Il calciomercato invernale si è chiuso per la Serie A senza grandi acquisti e con pochi soldi spesi: i motivi dietro questa scelta
C’è un segnale che arriva dalle cifre del mercato, dai soldi spesi e da quelli incassati, dai saldi dei campionato d’Europa e non solo.
Ed è un segnale che riverbera sull’Italia e ci fa riflettere su come il ruolo dei club italiani italiani stia cambiando, mentre i fondi statunitensi entrano sempre di più nel sistema calcio del nostro Paese e cominciano a far pensare che forse aveva ragione qualche navigato dirigente che solo un paio d’anni fa, dopo un’assemblea di Lega, sussurrò a cena ad un po’ di amici e addetti ai lavori: “Tra un po’ a via Rosellini si parlerà solo inglese e gli americani porteranno i play off”. Una cosa sta succedendo, l’altra ancora no.
Certo, se la si vede da un verso si può sostenere che il calcio italiano sia diventato magari più virtuoso. Oppure più povero se il punto di vista ribalta verso il pessimismo. Ecco, escluderlo del tutto davvero non si può. Il mercato italiano è diventato il grande catino dei prestiti, magra delle recompre (che hanno sostituito le vecchie comproprietà mascherandole dietro operazioni finanziarie più ingegnose e condizione del rischio d’impresa). Su questo bisognerebbe aprire un tavolo di riflessione per aiutare a rileggere in modo più equilibrato il sistema: mandare un giovane a giocare e pattuire il ritorno a casa a fronte di un diritto alla luce del sole sottrae dall’incognita delle vecchie buste (dove ci si poteva fare anche male valutando in modo non corretto le cose).
Comunque, la classifica degli spendaccioni del mercato d’inverno ci vede caracollare all’undicesimo posto. La prima cosa che bisogna dire è che fuori dalla Top Ten probabilmente non siamo stato mai stati. L’altra è che per vederci fuori dal podio bisogna arrivare al gennaio di cinque anni fa, quando la Serie A si attestò in sesta posizione con 52 milioni spesi, 109 incassati e un saldo attivo da +57 al suono della sirena. Che poi, anche su questo, bisognerà pur mettersi d’accordo: il calcio, e il mercato figuriamoci, alimenta sogni anche oltre il lecito, per cui un segno più che farebbe gioire qualsiasi azienda, letto dai tifosi diventa questi una colpa. Senza pensare che i segni meno sono quelli che con il tempo ti fanno sprofondare male. Potenza (o debolezza) del sistema.
Il segno più lo ritroviamo, dopo tanto tempo, anche in questa sessione di mercato appena conclusa, ma alla voce spese impressionano quei 15 striminziti milioni che ci mettono dietro tutti i maggiori campionati d’Europa, la Major League statunitense, ma anche la Eredivise olandese, la Liga portoghese e la Championship, la B inglese. Diciamo che visti da laggiù i 479 milioni spesi dalla Premier fanno impallidire e magari spiegammo come una terzultima da quelle parti (il Bournemouth), possa presentarsi da una squadra di vertice italiana (nella fattispecie la Roma) offrendo 30 milioni più bonus e ghiotta percentuale sulla rivendita per provare a portarsi a casa Nicolò Zaniolo. Fate il giochetto al contrario e immaginate il Verona (nessuna ce ne voglia) presentarsi dal Newcastle o dallo United per una offerta da capogiro.
E’ che non bisogna arrivare al vertice della piramide per rabbrividire: anche i 64 milioni della Bundesliga moltiplicano di 4 volte i nostri, i 42 della Ligue 1 quasi li triplicano, la Liga spagnola (si fa notare anche lei pur restando in passivo) e quella portoghese hanno speso il doppio. E la Serie A si tiene stretti 10 milioni di attivo che dovrebbe farla sorridere ma non ci riescono nemmeno troppo perché poi sappiamo che i conti non sono così semplici e che lo stato di salute del sistema è tutto meno che rigoglioso e salubre.
Calciomercato, la Serie A non spende: i motivi
Dietro le cifre, lo abbiamo detto e lo ribadiamo, ci sono sempre ragioni e perché da analizzare: il secondo posto del gennaio di un anno fa con 185 milioni spesi è un dato (certo, quello è stato l’inverno di Vlahovic e Zakaria per la Juve, Cabral e Ikone per la Fiorentina, Emerson e Simy per la Salernitana).
Il primato assoluto della finestra d’inverno 2021, con 109 milioni spesi, è un altro numero che si portava dietro i 26 milioni per Rovella alla Juve, i 13 per Maehle all’Atalanta, i 5 e più della Fiorentina tra Kokorin e Maleh. Per non parlare dei 232 record del 2020 (Zapata all’Atlanta 12 milioni, Kulusevski alla Juve 35, Eriksen all’Inter 27, Amrabat alla Fiorentina 19,5, Lobotka, Petagna, Rrahamani e Demme al Napoli più di 60). La domanda che resta, di fronte a questo undicesimo posto nella classifica degli spendaccioni del gennaio 2023, è una: siamo virtuosi o in recessione? L’atroce dubbio è che la risposta la sappiamo in parecchi.