La flessione di Marco Verratti dal difficile momento al Paris Saint-Germain fino alla Nazionale: la sua situazione e il possibile futuro
Non è un’eclissi, ma è certamente una fase forse troppo prolungata di penombra quella che Marco Verratti sta vivendo. E che dal PSG si riverbera sulla Nazionale: l’ultima prova è arrivata da Napoli, giovedì scorso, nella sconfitta contro l’Inghilterra.
Ma l’origine del tutto è lì dove invece le fortune del centrocampista abruzzese sono arrivate, undici anni, nella Parigi degli Emiri che in questa stagione guida la Ligue 1 (quello ormai quasi non conta, tanto lo si dà per scontato), ma cede il passo nuovamente in Champions League, tanto da considerare il tecnico Cristophe Galtier già alla porta. Ebbene, i mugugni del tifo parigino, e non da questa stagione ma dalla scorsa, comprendono anche il regista italiano con cui qualcosa deve essersi rotto.
Eppure era stato grande amore a prima vista, mentre l’Italia rifletteva timida sul ragazzino di Pescara per il quale l’avvocato Di Campli tesseva rapporti con la Juve, la Roma, il Napoli, fino poi a trovare la strada maestosa degli Champs-Élysées. Verratti non aveva vent’anni e il PSG investì 12 milioni mettendogli sulle spalle la maglia numero 24. Da allora sono stati undici anni che lo hanno portato dentro la storia del club, in cui rimane a dispetto dei mugugni della gente: quando sei il giocatore più rappresentativo diventa inevitabile che le insoddisfazioni per gli inciampi della squadra. Parliamo soprattutto della dimensione internazionale in cui questo PSG stellare ha lasciato a desiderare se si buttano gli occhi sulla bacheca piena zeppa di trofei nazionali, dove vincere, al cospetto dello strapotere finanziario rappresentato era ed è quasi un obbligo.
Verratti ad oggi è il giocatore con il maggior numero di trofei vinti nel PSG (sono 29) e tra questi detiene anche il record per le Ligue 1 (otto), le Coppe di Francia (sei, come Marquinhos), le Coppe di Lega francese (sempre sei, e qui il pari merito è anche con un altro centrale brasiliano noto in Italia, Thiago Silva) e le Supercoppe di Francia, che sono nove. Gli manca un trono, quello che conta di più: è a 28 presenze dall’eguagliare le 436 di Jean Marc Pilorget, il difensore che vestì la maglia del Paris tra gli Anni ’70 e gli Anni ’80.
Era tutto un altro PSG, Pilorget dovette accontentarsi di un campionato e due Coppe di Francia in 13 stagioni (due più di Marco). Per sedere su questo trono Verratti dovrà necessariamente sgombrare il campo dalle nubi sul futuro, che ora lo vede titolare di un contratto fino al 2026 e quindi apparentemente in sicurezza.
Non basta quel “sono felice a Parigi” con cui l’altro ieri ha voluto calmierare un po’ l’aria. Bisognerà veramente capire cosa accadrà al PSG. E bisognerà saper leggere anche il mercato di Verratti che oggi non sembra così “vivo” come, per dirne una, nell’estate del 2016, quando il Barcellona sembrava fare molto sul serio e alla fine Parigi si presentò con la megaofferta della vista per andare avanti insieme. Così fu era lì in po’ cambiarono progressivamente anche le scelte che il giocatore maturò per farsi rappresentare, virando dal suo manager storico che lo aveva cresciuto alla scuderia del compianto Mino Raiola. C’è da dire che se davvero Verratti dovesse muoversi è facile pensare che quel mercato sopito avrebbe un risveglio, da valutare di quale caratura. Certo è che la flessione vista nelle dinamiche del club (dove sta vivendo una stagione tra qualche stop fisico e un bel po’ di nervosismo confermato da cartellini rossi e gialli sparsi) si è riverberata anche sull’Italia che avrebbe invece bisogno del miglior Verratti. Servirà ritrovarlo presto: ne ha bisogno Mancini per il cammino nella qualificazione europee e con lui il PSG per continuare a tenere a distanza in campionato l’OM (ora a sette punti) nella dieci partite che mancano alla fine.
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