Monchi, direttore sportivo del Siviglia, analizza la sfida di Europa League e ripercorre i suoi anni alla Roma
Monchi ritrova la Roma in una finale di Europa League, l’habitat naturale del suo Siviglia, proprio dove desiderava: “Se m’avessero chiesto un avversario, avrei scelto i giallorossi”. Il dirigente spagnolo ha concesso una lunga intervista ad alcuni media italiani, tra i quali Calciomercato.it, nella quale ha ripercorso i suoi anni in Italia. Lo ha fatto senza alcun rancore e, anzi, sottolineando più volte la gratitudine per aver potuto vivere l’esperienza nella capitale italiana, che, come lui stesso ha ammesso, ha capito “troppo tardi”.
Monchi, cosa significa per lei giocare una finale di Europa League contro la Roma?
“Innanzitutto sono contentissimo perché la mia squadra, al termine di una stagione complessa, ha raggiunto questo traguardo. Abbiamo sofferto quest’anno e nessuno se lo aspettava. Se poi m’avessero chiesto con chi giocare una finale d’Europa League avrei detto la Roma, senza dubbio. Sono contento due volte. È una partita bellissima, nella quale riaffiorano tanti ricordi vissuti nella capitale, ma la mia testa è ovviamente al Siviglia”.
C’è qualcosa che non rifarebbe della sua avventura giallorossa?
“Sono passati quattro anni, ho avuto tempo di riflettere e so che ho sbagliato alcune cose, non ho problema ad ammetterlo, ma anche qui a Siviglia ho sbagliato. Alcune cose non le rifarei, ora però so di più come è Roma, com’è il suo ambiente, la sua stampa… Ho provato a fare il meglio, ma dovevo capire meglio cosa fosse la Roma”.
Cos’è cambiato rispetto alla sfida del 2020?
“Le squadre sono cambiate ed è diverso il momento. Fu una stagione complessa per la pandemia, ma quando ricominciarono le competizioni il Siviglia era un treno. Quella attuale è una stagione non peggiore, né migliore, ma diversa. Le due squadre sono a un livello simile. Favoriti? Dopo la Roma…”.
Quando è andato via, disse che ‘non aveva potuto fare il Monchi’…
“Non sono stato al 100% nel mio modo di essere. Non a causa degli altri, ma a causa mia. Mi mancava un po’ di tempo, un po’ di conoscenza del contesto per essere me stesso. Ma non fu responsabilità di nessuno: al 95% la colpa è stata mia. Non ho trovato la strada giusta per tanti motivi, non ho capito bene cos’era Roma, forse oggi sarebbe più facile”.
Ha mantenuto dei rapporti a Roma?
“Certo. Una delle cose che mi fa più piacere è questa, avere ancora oggi rapporti con tante persone che erano vicine a me ed altre che non lo erano. Una volta terminata la gara con la Juve, al di là della rivalità tra bianconeri e giallorossi, ho ricevuto tanti messaggi di sostegno. Delusioni? No, guardo sempre avanti. Se qualcuno ha deciso di non avere rapporti, sarà perché ho fatto qualcosa di male io”.
C’è qualcosa nella Roma di oggi che trova di suo?
“La Roma è troppo grande per pensare o dire qualcosa del genere. La seguo tanto e non da adesso, sin dal giorno in cui sono andato via. È difficile trovare una partita dei giallorossi che non ho visto…”.
Ha vissuto momenti complessi sia a Roma che a Siviglia: qual è stata la differenza nell’approccio alle difficoltà tra i due club?
“Il tempo è fondamentale nella vita e nel calcio. Qui mi aspettano, perché abbiamo vissuto insieme 19 finali e vinto 10 trofei, quindi è normale che abbiano fiducia, ho una storia. A Roma era più difficile, perché quando arrivai pensarono che fossi qualcuno che faceva gol, parava… Capisco la delusione, era una situazione diversa. Al Siviglia ci sono arrivato nel 1988, sono ormai 35 anni. Qui se sbagli hai tempo per tornare indietro e trovare la strada, e capisco che a Roma non sia così. Quest’anno eravamo in una situazione difficilissima, ma andavo per strada con i miei cani senza problemi”.
Cosa pensa di aver fatto realmente bene in giallorosso?
“Non mi piace dire cosa ho fatto bene, la cosa importante è poter dire che ho lavorato con la più grande onestà possibile, è quello che mi fa dormire sereno la notte. Ci sono stati due momenti: la prima stagione è andato tutto benissimo, la seconda è stata peggiore. Nella prima stagione abbiamo vissuto momenti stupendi, quando andavo per strada, al ristorante, in trasferta a Barcellona, col Liverpool, la notte col Barça nella quale trovai tanti tifosi ad aspettarmi a casa per festeggiare… Sono momenti che porto nel cuore. Dopo le cose non sono andate bene. Il momento più bello è stato forse proprio quello, quando ho trovato alle 2 di notte tantissimi tifosi ad aspettarmi a casa dopo la vittoria col Barça. Portare felicità ai tifosi è la cosa più importante per chi lavora nel calcio”.
