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Calhanoglu si è preso l’Inter: il dato più importante dei gol

Tre gol consecutivi per Calhanoglu che all’Inter si sta confermando dopo gli ottimi mesi al Milan: le critiche nei suoi confronti si sgonfiano

Ora che si sono sciolti un bel po’ di luoghi comuni, scompare nelle partite importanti o brilla solo senza tifosi, Hakan Calhanoglu si divertirà a costruirne altri da smentire sul campo. Non è stato facile il suo passaggio dal Milan all’Inter.

Calhanoglu esulta dopo un gol
Calhanoglu esulta ©️ LaPresse

Calhanoglu e il ‘peso’ dei luoghi comuni

Per qualcuno, a zero, da una parte all’altra della città ma restando nella stessa, non aveva fatto una bella figura. Per altri, rossoneri delusi e finti indifferenti, non era stata una grave perdita perché, appunto, giocatore difficilmente determinante quando la palla cominciava a scottare e la partita pure. Qualcuno ci era cascato, convinto delle sue difficoltà alla distanza. Superficiali timori.

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Le ultime tre reti consecutive, quando s’è scoperto anche infallibile rigorista, lo hanno esposto ad una luce che prima mancava, soffocato dall’ombra delle sue stesse prestazioni. Otto partite senza segnare, con due panchine facevano dieci, prima del nuovo exploit: Milan, Napoli, Venezia. Il turco è tornato, forse neppure se n’era andato, aveva bisogno di tempo – come l’Inter – per scoprire cosa significasse giocare in un’altra squadra sopportando il peso di antipatici cliché e di uno scudetto (neppure suo) da confermare.

Calhanoglu abbracciato dai compagni dopo un gol
Gioatori dell’Inter attorno a Calhanoglu ©️ LaPresse

Inzaghi ‘ringrazia’ Hakan

Quattro assist e quattro gol sono bottino interessante al quale si aggiungono altri dati sparsi. Calhanoglu è il faro degli ultimi trenta metri, con ventidue passaggi chiave (e il primato della speciale classifica) è l’uomo che ispira la manovra – dopo Brozovic che gioca più dietro – e, dopo Barella (5), il secondo miglior assist-man (3) della squadra di Inzaghi.

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Da mezzala, ruolo che al Milan non ricopriva, sta imparando a guardarsi dietro e non solo avanti, mira gli avversari e quando occorre li rincorre, non si risparmia e lo fa indifferentemente, in stadi pieni o vuoti, ascoltando solo l’istinto del suo talento e mai l’eco dei tifosi. L’erede di Eriksen, acquisto improvviso ma necessario, sta già diventando indispensabile, coi suoi limiti che lo rendono umano come i suoi compagni. Con quale diceria in più da dribblare.

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