Christian Eriksen si mette alle spalle l’incubo di un anno fa e vola al Manchester United coronando un sogno
233 giorni per mettere l’incubo alle spalle e capire che il calcio è ancora la tua vita. Mentre vivi, e questa è stata la conquista più importante. 398 giorni per risentirti un top: senza nulla togliere a chi ti ha ridato una chance, il Brentford – anzi, che siano benedetti – lo United è lo United. E quando ti chiama in un attimo ti risenti dentro al calcio che conta.
Christian Eriksen ha queste tre date ben stampate sul cuore: il suo cuore bizzarro, ha smesso (temporaneamente) di battere al Parken Stadium di Copenaghen, il 12 giugno del 2021, durante la gara dell’Europeo itinerante 2020 (quello che il Covid ha fatto slittare di un anno) contro la Finlandia. I soccorsi tempestivi e un intervento perfettamente riuscito lo hanno salvato e rimesso in piedi. Il 31 gennaio 2022 lo ha tesserato il Brentford dopo che l’avventura con l’Inter si era inevitabilmente chiusa: in Premier i protocolli sanitari sono meno serrati, da noi no. Il 15 luglio lo United ha riportato Christian sul palcoscenico dove lo aveva condotto il suo talento prima di quel drammatico 12 giugno di un anno fa: il calcio dei top.
Nel nostro Paese con un defibrillatore cardiaco impiantato sotto pelle non giochi. Verrebbe da dire, così, a naso, che la cosa ci fa sentire più sicuri. Ma senza voler entrare minimamente nel merito, i protocolli sanitari inglesi hanno spazi di manovra differenti, si fanno bastare determinate cautele o garanzie. Eriksen voleva tornare a giocare e continuerà a farlo nel Paese che calcisticamente lo ha adottato da quando aveva ventuno anni: sette stagioni al Tottenham prima di sbarcare all’Inter in Serie A, vivere il pesantissimo passaggio personale per il problema cardiaco che stava per strapparlo alla vita e … tornare a casa.
Le immagini di quel 12 giugno le ricordano tutti con apprensione, costernazione, paura, sgomento. Non si può dimenticare il modo in cui Christian è andato giù, inequivocabile, dato che purtroppo di certi malori se ne sono visti a vario titolo sui campi dei campionati europei e non da oggi. Così come è stato toccante e delicato, dentro il dramma, il modo in cui la squadra ha fatto scudo tenendosi lontana dal compagno, dall’amico, per dargli aria e consentire ai soccorsi di agire, ma per proteggerlo dal resto: tutti in piedi, in circolo, facendo battere più forte i loro cuori per rianimare il suo. Così come resta indimenticabile l’abbraccio di capitan Kjaer a Sabrina, la compagna di Eriksen, sconvolta in quei momenti.
Ora Christian ricomincia il suo sogno da lì, dall’unico posto che forse più di altri può cullarlo, per quel nomignolo che gli ha accordato la storia: Old Trafford, il Teatro dei Sogni. Il calcio ha anche questo di straordinariamente favoloso: racconta storie vere che sembrano strappate alla fantasia. Eriksen ricomincia da questo accordo triennale che lo proietta dentro il sogno e al di là del dramma, della paura. Vivitela Christian, qui hai lasciato i tuoi occhi buoni e forse quel sogno che i tifosi giallorossi hanno vissuto per un po’, di saperti simpatizzante della Roma e magari, chissà, pronto, prima di tutto questo, a vestire anche la maglia giallorossa. Ora il rosso è il colore del Diavolo, quello che hai scacciato via 398 giorni fa e che si è rimaterializzato nel tuo sogno-realtà: i Red Devils, lo United.
Giorgio Alesse
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