Intorno ai due club regna ancora grande incertezza sulla costruzione di un nuovo stadio di proprietà
Dopo l’incontro andato in scena settimana scorsa a Palazzo Marino tra i vertici del Milan e il sindaco Beppe Sala, il club rossonero ha palesato la propria volontà di costruire uno stadio di proprietà nella zona di La Maura, abbandonando definitivamente l’idea di condividere il nuovo impianto con l’Inter.
Allo stesso tempo il club nerazzurro, che non ha mai realmente abbandonato l’ipotesi di un nuovo stadio nell’area di San Siro insieme ai cugini rossoneri, sta comunque valutando altre possibilità. Su tutte, nell’area di Assago al confine con Rozzano. Del nuovo impianto di proprietà si è discusso ancora questo pomeriggio con l’esperto Marco Bellinazzo in diretta su Calciomercato.it in onda su TV Play.
Queste le riflessioni del giornalista: “E’ un problema che si è presentato a Firenze ma che si ripete ovunque, anche a Milano. Non so dove si siano arenate le trattative per uno stadio privato della Fiorentina. La complicazione e la difficoltà nel costruire stadi in Italia dimostra la difficoltà degli enti locali ad agire, anche per timori di abusi di ufficio. Non dico che uno stadio vada fatto obbligatoriamente nel luogo designato dal club, ma in un Paese serio quando un’azienda propone un progetto deve ricevere una risposta in tempi ragionali, al massimo due anni. Non si può accettare la melina. Inter e Milan hanno perso quattro anni senza ricevere una risposta, questi due club perdono rispettivamente una cinquantina di milioni all’anno a testa“.
Bellinazzo, facendo riferimento anche al caso Fiorentina, ha ricondotto i problemi dei club italiani ad un problema strutturale del nostro paese.
Così l’esperto ha chiuso il suo intervento: “Quello degli stadi è un problema strutturale di questo Paese che fatica a fare le cose serie. Mi sembrava un paradosso investire fondi pubblici per gli stadi, si è rinunciato a risorse dei privati spendendo soldi dei contribuenti. Servono nuovi impianti. Sono passati davanti al Flaminio, che ha una matrice importante ma siamo al 2023. Le società non possono essere ostaggio di Comuni e di strutture vetuste. Gli impianti vanno visti nella funzionalità, non nel valore storico. Se ci sono vincoli architettonici, gli stadi andrebbero anche demoliti e poi ricostruiti”.
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