Quest’anno avete cambiato addirittura tre allenatori, molto diversi tra loro. A Roma sarebbe stato possibile?
“Avevamo deciso di continuare con Lopetegui perché il percorso era stato bello, interessante. Una volta che avevamo scelto di cambiare avevamo individuato Sampaoli, mentre Mendilibar arriva perché cercavamo un tecnico convinto di conoscere la situazione reale del Siviglia. È proprio questo ciò che è mancato a Sampaoli, capire che il Siviglia non guardava sopra, ma sotto… Mendilibar conosceva questo aspetto”.
Crede di aver ricevuto critiche esagerate da Pallotta?
“Ognuno è libero di pensare ciò che vuole, sono grato a Pallotta per avermi portato alla Roma. Sono una persona positiva e grata, ho vissuto due anni bellissimi e non posso mai parlare male di una persona che mi ha scelto per un club così grande. Ognuno penserà che potrei aver fatto meglio, o peggio. Ho vissuto 37 anni nel calcio, giocato 19 finali, non so quanti direttori sportivi possono dire una cosa del genere lavorando in un club come il Siviglia”.
È vero che a Roma sia così difficile lavorare?
“Roma è un grande club, e in tutti i grandi club il tempo è poco, non aspettano nessuno. È un club più grande di quello che pensano all’esterno, ha un’enorme tifoseria, tanta stampa… È difficile”.
Pellegrini è arrivato con lei, ora è capitano.
“Sono contentissimo per Lorenzo, perché merita la situazione che sta vivendo. È romanista ed ha dovuto lasciare il club per tornarci, sono felicissimo per lui”.
Avrebbe scelto Mourinho?
“È un allenatore top per un club top, certo che poteva essere una mia scelta. L’anno scorso ha vinto la Conference e ora vive un’altra finale, è un grandissimo percorso”.
Che percezione ha dei Friedkin dall’esterno? Avrebbe preferito una dirigenza presente come questa?
“Posso solo parlare bene di Pallotta, mi ha portato alla Roma e non dirò mai una sola parola negativa di lui, lo ribadisco”.
A tutto Monchi: Pallotta, Totti, Pastore, Dybala…
Conosce come gioca la Roma?
“Oggi abbiamo tanti dati, tante analisi, e tutti conoscono come gioca l’avversario. Per me è più importante, con l’esperienza di tante finali, che il Siviglia faccia il Siviglia, al di là della Roma. Abbiamo eliminato Juve e Manchester perché siamo rimasti noi stessi, conta quello. Non sappiamo cosa preparerà Mourinho, ma conta di più rimanere noi stessi”.
Si aspettava quest’epilogo tra Zaniolo e la Roma? È vero che a gennaio ci ha pensato per il Siviglia?
“Non abbiamo pensato a prendere Nicolò, per niente, non abbiamo il livello economico per portarlo qui. È un giocatore fortissimo, ma mi mancano dati per capire cosa sia successo. Continuo a pensare che sia un giocatore fortissimo che abbia ancora un grande percorso davanti, vista la sua età, ma non posso dire che la scelta sia stata giusta o meno”.
Crede che il calcio italiano stia rinascendo?
“I fatti dicono di sì, è il paese che ha portato più squadre nelle finali europee, dunque qualcosa di buono è stato fatto. In Spagna si parla di ‘donchisciottismo’ quando non parliamo bene di noi stessi, dovete invece esserne orgogliosi, il percorso è stato ottimo. Penso che le tre squadre possano alzare il trofeo, o magari nessuna, ma credo abbiano possibilità. L’Inter sta facendo benissimo, ha anche vinto la Coppa Italia. Tutti pensano che stravincerà il City, ma fanno male a pensare che i nerazzurri non giocheranno la loro gara. Hanno tanti calciatori con grande esperienza”.
Ricevette critiche per non avere un piano B rispetto a Di Francesco, quest’anno al Siviglia ha avuto il piano B e il piano C…
“Avevo tanti piani, è il mio lavoro, ma io credevo che fosse giusto continuasse Di Francesco. Non possiamo dimenticare i suoi inizi, partirono Salah, Rudiger, Paredes, Mario Rui… E lui non disse niente, ha lasciato lavorare tutti e ha portato la Roma in semifinale di Champions. Non aveva dimenticato come si allenava, aveva bisogno di fiducia. Pensavo che dovesse finire la stagione e la società aveva idee diverse”.
Qual è il segreto delle sei finali vinte dal Siviglia?
