Mike Maignan si racconta dal ritiro della nazionale: le parole del portiere del Milan sullo scudetto, Donnarumma, Ibrahimovic, Dida e non solo
Tredici mesi fa probabilmente non se lo sarebbe mai aspettato, Mike Maignan, che oggi si sarebbe trovato in bacheca già due scudetti. Uno con il Lille e l’altro con il Milan, da assoluto protagonista e da portiere migliore del campionato. Magari ci sperava, ma pronosticare questo doppio titolo sicuramente era difficile anche per lui. Invece il classe ’95 è stato uno dei pilastri anche del ritorno alla vittoria dei rossoneri, che ora puntano a dire la loro anche in Champions League.
Maignan ha fatto dimenticare in fretta Donnarumma: “Non ho mai sentito alcun tipo di stress al riguardo, perché non è mai stato un mio obiettivo prendere il posto di Gigio. Sono venuto al Milan per scelta professionale, per lavorare e giocare il mio calcio. Poi, quando lavori bene, raccogli i frutti”, ha detto nella sua lunga intervista a ‘La Gazzetta dello Sport’. Maignan racconta anche il duello con l’Inter: “Già all’inizio c’era la volontà di provarci. Poi abbiamo avuto un periodo meno positivo, siamo quasi andati in panico. Ma ci siamo parlati e rimessi al lavoro, dicendoci che non era finita. E quando l’Inter è inciampata a Bologna, abbiamo capito che per loro era finita, perché eravamo ormai focalizzati su noi stessi. E grazie pure all’Inter: dopo il 3-0 in Coppa Italia avevamo il coltello tra i denti. Quella sconfitta ci ha molto motivati…”
Milan, Maignan e l’infortunio: “Potevo stare fermo un anno. Ibra come me”
Maignan parla a cuore aperto di tutto, dallo scudetto al rapporto con Dida: “Il fatto che ci fosse lui come allenatore dei portieri è stato uno stimolo in più, sapevo che mi avrebbe permesso di migliorare. Quando l’ho incontrato ho capito che è anche una persona umile, che ama il suo lavoro e vive di calcio come me”. All’inizio è stata complicata per il francese, soprattutto a causa dell’infortunio: “Ero frustrato, era difficile da accettare. Ho giocato sette partite con la mano infortunata e non volevo mollare i miei compagni. Preferivo iniezioni e creme, mi allenavo solo alla vigilia dei match. Poi quando in nazionale mi sono fermato quattro giorni e il dolore non passava, ho capito che dovevo curarmi. Lo specialista che mi ha seguito al Milan mi ha spiegato che avrei rischiato uno stop di un anno, così mi sono fatto operare”.
Immancabile anche il passaggio su Ibrahimovic: “Mi ha accolto facendomi i complimenti per il titolo con il Lilla, ma mi ha spiegato che in Italia era tutta un’altra cosa e che al Milan c’era più pressione. Zlatan è un esempio per tutti. Anche lui, come me, ha stretto i denti per centrare l’obiettivo come si era ripromesso. Spero torni presto con noi”. Eppure c’è stata anche una nota negativa, i cori razzisti:”Nelle istituzioni italiane ed europee c’è chi forse se ne frega di punire i colpevoli. Lamentarsi non basta più. Allora toccherà a noi giocatori fare qualcosa”.