La vittoria della Lazio sul Milan lascia all’Inter ancora più rammarico per aver perso in casa 1-0 contro l’Empoli. I nerazzurri, che con una vittoria sarebbero stati secondi, ora si trovano quarti in classifica. E soprattutto a -13 dal Napoli
L’uomo delle Coppe non basta più. Perché Simone Inzaghi è stato preso per raccogliere l’eredità di un allenatore che in due anni ha riportato lo scudetto a Milano dopo 11 anni. Simone Inzaghi è stato preso per cucire sopra lo stemma dell’Inter la seconda stella.
Già lo scorso anno, quanto i nerazzurri in due mesi collezionarono 7 punti in 7 partite, ci si iniziava a chiedere se Inzaghi fosse adatto all’Inter. Certo, nessuno mette in dubbio il ritorno agli ottavi di Champions League dopo 10 anni, le due Supercoppe vinte contro Juventus e Milan e la Coppa Italia contro la Juventus. Ma quando siedi su una delle panchine più prestigiose d’Italia, questo non basta. L’Inter vuole di più.
L’allenatore piacentino, nel corso dei due anni in nerazzurro, ha messo in mostra molti limiti. Limiti che bisogna superare, se si vuole diventare vincenti non solo in Italia ma anche in Europa. Per il primo limite partiamo dalle vittorie. Strano? Paradossale? No. Inzaghi è bravissimo a preparare le partite secche e lo si è visto nelle 3 sfide che hanno portato trofei in casa nerazzurra. Meno bravo con le altre. Com’è possibile che l’Inter scesa in campo il 18 gennaio contro il Milan sia la stessa che ha giocato contro l’Empoli il 23 gennaio? Cinque giorni dopo, due squadre totalmente diverse.
A Inzaghi va imputato anche un attaccamento morboso al suo modulo, il 3-5-2. Nell’ultima gara di campionato contro l’Empoli, l’allenatore ha mantenuto una difesa a tre anche dopo l’espulsione di Skriniar nonostante con un giocatore in meno una difesa a quattro sarebbe stata più consona. Che poi i giocatori per impostarla, Inzaghi li ha eccome! Ma il modulo non è l’unico problema, perché a quello si aggiungono anche i cambi discutibili, l’ostinazione a schierare giocatori che non sono in condizione come Correa e una totale assenza di alternative e idee quando servono. Contro l’Empoli Dzeko e Lukaku sono entrati troppo tardi, quando ormai c’era ben poco da fare.
Inter, con Inzaghi è anche questione di carattere
Se i limiti tecnici sono più semplici da superare, per quelli caratteriali si fa più fatica. Questa Inter sembra non avere un’identità, frutto di quello che trasmette, o forse dovremmo dire non trasmette, l’allenatore.
Antonio Conte stressava i giocatori ed era ossessionato dalla vittoria. Un po’ estremo, magari, ma sul campo i risultati si vedevano. L’Inter non perdeva mai la concentrazione e riusciva sempre a portare a casa una vittoria, bella o brutta che fosse, ed è riuscita a conquistare lo scudetto addirittura con quattro giornate d’anticipo. Se Conte usava bastone e carota, Inzaghi sembra usare solo la carota coccolando e accontentando i suoi giocatori. Giocatori che quando sono nervosi, l’allenatore fatica a gestire.
In campo c’è una ricerca spasmodica dell’estetica e del bel gioco, del fraseggio corto e di una palla sempre in movimento. Insomma, il gioco che i nerazzurri ci avevano abituato a vedere la scorsa stagione ma quest’anno, anche da questo punto di vista, c’è stata un’involuzione. L’Inter quando gioca bene sa divertire, lo abbiamo visto contro il Milan in Supercoppa, ma i 3 punti si assegnano a chi segna più gol e ne subisce meno. E su questo, Inzaghi, bisogna lavorare ancora molto.