Bernd Reichart, amministratore delegato della società che promuove la Superlega, ha rilanciato il progetto alternativo per il calcio europeo
La Superlega è tutt’altro che morta e a garantirlo, dopo la sentenza contro Uefa e Fifa da parte del tribunale di Madrid di settimana scorsa, è Bernd Reichart. Il manager tedesco, infatti, è l’amministratore delegato di A22 Sports Management, società che promuove il progetto Superlega.
A tal proposito, Reichart ha svelto sulle pagine de ‘L’Equipe’ che il suo team sta continuando a lavorare per un format tutto nuovo nonostante la ferma opposizione dei principali organi internazionali: “Lavoriamo instancabilmente per creare delle proposte che risolvano i problemi attuali del calcio: lo squilibrio competitivo e l’instabilità finanziaria di cui soffrono molti club“.
Una battaglia, quella con Uefa e Fifa, destinata a riaccendersi presto: “La pensiamo diversamente. E dovremmo avere il diritto, senza minacce o paura di essere sanzionati, di fare proposte ai club. La UEFA è resistente a qualsiasi cambiamento e alle idee esterne perché vive molto comodamente. Controlla un’attività dove non ha né concorrenza, né costi, né rischi imprenditoriali e dove esercita un’influenza significativa, fino al livello politico. Quindi ogni altra iniziativa e altra competizione non gli fa piacere. Si è aggrappata al suo monopolio per cinquantacinque anni”.
Reichart ha fatto riferimento alla sentenza del tribunale di Madrid: “Secondo l’opinione dell’avvocato generale, l’UEFA ha l’obbligo di valutare e autorizzare nuove competizioni. Cosa che non fa. Non può discriminarli solo per promuovere la propria concorrenza. L’autorizzazione ad entrare nel mercato non può essere concessa dall’organismo che regola e detiene il monopolio del mercato. Dovrebbe essere nelle mani di una terza parte”.
Fondamentale per la nuova Superlega è la centralità dei club: “Vogliamo che i club recuperino la loro sovranità per organizzare e gestire le loro competizioni europee. Lasciare che siano padroni del loro destino. Da più di vent’anni hanno ottenuto il diritto di gestire i propri Campionati Nazionali, sotto la supervisione delle Federazioni. Perché questo sistema ritenuto ottimale non può esistere in Europa? Perché solo la UEFA può organizzare e commercializzare un torneo per club?”.
A sorpresa, come spiegato dal manager tedesco, a condividere questa idea – oltre a Juventus, Real Madrid e Barcellona – vi sarebbero anche altre società: “Quasi tutti i club con cui stiamo discutendo condividono la nostra diagnosi: il calcio soffre di instabilità economica e la competitività all’interno dei Campionati, come quella dei Campionati tra di loro, si è polarizzata in modo preoccupante. Nessun club vede soluzioni nel futuro perché vede che il proprio campionato sta perdendo attrattiva e potere economico. E anche in competitività rispetto alla Premier League”.
Per l’amministratore delegato, l’attuale Champions League risulta altamente limitante: “Il formato attuale offre loro poche prospettive di crescita. Perché un anno ti qualifichi per la Coppa dei Campioni e quello dopo no. Contare sulla Champions League e costruire una squadra all’altezza è alla portata di pochissimi. L’analisi di molti club è che la Champions abbia contribuito ad allargare il divario tra la prima del proprio Campionato e la successiva”.
Reichart ha escluso l’idea di una competizione elitaria, come filtrato negli anni scorsi: “Pensiamo ad formato completamente diverso dalla prima versione, senza membri permanenti. Non sarà un club elitario chiuso ma una competizione aperta, basata sul merito, compatibile con i Campionati Nazionali e giocata sulle finestre degli attuali tornei europei. Sarà gestito dai club e con un fair play finanziario molto più rigoroso. Abbiamo bisogno di una competizione più attraente, che dia emozioni non solo dal mese di febbraio“.
Obiettivo della Superlega sarà anche quello di limitare gli investimenti folli di società-stato come Manchester City e Psg: “Questa è una grande preoccupazione nel mondo del calcio: la competitività e il fatto che il sistema non si autofinanzi, che non viva delle sue risorse. Il calcio dovrebbe spendere solo ciò che genera. C’è un surriscaldamento del sistema economico europeo, motivato dall’iniezione di capitale esterno, che impedisce a molti club di essere competitivi. Non è salutare. Il calcio aumenta il fatturato ma, allo stesso tempo, aumentano le perdite economiche. Uno studio Deloitte dimostra che di tutti i club che gareggiano Champions solo cinque sono almeno in equilibrio di finanziario. Il resto perde soldi”.
Infine, alcune idee per limare tale disparità tra i club: “Manteniamo l’idea che non possano spendere più del 55% del loro budget agli ingaggi. Vogliamo anche vietare i trucchetti di alcuni club con contratti di sponsorizzazione gonfiati. Il calcio può offrire più intrattenimento ai suoi tifosi e mettere in atto regole finanziarie che gli impediscano di spendere più di quanto genera”.
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