Il mercato si è concluso e non sono mancati gli affari saltati quando tutto sembrava fatto: da Rabiot a Ronaldo, le trattative non andate in porto
Finisce un mercato che, come ogni sessione, mette insieme grandi colpi e affari saltati per tanto, poco o nulla. Stavolta anche per cavilli burocratici (leggi le nuove legislazioni Brexit sui permessi di lavoro dei calciatori) che hanno disturbato non poco la Roma.
Cominciamo da qui, da Kluivert che vuole solo il Fulham, che rifiuta tutto (Nizza, Olympiacos, Porto e Benfica) per andare a Londra e che quando a Trigoria trovano l’accordo con gli inglesi (9,5 milioni più il 20% per cento sulla futura rivendita) si fa trovare lui senza i requisiti per poter giocare in Premier (una storia anche piuttosto grottesca di coefficienti legati a presenze internazionali, nel club e con la propria nazionale). In Inghilterra off records sostengono che al Fulham siano un po’ così – vogliamo dire sprovveduti? – e che non abbiamo parlato chiaramente alla FA per assicurarsi di poter tesserare il giocatore: è stata chiesta una generica lettera alla Roma (che i suoi parametri li aveva apposto) sulla posizione del ragazzo, ma evidentemente non bastava.
Questa è la vicenda probabilmente più clamorosa dell’estate – di cui la Roma è evidentemente stata vittima – ma di affari saltati ce ne sono stati tanti altri. Per esempio Rabiot al Manchester United: la Juve e i Red Devils si sono sistemati per quanto competeva loro, poi è scesa in campo mamma Veronique, che da sempre gestisce (e complica) le vicende di mercato del figlio e l’accordo economico con il centrocampista francese non si è trovato. Una questione che ha inciso anche sul mancato arrivo di Depay alla Juventus: il giocatore ci era rimasto molto male perché ci aveva fatto la bocca, ma alla fine i costi troppo elevati e la mancata uscita di Rabiot hanno impantanato l’affare e da Torino è giunta la virata su Milik.
Restando alla Juventus c’è anche la vicenda Arthur da raccontare: sembrava tutto incanalato bene e c’era il gradimento di Gattuso, la mancata intesa su come splittare l’ingaggio del giocatore è diventato l’ostacolo insormontabile, visto che il Valencia avrebbe coperto solo il 20% e il club bianconero avrebbe dovuto versare i restanti 6 milioni. Troppi.
Il Milan ha sognato a lungo Renato Sanches, ha lavorato su questa pista sentendo di dover recuperare terreno soprattutto rispetto alla volontà del giocatore che aveva nella testa il Paris Saint Germain. Eppure ci sono stati momenti in cui il club rossonero, dialogando con Jorge Mendes, è stato dentro la trattativa, ha avuto un ruolo e magari si è sentito anche più vicino alla preda. Alla fine ha prevalso la volontà del ragazzo che ha scelto Parigi. Mendes (non serve nemmeno dirlo) è l’uomo che gestisce le fortune sportive di Cristiano Ronaldo e ha trascorso l’estate a proporlo in Europa, spinto dalla voglia del suo assistito – mica uno qualunque, il Re degli assistiti – a giocare in Champions e a voler chiudere la sua avventura a Manchester con lo United.
E così, nel suo peregrinare, Mendes è arrivato per due volte ad affrontare l’argomento Cristiano con il Napoli, dove l’altro Cristiano (Giuntoli) è stato ad ascoltare, interessato, riferendo tutto al sovrano Adl. La seconda volta (pochi giorni fa) il pressing sembrava più deciso ed efficace, ma ci ha pensato il diretto interessato a mettere le cose in chiaro (dal suo punto di vista) facendo arrivare l’informazione di non essere così convinto della piazza e del destino del Napoli in Champions. Per il club partenopeo c’è anche questione Navas, il portiere a lungo ad un passo, ad un certo punto atteso, attesissimo: ma anche qui l’ingaggio da dividere con il Psg) è diventato il problema insormontabile, perché il costaricano non ha fatto una lira di sconto e il contributo di De Laurentiis (3 milioni) è stato giudicato insufficiente da Campos, il consulente di mercato di Al Khelaifi. E questa è una corsa da giocarsi tutta in queste ultime ore.
Calciomercato, da Dybala a Bremer: affari sfumati per l’Inter
Per Sergio Reguilon, lo spagnolo del Tottenham che la Lazio e gli Spurs hanno trattato fitto fitto attraverso gli intermediari e le rispettive dirigenze. Sembrava anche questa una trattatva destinata a viaggiare sui binari del buon esito, poi è sceso in campo Lotito e la spartizione dell’ingaggio (anche qui) è diventato lo scoglio: la Lazio si sarebbe dovuta spingere fino a 1,7 milioni, il presidente del club biancoceleste non si è schiodato da 1 milione. E’ finita lì, quello che ha disturbato e non poco la parte in causa dell’affare più vicina al giocatore è sentire poi Lotito che ha giustificato il mancato arrivo dell’esterno voluto da Sarri addebitandolo al fatto che il giocatore fosse infortunato (cosa smentita fermamente).
L’Inter ha visto sfumare prima Dybala e poi Bremer, praticamente nella stessa giornata, poco dopo la metà di luglio. Sul difensore granata erano d’accordo da mesi, dalla fine della scorsa sessione invernale o giù di lì. Ma l’intesa era con il giocatore, con il Toro che la quadra sui numeri la ha trovata con la Juventus. Il nodo grosso era quello, poi i bianconeri con il difensore si sono sistemati in poco tempo. Dybala aveva un filo diretto con Marotta, ma l’Inter doveva far uscire qualcuno tra Pinamonti, Dzeko, Sanchez…. Non è successo, alla fine nemmeno sull’accordo con il ragazzo e il suo entourage c’era uniformità di vedute. Ed è arrivata la Roma a chiudere: c’è chi sostiene, con un tentativo disperato da Milano nel corso di una delle riunioni decisive tra Pinto e l’argentino. Sembrava sfumata anche la pista Acerbi con Zhang che si era messo di traverso. Poi la svolta con la firma.