“Nessuno vuole questa competizione come noi, e quest’anno è un’esempio chiarissimo. Tre mesi fa tutti ci dicevano di dimenticare l’Europa League e di pensare al campionato perché si rischiava la Serie B. Noi non l’abbiamo fatto, abbiamo continuato a lottare per giungere fino alla finale. È una competizione speciale per noi, ci ha fatto crescere, c’è una sintonia che ci aiuta, l’ambiente che c’è allo stadio è diverso quando giochiamo l’Europa League, ha una magia speciale perché è quella che ci ha portato le gioie più grandi. Ogni volta che siamo arrivati ai quarti, siamo arrivati in finale e l’abbiamo vinta. Solo il Real Madrid in Champions ha vissuto qualcosa di simile”.
Immagina di vivere una nuova esperienza fuori dal Siviglia?
“Oggi ho la testa qui, ma c’è qualcosa in me che mi fa pensare che un giorno potrei andare altrove, e fare quello che ho fatto qui da un’altra parte. Non so se lo farò. Ormai sono un po’ vecchio, non so se avrò la forza o la voglia di andare fuori. Ma qualcosa che mi manca, hai ragione”.
Sabatini disse che alla Roma si lavorava male perché c’erano tre centri di potere: Roma, Londra e Boston. Ha avuto lo stesso problema?
“Sarebbe facile per me, oggi, dire che non mi hanno lasciato lavorare, ma non è vero, non sarebbe giusto. Sono troppo sotto rispetto a Sabatini, che è un top e ha lavorato tanto alla Roma, e rispetto la sua opinione”.
Che esperienza ha avuto con Totti?
“Come calciatore l’ho vissuto solo due mesi. Ne posso solo parlare bene: mi ha aiutato tanto, mi ha messo al suo fianco. Abbiamo vissuto le trasferte insieme, sono stato tante volte a casa sua… Francesco è Francesco, per la Roma è tutto e deve decidere cosa vuole fare”.
Uno dei suoi acquisti più criticati fu quello di Pastore…
“Non mi sembra giusto parlare di un singolo. A Roma ho sbagliato, ma ho sbagliato anche qui a Siviglia. È difficile non sbagliare mai. Ho sbagliato, punto”.
Si parla di Luis Enrique e Benitez per prendere l’eredità di Spalletti a Napoli. Cosa ne pensa?
“Sono due tecnici diversi, non so chi voglia De Laurentiis. Rafa conosce già Napoli ed è nella fase finale della carriera, Luis Enrique ha ovviamente più tempo davanti ed ha vissuto già un’esperienza in Serie A. Sono due profili interessanti, l’asturiano è quello più vicino alle idee di Luciano, anche se non so come sarà la squadra l’anno prossimo”.
Cosa pensa del percorso di Spalletti, che lei tentò di tenere alla Roma, con gli azzurri?
“Non mi ha sorpreso. Luciano è uno degli allenatori più forti che ho conosciuto e volevo che restasse a Roma, ma lui aveva già deciso di andar via. Lo scudetto è stato meritatissimo ed un premio giusto al lavoro del mister”.
Si attende una finale con una Roma più difensiva e un Siviglia all’attacco?
“Se guardiamo le partite precedenti potrebbe essere così, ma anche noi non portiamo tanto palla, magari la terrà l’arbitro… (ride). Le italiane sono cambiate rispetto al passato, mi aspetto una gara nelle quale entrambe avranno grande rispetto dell’avversario e sarà importante non fare errori”.
È tornato a Roma da quando lasciò il club?
“Non ne ho avuto la possibilità, ma spero di farlo. Al di là della Roma, mi manca la città, che è bellissima. Purtroppo i direttori sportivi non hanno tante vacanze”.
Qual è stato il momento che ha cambiato la storia del Siviglia negli ultimi anni?
“Il gol di Antonio Puerta è stato quello che c’ha cambiato la vita, prima di quel gol non eravamo mai arrivati a una semifinale europea. Quel 27 aprile cambiò tutto. Abbiamo vissuto momenti magici, ma il momento chiave è quello di Puerta, tutti i sevillisti sono d’accordo”.
Dybala forse non giocherà la sfida.
“È un grande calciatore che merita di giocare, con lui la finale sarebbe ancora più bella. Non so quale sarà il suo momento di forma, ha giocato tante gare di questo livello. Il suo 20% è il 60% di altri giocatori…”.
Il club sta facendo grandi sforzi per aiutare i tifosi ad essere in finale.
“Siviglia è lontana, non ci sono tanti aerei. Stiamo cercando di aiutarli, e alla fine credo che sarà la finale con più tifosi del Siviglia allo stadio, superando i 12.000 di Eindhoven. Sono alla ricerca di aerei, proviamo a risolvere questo problema perché i nostri sostenitori hanno sofferto quest’anno, meritano di essere a Budapest”.