Simone Inzaghi si gioca il futuro sulla panchina dell’Inter in vista della prossima stagione. Porto e Juventus crocevia da non sbagliare per l’allenatore piacentino
“So chi muove certe critiche e so anche il perché”. Dette così le parole di Simone Inzaghi alla vigilia di Porto-Inter sanno un po’ di resa dei conti.
E, inutile negarselo, questo è il clima che si respira mentre le ultime cinque giornate di campionato, culminate con l’inatteso ko contro lo Spezia, hanno portate solo due vittorie, altrettante sconfitte e in pareggio. Un bilancio non da Inter, inutile girarci troppo intorno. Se il secondo posto è ancora lì, con le certezze slabbrate dalle inseguitrici racchiuse in tre punti, è proprio e solo perché il Milan e la Lazio hanno pareggiato con Salernitana e Bologna e la Roma ha addirittura perso in casa con il Sassuolo. E non è stato il primo atto di clemenza del trio che incalza la squadra di Inzaghi.
La società nerazzurra finora ha costruito un quadrato attorno all’allenatore che non è mai sinceramente parso granitico e troppo convinto. La stagione insegna come ci siano stati passaggi critici che Simone ha “risolto” con le partite secche, la sua specialità. La falsa partenza di inizio stagione, con tanti scontri diretti pesi, è stata spazzata via dal 2-0 contro il Barcellona in Champions, un risultato dal valore simbolico ed emozionale non trascurabile. Alla crisi pre sosta Mondiale, con la sconfitta in casa della Juventus, è arrivata alla ripresa la Supercoppa italiana vinta spazzando via i cugini del Milan: altra vittoria con un valore doppio all’interno.
Ora siamo al gran finale e davvero non si può più sbagliare. Riecheggiano le recenti parole dell’ad Marotta che proteggendo formalmente il tecnico ha aggiunto quel “però tutti sanno, anche lui, che vogliamo di più”. Il di più è tutto, o almeno molto, nel doppio passaggio di questa settimana, stasera a casa del Porto di Conceiçao, in uno stadio bollente, per giocarsi il passaggio ai quarti di Champions con il vantaggio di un gol. E domenica sera al Meazza contro la Juventus, in quel derby d’Italia che contiene la sfida di sempre, un altro passaggio chiave per mantenere la piazza nobile d’Europa per la prossima stagione, e anche la voglia di riscatto dopo la sconfitta dell’andata.
A Oporto ci sarà Zhang, una presenza che in qualche eserciterà una sorta di pressione ambientale sul momento, sull’ambiente, la squadra, l’allenatore, tutti. I quarti sono un obiettivo considerato irrinunciabile dal club per come si sono messe le cose. Perché non va dimenticato che in campionato, al netto della marcia pazzesca del Napoli, l’Inter aveva cominciato con altre ambizioni, anche con l’idea di vincere un anno dopo lo scudetto del Milan, che la dirigenza nerazzurra – questo si sussurra senza averlo mai esplicitato – ha considerato un’altra occasione sfruttata male (si dica pure persa): in più con l’onta sportiva cittadina. Stasera il Porto e tra cinque giorni la Juventus. Ora, il passaggio del turno stasera potrebbe lenire qualche dolore e malumore sparso, ma se ciò non accadesse e la partita di domenica sera dovesse aggiungere delusione (non si tratta di fare i menagramo, ma di analizzare i vari scenari possibili all’interno di un momento che evidentemente mostra criticità) a quel punto capire esattamente cosa accadrà non è facile da adesso.
Tradotto: ovvio che l’ideale di fronte ad un capitolo da chiudere sarebbe arrivare a giugno e trattare per transare l’anno in più che resta di contratto. Non si può però escludere che sull’onda emotiva possa prevalere la linea di un clamoroso addio anticipato, andare a pescare la soluzione interna (Chivu?) per le ultime gare della stagione. Senza però correre troppo, ora l’Inter deve immergersi dentro questi cinque giorni in cui camminare sul filo può voler dire rischiare il vuoto o piroettare sopra quel filo fino al traguardo. Il futuro, prossimo e oltre, è tutto qui.
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