Le ultime Roma news riguardano le critiche a Mourinho dopo il passaggio del turno in Conference League e in vista del derby con la Lazio
Chi lo sostiene a gran voce è davvero sicuro che José Mourinho sia l’uomo degli 1-0, degli 1-1 agguantati all’ultimo secondo? Il re del pragmatismo, insomma… O è più facile immaginarsi il ghigno di disappunto di Mou all’idea di specchiarsi in questo ritratto senza trovarlo somigliante a se stesso? Alla fine parlano i numeri, che mentono poco o non mentono mai.
E allora qualcuno ricorda bene il Porto di Mourinho, il suo primo Chelsea, il suo Real Madrid, dove arrivò con la Champions dell’Inter ancora calda? Basta rivedere la casella ‘gol fatti’ di quelle classifiche per capovolgere in un attimo l’idea della passione per il risultato stretto. Il Porto del 2003, quello che portò a casa campionato, Supercoppa del Portogallo e Coppa Uefa, chiuse con 73 gol, secondo miglior attacco dietro al Benfica che quel campionato lo perse per 9 punti. E il Chelsea? Nei primi due anni in cui vinse la Premier (2005 e 2006) la prima volta chiuse con 72 gol, dietro un Arsenal pazzesco che di reti ne fece 87. Come nell’anno successivo, stesso numero di gol segnati rispetto al Manchester United secondo. Partite sparse? I 4-0 al Blackburn, al Newcastle e al Norwich, il 5-1 al Bolton, i 4-1 a Crystal Palace, al West Ham e quello del 2005-2006 a Anfield contro il Liverpool. E così si arriva al Real Madrid del 2010-2011, quello che nella Liga arriva secondo, 4 punti dietro al Barcellona, ma che segna 102 gol e 40 li fa Cristiano Ronaldo fissando un record nel massimo campionato spagnolo: 7-0 al Malaga, 6-1 a La Coruña e Racing Santander, 8-1 all’Almeria, 6-2 al Siviglia e 6-3 al Valencia, 5-1 al Bilbao.
Altro che 1-0 e 1-1. Grappoli di gol che portano verso una direzione ben precisa. Non sarà invece la squadra ad esprimere una difficoltà nella finalizzazione, se la Roma è tra quelle che tira di più in porta (e sbaglia anche di più) e ora ha il settimo attacco della Serie A? Non sarà che avere solo Abraham (21 gol) e Pellegrini (10) ispirati in zona gol asciuga le polveri e spinge l’allenatore a fare di necessità virtù? Perdendo 12 gol di Mkhitaryan (3 contro i 15 della scorsa stagione), al quale Mou inventandolo regista ha allungato la carriera risolvendosi un problema, la Roma ha perso tanto. Zaniolo è fermo a 4, i centrocampisti non segnano o quasi (Veretout è a 4 ne aveva fatti 11 la passata stagione). Per non parlare dei 17 gol di Borja Mayoral evaporati per averne 6 da El Shaarawy (che ora tutto fa meno che la punta) 4 da Shomurodov, 2 da Carles Perez e Afena-Gyan. Quattro giocatori raggruppati non hanno un bottino inferiore di 3 reti al solo spagnolo forse lasciato partire troppo in fretta.
Vogliamo ricordare chi c’era in quel Porto? Deco, Costinha, Clayton, Helder Postiga. O nel Chelsea? Drogba, Makelele, Diarra, Robben, Mutu, Gudjohnsen, Crespo. E il Real? Nemmeno a dirlo… Özil, Di Maria, Cristiano Ronaldo, Higuain, Adebayor, Kakà, Benzema. Tutto questo solo per mettere le cose al proprio posto e non affibbiare a Mourinho un cliché che non risponde esattamente alla sua carriera. Come quando si dice che con lui giocano i campioni e non i giovani. Dietro Afena-Gyan, Zalewski, Bove, Missori e Volpato, ci sono Ricardo Costa lanciato a 19 anni al Porto, Nacho al Real a 20 anni e un Morata diciottenne, Christensen e Loftus-Cheek nel secondo atto al Chelsea. Per citarne alcuni. Perché poi ci sarebbero Santon, Bertrand Traore, Fabinho, Casemiro, Jesé… Insomma forse il nodo al pettine non va cercato nel pragmatismo dello Special One, ma nella garra degli attori in campo. I Friedkin però, che sul portoghese non hanno fatto mezzo passo indietro, questo sembrano averlo capito. Resta il mercato d’estate per capire che Roma sarà.
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