Dopo la manita alla Juve, Spalletti rincorre Allegri per stringersi la mano: l’immagine iconica che chiude un’era calcistica
Negli spogliatoi, dopo, non si sono incrociati: così raccontano le cronache dal ventre del ‘Maradona’. La rincorsa di Luciano Spalletti a Massimiliano Allegri per stringergli la mano al fischio finale di Napoli-Juve è già iconica, un momento che ricorderemo per tanto tempo. Qualcosa che resterà perché segna un’epoca. Cinque gol subiti dalla Juve, in Italia, sono un evento dal quale ripartire.
La rincorsa di Spalletti è stata quella di un uomo trincerato nel suo sguardo di ghiaccio: tagliente e beffardo, quasi perfido nella risposta a chi lo aveva schernito poche ore prima in conferenza. Allegri quasi scappa, si gira solo poco prima dell’ingresso del tunnel: la sua camminata rigida e furiosa percepiva l’aura di Spalletti. Sentiva quella presenza che gli ha strappato l’anima calcistica, che ha cancellato la serie di otto vittorie consecutive, che ha incenerito le certezze del pane e salame. Perché il calcio non è solo una fase difensiva copiata dagli anni 70, perché il calcio è difficile da studiare e da trasmettere.
Napoli-Juve è già storia. Un manifesto per spiegare una grande differenza, tra chi gioca e chi specula. Spalletti lo ha spiegato in poche parole, ieri, nel post gara. “A me non piace aspettare gli avversari al limite dell’area: è facile quando non sai cosa fare, è più difficile giocare a campo aperto […] Ciò che è complicato sta nell’organizzare pressioni, costruzioni palla a terra, rimontargli addosso ogni volta che si perde palla”. Un manifesto che non parla di bel gioco. Che non parla di calcio champagne. Parla di gioco. Parla di calcio. Di come si imposta il gioco del calcio. Ed è un messaggio duro, crudo, diretto a chi specula. Ieri, come sempre, la Juve ha giocato su quello che è lo sporco del Napoli. Le situazioni non costruite, rubacchiate sugli errori avversari. Non c’è un costrutto: cerchiamo di non prenderle e mandiamo la palla avanti.
Di Maria è la speranza di una giocata, Milik quella di una conclusione, Rabiot di un inserimento. Speculare su Chiesa messo a guardia di Kvara come quinto di difesa per 40 minuti, fino al 2-0 è stata una mossa devastante. Cancellare così il talento di un calciatore costringendolo a continui strappi difensivi è stata un’immagine chiave: difendere così la rete inviolata è anti-storico, è il simbolo di quello che il calcio, oggi, ripudia. Solo in Italia si pensa ancora che sia qualcosa di positivo un atteggiamento del genere: vecchi soloni che ne contagiano di nuovi e fanno suonare tromboni che sono totalmente fuori spartito con il football che si vede in Europa.
Il 5-1 del ‘Maradona’ è una mazzata storica subita dalla Juve che spiega all’intero mondo del calcio un concetto. Il calcio è difficile, è evoluzione continua. si studia, non si adatta a chi pensa che sia banale, di semplice lettura. Il calcio è gioco ed organizzazione. Non bella, non spumeggiante. E’ frutto di studio e dedizione. La speculazione è finita a Napoli. Sepolta sotto i colpi di Kvara, di Osimhen e soprattutto delle idee di Spalletti. La corsa della Juve si è fermata quando non ha potuto più solo speculare.
Non bastano una grande rosa, una fase di non possesso frutto del riadattamento dell’ancien regime calcistico ed una generosa dose di fortuna per esser vincenti nel 2023. Ecco perché Napoli-Juve è già storia. Ed ora, anche Allegri lo sa.
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