L’avvocato Autieri: “Elemento nuovo oggi in forza alla Procura e sotto esame del giudicante, è il tentativo del procuratore di contrastare quell’impossibilità di fissare il valore di un cartellino in maniera oggettiva”
“La plusvalenza rappresenta un virtuosismo al quale molte società ambiscono ma che, anche per differenza di competenza, pochi riescono a mettere in pratica”. Così l’avvocato e intermediario Camillo Autieri nel suo intervento all’Associazione italiana Avvocati dello Sport in merito alle plusvalenze, oggi tema sulla cresta dell’onda per via dell’inchiesta della Procura federale che ha coinvolto ben 11 club italiani – tra questi la Juve – e 61 dirigenti.
“Le plusvalenze sane, frutto di competenza, come detto contribuiscono alla crescita di tutto il sistema, sostengono i club, ne mantengono i livelli occupazionali, insomma rappresentano l’aspetto virtuoso del fare calcio che, anche grazie a questo, diviene ‘saper fare calcio’ – ha aggiunto Autieri – Quello che oggi ci preoccupa, ahimè, è però l’aspetto buio di quest’istituto, l’aspetto generato dall’abuso o dal suo cattivo utilizzo. Ad oggi ci troviamo pertanto di fronte a questo buco nero, generato dal fenomeno delle plusvalenze non regolari, fenomeno che nasce di certo non oggi, né tantomeno ieri, ma è già (purtroppo) ben radicato nel nostro sistema che, anche per questo, è indubbiamente malato”.
“Se parlassimo di aziende private il cosiddetto falso in bilancio troverebbe la sua ratio nell’esigenza/necessità di evasione, ma nelle aziende (Club) sportive la ratio é soprattutto quella di crearsi ad hoc un vantaggio su altri concorrenti, a loro discapito e con unico scopo quello di costruirsi un gap che altrimenti (rispettando le regole) non avrebbero potuto avere – ha sottolineato Autieri – Gap prima economico, ma che poi si tramuta in operazioni di mercato al quale si è potuto accedere esclusivamente per merito dell’escamotage pre-costruitosi”.
“Quando finalmente si capirà che l’illecito de quo non è meramente di natura fiscale/amministrativa, ma anche e soprattutto di natura concorrenziale (falsando una competizione), allora avremmo fatto quel piccolo passo per i club che rappresenterà poi quell’enorme passo per tutta la comunità sportiva nazionale. Elemento nuovo oggi in forza alla Procura e sotto esame del giudicante è il tentativo del procuratore di contrastare quell’impossibilità di fissare il valore di un cartellino in maniera oggettiva. Dietro questo dogma vero e proprio, sino ad oggi, le società si sono schermate riuscendo il più delle volte a dileguarsi da responsabilità ben più gravi, relativamente all’alterazione di quei valori che avrebbero poi generato le plusvalenze. Il procuratore capo Chinè ha provato a cristallizzare e codificare un metodo di valutazione che consentirebbe, per le questioni oggi in esame, di parametrare i delta non regolari delle operazioni de quibus e, per il futuro, di avere un sistema pulito per determinare i valori dei cartellini e renderli accessibili e trasparenti per tutti gli operatori. A parer mio, decisamente un tentativo di pregio, da supportare in quanto di vitale importanza se davvero si ha come obiettivo quello di migliorare un sistema che oggi decisamente presenta delle emorragie al limite del mortale”.
“(…) Delle 11 società sotto la lente della procura, le posizioni più delicate le hanno i due club di serie B Pisa e Parma, in quanto nel deferimento di questi club si può trovare il tanto temuto articolo 31/2 del Codice di Giustizia Sportiva, in pratica il dettato dove si prevede oltre i punti di penalizzazione, anche la retrocessione o l’esclusione dal campionato. (…) Ad oggi, per capire appieno la gravità della situazione – evidenzia Autieri in conclusione – basti pensare che la partita giudiziaria si dipana su due livelli di giustizia, una sportiva (Roma) e due di natura penale (Procure di Milano e Torino).
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