trovare un compromesso. Sarri rileva Inzaghi ma non la sua filosofia. Dovrà essere bravo, innovando, a non stravolgere le abitudini della Lazio.
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Col palleggio, ad esempio, Immobile non si esalta come con le ripartenze. In Nazionale la differenza è palese. In campo aperto, Ciro esplode. Lanciato a rete, si diverte. Se la difesa si alza, lo spazio si riduce. Ma questo Sarri lo sa. Così come sa che Luis Alberto, tra le linee, è devastante, oppure Lazzari sulla destra, ma da quinto di centrocampo. Un ruolo che Sarri non prevede. La sua mano, presto, comincerà a vedersi. Non è detto ci sia bisogno di una rivoluzione.
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