Il fallimento della Nazionale di Mancini ha portato ancora una volta a ragionamenti più profondi: il pensiero de ct dell’Under 21 Nicolato
Il fallimento della Nazionale italiana, che non parteciperà ai Mondiali per la seconda edizione di seguito, è solo la punta del’iceberg. A sottolinearlo è stato il ct dell’Italia Under 21 Paolo Nicolato. Oggi gli Azzurrini hanno giocato e pareggiato contro il Montenegro con il risultato di 1-1, agganciando così la Svezia in testa al girone F delle qualificazioni europee, con una partita in meno rispetto agli avversari. In gol è andato Samuele Ricci, che ha risposto al vantaggio iniziale di Rakonjac.
Dopo il match di Podgorica, però, Nicolato si è soffermato anche sulla clamorosa e tremenda sconfitta con la Macedonia del Nord che significa niente Mondiali, di nuovo. Il ct dell’Under 21 parte dalla possibilità di stabilire un numero minimo di italiani nelle rose: “Non so se questa ipotesi sia percorribile dal punto di vista giuridico. Dobbiamo lavorare per tornare fra 4-5-6 anni ad avere una certa competitività. Vanno fatte delle modifiche strutturali. Il livello dei giovani è abbastanza basso e lo è perché c’è stato un grosso disinvestimento nei settori giovanili”.
Paolo Nicolato, ct dell’Under 21 italiana, dopo il pareggio con il Montenegro, ha detto la sua – come riporta ‘gazzetta.it’ – sui problemi del calcio italiano: “Non so se cambierà qualcosa sui giovani, non ci giurerei. Non è un problema di ‘tagliare’ una o due teste. Se pensiamo di risolvere così siamo lontani. Ci sono delle cose da mettere in atto, ma che daranno i loro frutti solo fra un po’ di anni. Con il trend nei Mondiali della Nazionale maggiore la prossima volta non vinciamo neanche il girone. Ma non è una colpa di qualcuno, la Nazionale è la punta di un iceberg che è quasi totalmente sommerso”.
Nicolato continua a essere chiaro: “Questo è un momento in cui nessuno può girare la testa da un’altra parte, dobbiamo unire le forze. Non possiamo pensare di risolvere il problema partendo da sopra. Questa tendenza dura da vent’anni, bisogna capire come facilitare certi percorsi con delle disponibilità economiche non elevate. In Italia siamo bravissimi a criticare, ma quando c’è da proporre si può fare meglio”.
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