La rottura tra Nicolò Zaniolo e la Roma che ha animato gli ultimi intensi giorni di calciomercato invernale
Non servono consigli o reprimende morali. E nemmeno retroletture, che ai giorni nostri vanno tanto di moda. E meno che mai servono gli “io ho saputo che…”, “conosco uno che sta dentro alla vicenda e dice…”, “ascolta me che sa lo tutta”.
Serve solo mettere in fila le cose accadute. E non giudicare, interpretare. Basta leggere la realtà su Nicolò Zaniolo e la Roma. Pochi giorni prima del mal di pancia con la Fiorentina (dichiarato dal giocatore, senza visita dei medici del club), Mourinho insultava Candela (e questa cosa era paciuta a tanti) per aver criticato Nicolò ed imputava ai fischi di Coppa Italia con il Genoa (pochi, non una valanga), di essere conseguenza delle critiche del francese campione d’Italia con la Roma nel 2001. Tra parentesi: nessuno si è preoccupato, in quel momento, dell’integrità fisica di Vincent Candela, forse accreditandolo della forza muscolare necessaria per poter da solo regolare una banda da dieci, quindici, venti contestatori che sarebbero potuti arrivargli sotto casa.
Quel mal di pancia prima della Fiorentina quanto avrebbe potuto essere nascosto? E (se si può dire) perché si sarebbe dovuto nascondere, vista dalla parte di un signore americano che paga (poco?) un suo calciatore per vederlo giocare? E quindi monta il caso. E Mourinho, diretto come lo è stato con Pinto e la società quando è servito, con Candela quando lo ha ritenuto necessario (pur senza nominarlo ne aveva tracciato l’identikit), stavolta doveva diventare altro da sé. Perché – chi lo dovesse negare non sarebbe nel girone degli onesti – il termine famiglia era stato usato e abusato dal tecnico portoghese: da prima della vittoria della Conference in poi.
Non è stato un neologismo che servisse come sottolineatura della distanza con il figlio ingrato. Mourinho probabilmente ha fatto il suo: perché risponde ad un gruppo, fatto di ragazzi, magari non tutti con la stessa sensibilità, e dopo aver alzato gli scudi verso uno di loro, quello stesso, poche ore dopo, ha sbreccato (diciamola come è stata). Mentre Camara e Kumbulla non giocano mai o quasi, per esempio. Però si allenano e vanno in panchina. Forse perché sono più scemi dell’altro.
Poi arriva il mercato (ah, benedetto mercato). E allora, usiamoli i parametri del mercato: partendo dalla scorsa estate. Domanda: si è presentato il Real? O il Barcellona? O il Psg, il Bayern, il City, lo United? Fate un mazzo e dite un no. Si può quindi dire che Zaniolo oggi non è esattamente un giocatore di prima fascia? Senza che si offenda nessuno? Facciamo prima a dire chi si è presentato (o è stato sollecitato a farlo): la Juve, il Tottenham, il Milan, sembra il Lipsia e il Leeds. Stop, fermatevi lì: l’Everton e tutto il resto è fantasia. Chi si è presentato voleva Zaniolo gratis: per scommettere sul talento, che nel frattempo vola verso i 24 anni (quanti i gol fatti da Nicolò alla Roma: i cartellini gialli, purtroppo, sono quasi il doppio). Gratis? Non scriviamo a quale dei “grazie” si appellerebbe il popolo romano e romanista perché bisognerebbe evocare parti intime maschili… Vogliamo dire che i grandi club d’Europa sono timidi? Eppure con Jim Pallotta passato alla storia per aver comprato e rivenduto tutto e tutti… Marquinhos al Psg, Rudiger al Chelsea (ah già, i Blues, che hanno sparso milioni per il mondo acquistando l’impossibile senza pensare al 22 giallorosso). E poi Salah e Alisson al Liverpool. Ah, ma allora quando uno è forte, forte, forte i big arrivano e comprano… Invece è arrivato il Bournemouth: che dal terzultimo posto della Premier può portare 30 milioni e bonus alla Roma. Qui si aprirebbe un altro fronte ma poi andremmo fuori tema. Vedete, tutto questo non significa accanirsi. Significa fotografare i fatti.
Fa specie che un ragazzo come Nicolò Zaniolo – che oggi ha teso la mano al club con una lettera – non riesca a farsi contornare da qualcuno che lo metta seduto e gli dica “Nicolò, hai avuto due infortuni tremendi e se sei inca**ato hai tutte le ragioni, il destino ti ha dato la Roma e un allenatore come José Mourinho, tra i più vincenti di sempre: mettiti lì, sfrutta l’occasione e quando è il momento, con il sorriso, cogli l’occasione e vai. Via.
Come ogni professionista ha il diritto di fare”. A 24 anni, quello stipendio e quel ruolo – che sono tali proprio perché il calciatore “sfugge” a tante regole anche scritte del mondo del lavoro – impongono atteggiamenti maturi. Purtroppo contemplano anche fischi e contestazioni (civili, mai violente). Ma richiedono assunzioni di responsabilità, non cancellazioni indispettite delle bio dai social e nemmeno difese d’ufficio (umane, ma poi?) materne e paterne: che forse stonano anche, quando il contesto è tanto pubblico ed elevato.
Sapete perché Zaniolo forse oggi è in tendenza negativa? Non pensiamo al calcio e alla Roma. Perché nella fase storica cruciale che viviamo, la gente è stanca, provata, illusa e delusa. E magari è meno disposta a tollerare intemperanze di vip e star che marcano distanze più faticose da digerire: vada per il portafoglio differente, ma i doveri no, diamine. Che succede a me, a te, a lui, a lei, se andiamo dal datore di lavoro a dire: io non mi sento, qui non voglio più starci? Che te ne vai a casa, forse un’ora dopo, due, tre, una giornata. Ma vai a casa con una lettera di licenziamento. Poi magari ti appelli e magari vinci pure. Nel calcio deve funzionare diversamente, nel calcio c’è una sorta di sublimazione paradossale al contrario, in cui il lavoratore vince sempre, ma non è l’operaio, ha lo stipendio milionario. Finirà che la gente, tutto questo circo, lo capirà sempre meno. E questo diventa un rischio per tutti.
Piero Torquati
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