Il trasferimento di Nicolò Zaniolo, il lavoro di Tiago Pinto ma prima anche la storia di Antonio Cassano: ora la Roma guarda oltre
Nicolò Zaniolo è ormai affare del Galatasaray. La Roma pare – almeno questo sembra da fuori – aver scelto la strada di compattarsi evitando strascichi e polemiche.
La conferenza di Tiago Pinto ha concesso solo un quarto di fianco (nemmeno uno intero) alla polemica. Il gm della Roma ha preferito quasi far passare l’assioma “i calciatori sbagliati sono errori miei”, una frase detta probabilmente per caricaturizzare un sentimento piuttosto diffuso tra i suoi detrattori o per lo meno tra coloro che forse lo vorrebbero più confidenziale nel rapporto quotidiano. Ci sta, ci sono suoi colleghi inclini allo scambio, all’ammiccamento, fino alla telefonata diretta magari a interlocutori specifici di cui si può arrivare anche a disconoscere il nome o l’esistenza.
Tiago Pinto, che i suoi errori li ha fatti (c’è qualcuno che ne è esente? solo per chiedere…) non riesce proprio ad attagliarsi su certi cliché. Ma può essere questo l’unico particolare da cui si giudica un direttore? La risposta è no, come probabilmente non può bastare sentirsi dire (è opinione piuttosto diffusa) che, al netto delle competenze non sempre riconosciute da chi si interfaccia con il portoghese (e anche questo può starci), si possa tracciare un denominatore comune lungo la linea della sua correttezza e della sua linearità nei comportamenti, queste qualità sì accordate da tutti (o quasi). Una cosa, quest’ultima, che stonerebbe con la litania della promessa fatta a Zaniolo sul rinnovo, aspetto ampiamente chiarito in conferenza su domanda diretta. Che ci fosse un confronto sì, che sia stato garantito qualcosa non risulta.
Dicevamo del quarto di fianco prestato ad alzare un po’ di polemica nella vicenda tra la Roma e Zaniolo da parte di Pinto. Alla fine è la frase più ripresa anche dai social, quella che ha creato uno scatto di orgoglio nel tifoso romanista: se voglio guadagnare di più e poi mi cercano solo Bournemouth e Galatasaray, allora o sono scarso io, o qualcosa non va (non è la riproduzione fedele del virgolettato). Talmente immaginava di muoversi su uno specchio scivoloso, il gm, che ha pronunciato questa frase rivolgendola a se stesso e non a Nicolò Zaniolo. E tutto il discorso (la lingua italiana vive di inflessioni e di sguardi o gestualità collegate che un portoghese non può avere) non mirava certo a svilire i due club con cui la Roma sieda seduta a trattare. La storia del Galatasaray, per dirne una, nessuno la disconosce: dopodiché tutti sanno che oggi appartenere ad un mercato di prima fascia significa essere sul taccuino (o nel pc) di Real, Barça, Chelsea, City, Bayern e Psg. E’ parso un discorso che più che svilire due presenze volesse sottolineare quelle cinque-sei assenze nel mercato degli acquirenti per Nicolò. Ma alla prossima occasione, se forse uno chiedesse al gm della Roma quale passaggio cancellerebbe della conferenza di due giorni fa, la probabilità che possa indicare quello che ha infiammato i tifosi sarebbe alta.
Detto questo il fatto che Mourinho non parli prima della partita con il Lecce sicuramente può essere indice di una diversità di vedute con il suo dirigente. Magari qualcosa in meno di una guerra senza esclusione di colpi: ma dibattito interno sì (altra domanda per chi legge? non ne risultano di vedute divergenti in altri club?).
Non trasformare una eventuale contrapposizione in qualcosa di pubblico sarebbe magari un grande atto di compattezza verso un obiettivo: che poi potrà portare Mourinho a compiere qualsiasi libera scelta voglia mettere in campo per il futuro. Altrimenti c’è persino un altro risvolto della medaglia. Avendo Pinto ammesso che avrebbe voluto di più dal mercato e che non è soddisfatto in cosa il tecnico dovrebbe divergere? E’ esattamente il suo pensiero. Quindi meglio per tutti pensare di provare a vincere a Lecce e difendere un piazza che oggi significa Champions. Poi guardi la classifica e ti accorgi che può servire poco per ritrovarsi sesti, visto quanto è esiguo lo spazio di punti con chi è dietro. Dunque, meglio pedalare.
Pensierino finale: nel 2006 (guarda un po’, era gennaio) un signore di nome Antonio Cassano senza aspettare la fine del mercato passò al Real Madrid per 5 milioni di euro che potevano essere i vecchi 10 miliardi di lire. Quattro anni e mezzo prima la Roma lo aveva pagato 60 miliardi (c’erano ancora le lire, sì). Zaniolo lascia la Roma esattamente dopo lo stesso tempo, esattamente alla stessa età di Cassano. Erano molto simili anche le condizioni ambientali. Solo che quello di Cassano era inevitabilmente un altro calcio. Innegabilmente più opulento. Zaniolo, preso a 4,5 milioni e con due infortuni al ginocchio che probabilmente sono l’agente esterno causa dell’avvelenamento di tutta questa storia, va via per 16,5 milioni (o 15, lasciamo pure in piedi il giallo dei due comunicati), più 13 di bonus (la metà quasi in tasca), più 2 se dovesse partire per una cifra uguale o superiore a 20 milioni, più il 20 per cento della differenza tra pagato e rivenduto. La domanda è: è stato rivenduto peggio quel Cassano o questo Zaniolo?
Piero Torquati
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