La Roma mette le mani su Paulo Dybala, lo svincolato d’oro per Mourinho: il matrimonio, però, poteva farsi anche sette anni fa
Dybala alla Roma, una di quelle cose che il destino va a recuperare con il rewind. Poteva succedere nel 2015? Vero, verissimo. E’ successo sette anni dopo. Perché il calcio vive di momenti, di opportunità, di congiunture, di incastri. E sono questi elementi a fare la differenza.
Nell’estate del 2015 Dybala era nel pieno dell’esplosione del talento. Palermo lo aveva consacrato, il cuore e il portafoglio del calciomercato italiano d’elité battevano per portarselo a casa. C’erano la Juve, il Milan, la Roma. Il manager dell’argentino era Pierpaolo Triulzi, l’artefice di molte delle fortune professionali della Joya fino a che gli è stato accanto e il ds della Roma era Walter Sabatini. Lo scenario, per rapporti consolidati, stima professionale, avrebbe potuto essere anche quello più congeniale per i giallorossi. Zamparini, diventato da presidente del club rosanero uomo di calcio consumato, mercante esperto, anche ruvido quando serviva, disse inevitabilmente sì ai 32 milioni più 8 di bonus della Juventus, sapendo di consegnare la sua Joya al club più vincente d’Italia. La differenza la fecero i soldi e l’ambizione.
Eppure Paulo Dybala, argentino talentuoso, è sempre parso uno più da stadi caldi, da piazze roventi, capaci di impazzire per una vittoria e non di vincere a ripetizione restando in equilibrio tanta è l’abitudine a farlo. Senza dirselo, senza pensarci, è come se tutte queste piazze – fatalità anche Roma e Napoli – si siano date un appuntamento silente con un domani non scritto. E forse destinato a non esserci mai. Già, è stato quel non crederci troppo o non crederci proprio, che ha condizionato molti in questa vicenda di questa torrida estate 2022. Di questo tempo in cui più sei tranchant, deciso, perentorio, più dai la sensazione di sapere, di essere dentro le cose. Con il rischio di cadere male. E così in una notte torrida, quella che abbiamo appena messo alle spalle, mentre Tiago Pinto e l’entourage di Dybala erano chiusi da ore in una stanza a trattare in modo serrato, Paulo la Joya ha detto sì alla Roma.
Ora, a volerla ricostruire tutta, sembra essere andata più o meno così. A fine marzo la Juventus comunica a Paulo Dybala, che quattro mesi prima provava a trattare un rinnovo a 10-12 milioni di euro l’anno, l’intenzione di non continuare a discutere sul contratto futuro. E di salutarsi. Da allora tutti, ma proprio tutti, pensano che Dybala la squadra nuova già la abbia. Ma questo è un altro mercato, il Covid lo ha stravolto accelerando una crisi che il calcio faceva finta di non vedere pur vivendola da dentro. Senza farla lunga, non solo Dybala la squadra non la ha, ma arriviamo a metà luglio che l’Inter prova, prova, poi molla, poi rientra, ma non chiude. Il Milan annusa senza infilarsi più di tanto dentro la vicenda. Al Napoli l’idea piace, piacerebbe, ma… Ci sono troppi ma.
E la Roma? La Roma è un po’ come quell’uomo che guarda con la coda dell’occhio una donna affascinante ma irraggiungibile, fintanto che non sarà sola, senza la corte intorno, e potrà valutare i pregi e i vantaggi di quel discreto ammiratore che per non illudere e non illudersi non si è nemmeno avvicinato ad avviare una forma di corteggiamento. Se la domanda è… A Tiago Pinto Dybala piace? La risposta contiene anche un avverbio: sì, molto. Se l’altra domanda è… Un mese fa ci pensava? L’altra risposta è più articolata: sì, ma sapendo di non poter e voler concorrere, per politica aziendale, a ingaggi da 7-8 milioni stava alla larga monitorando con una discrezione così alta da apparire disinteresse. Questo, nulla di più: non l’obbligo a vendere e tutte queste storie qui. Forse la Roma era tecnicamente nella condizione migliore per prendere Dybala.
GIORGIO ALESSE
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