Mourinho ha mandato un messaggio chiarissimo alla società: servono investimenti in dirigenza ma non solo. E con un’offerta all’altezza l’addio non è da escludere
DA BUDAPEST – Jose Mourinho perde la sua prima finale europea in carriera. Dopo cinque successi, alla sesta si spezza l’incantesimo davanti a quello del Siviglia che invece è ancora intatto. Una beffa contro il grande ex Monchi, che invece può alzare al cielo la settima Europa League per il Siviglia.
Oltre alla delusione enorme, però, ieri sera lo spazio e l’attenzione se l’è presi come spesso accade proprio Jose Mourinho. Ci si aspettava una linea nel postpartita, qualche annuncio, forse un addio come successo con l’Inter 13 anni fa. E l’annuncio in realtà c’è stato, che è stato più che altro un messaggio alla società, per non dire una stilettata. Per certi versi un ultimatum, quello dato in conferenza stampa – che potete rivedere integralmente sulla pagina Facebook di Calciomercato.it – dallo Special One. “Voglio restare, ma a certe condizioni”, ha detto il portoghese. Che è stato molto chiaro: “I miei giocatori e io meritiamo di più. Sono stanco di dover essere così tanto, allenatore, uomo comunicazione, di metterci la faccia. È il momento di parlare con la società”. Dopo una ‘tregua’ di qualche settimana, Mourinho è tornato a chiedere a gran voce un incontro ai Friedkin, che dalla loro hanno un contratto fino al 2024. Il portoghese vuole garanzie, evidentemente non solo tecniche. Serve una società e una dirigenza più strutturata, il solo Tiago Pinto non basta. Serve avere una potenza comunicativa e organizzativa capillare, radicata, con ruoli specializzati. Non dei quadri dirigenziali così snelli, con la Ceo Souloukou che ha un incarico più strettamente istituzionale.
C’è bisogno di una figura forte che tolga qualche incombenza a Jose, non perché lui non sia in grado. Al contrario. Ma perché, per Mourinho, è giusto così. E chissà che non possa essere quel Francesco Totti che con l’attuale società sta stringendo un rapporto sempre più solido. E non a caso ieri era pure in campo durante il riscaldamento. Lui ha il carisma di metterci la faccia, di fare anche da raccordo tra le parti.
E lo farebbe per il bene della Roma. Ideale. Ma non guasterebbe anche una figura di respiro ed esperienza internazionale. Poi ovviamente, e non che sia un aspetto secondario, servono investimenti sul mercato. “So che è paradossale, ma non siamo in Champions e dico per fortuna. Perché non siamo pronti”, ha aggiunto il portoghese. Ma senza i 50 milioni dell’Uefa per la qualificazione in Champions è durissima fare un mercato all’altezza. Perché la Roma resta ancorata ai paletti del FFP, ha i riflettori puntati e se sbaglierà pagherà una multa salatissima. Per cui si andrà avanti necessariamente a parametri zero, un po’ come lo scorso anno. Altrimenti si dovrà cedere.
Da Ibanez ad Abraham passando per Spinazzola: nessuno è al sicuro. In primis bisognerà trattenere i big come Matic (rinnovo già scattato), Smalling e soprattutto Paulo Dybala: “Non è vincolato a me, è un giocatore della Roma non di Mourinho”, ha chiarito in conferenza lo Special. Se lui resterà ci sono possibilità che anche i campioni giallorossi si leghino ancora a Trigoria. Arriverà Aouar, magari anche Ndicka. Mou vorrebbe 25 giocatori dello stesso livello (come quelli del Siviglia, dice lui) per competere e riprovare l’assalto all’Europa League e soprattutto ritrovare la Champions. Certo, poi c’è la questione offerte. Di proposte ufficiali non gliene sono arrivate, ma se un’altra big europea dovesse contattarlo in maniera concreta, senza tutte le rassicurazioni dai Friedkin, il messaggio è chiaro. E sarebbe pronto a svuotare l’armadietto a Trigoria. Perché, per dirla alla Inzaghi, per sciogliere i contratti ci vogliono 3-4 giorni mentre a contare sono garanzie e fiducia.
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