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Diritto di recompra nel calcio: che cos’è e come funziona

Il diritto di recompra è entrato nel calcio italiano negli ultimi anni, caratterizzandosi in modo ben preciso. La guida per capire cos’è.

Firma del contratto (Pixabay) – calciomercato.it

Il mondo del calcio ci ha abituato non soltanto all’utilizzo di termini tipicamente legati a ciò che accade durante le partite, ma anche a parole legate ad altri ambienti quale ad es. quello dei giuristi. D’altronde, in questo sport esistono i procuratori sportivi, che di leggi e contratti hanno comunque una conoscenza più o meno ampia, e proprio sul piano dei contratti dei giocatori vi sono meccanismi che meritano qualche chiarimento – anche perché sono spesso citati nelle notizie di calciomercato.

Pensiamo al diritto di recompra in particolare. Ebbene, nel contesto del gioco del pallone il “diritto di recompra” sottintende un accordo contrattuale tra due club, in cui un uno dei due cede un giocatore ad un altro club, ma si riserva il diritto di riacquistarlo in una fase successiva. Di fatto è un’opzione, che rientra pienamente nelle scelte discrezionali tipiche di ogni contratto e non soltanto di quelli di ambito calcistico. Vediamo meglio come funziona, per sgomberare il campo da possibili dubbi.

Come funziona il diritto di recompra nel calcio?

Il termine ‘recompra’ proviene dalla lingua spagnola, ed infatti proprio il ‘diritto di recompra’ è una formula nata in territorio iberico e nelle operazioni di calciomercato svolte in quel paese. Dal 2018 però il diritto di recompra si trova anche nelle trattative del calciomercato del nostro paese, andando a sostituire la superata ‘comproprietà’.

Di fatto la recompra – dicevamo – altro non è una delle tante ‘opzioni’ che possono essere esercitate, o meno, nell’ambito delle trattative e contratti con i calciatori. La recompra prevede in pratica il riacquisto dell’atleta ed è vero che, negli ultimi anni, lo strumento ha accompagnato la bolla delle plusvalenze – in quanto coinvolgono operazioni di mercato che comportano la facoltà di ricomprare un calciatore inizialmente ceduto.

Il diritto di recompra può essere anche inteso come un patto di restituzione, che si concretizza perché il venditore si riserva il diritto di recuperare ciò che ha venduto, chiaramente con l’ulteriore pagamento.

Tipicamente la clausola di recompra richiede alcune condizioni ‘di garanzia’ del buon funzionamento del meccanismo. Ad es. nell’accordo tra i club deve essere previamente indicato il corrispettivo pattuito per l’esercizio del diritto di recompra. Questa è una condizione fondamentale che non deve mai mancare. Al contempo non dovrebbe mai mancare la previsione per cui la clausola relativa al diritto di opzione deve essere firmata dal calciatore stesso con accettazione espressa delle conseguenze legate all’esercizio, o meno, di questa opzione (ovvero la permanenza nella squadra dove si trova o il ritorno in quella precedente).

La norma ufficiale FIGC dal 2018

C’è voluto un po’ di tempo prima che nel 2018 la FIGC riconoscesse ufficialmente il diritto di recompra in una norma ad hoc. Infatti  con l’introduzione del comma 4 dell’articolo 102 delle Noif (norme organizzative interne federali), la nostra Federcalcio ha riconosciuto il diritto “a favore della società cedente al fine di attribuire a quest’ultima la facoltà di riacquisire a titolo definitivo il diritto alle prestazioni sportive del calciatore trasferito“.

Per questa via la FIGC ha così fornito un punto di riferimento normativo per quella clausola che consente ai club di poter riacquistare un giocatore, ceduto a specifiche cifre già stabilite.

Finalità del diritto di recompra: la crescita del giocatore

Perché esiste il diritto di recompra? E qual è la sua finalità? Ebbene l’accordo in oggetto è spesso stabilito al fine di favorire quel club che ritiene che un giovane talento potrebbe avere un futuro promettente, ma attualmente non può dargli sufficienti opportunità di gioco nella prima squadra. Si tratta di quelle situazioni tipiche in cui qualche talento è cresciuto nelle giovanili di un top club e vista la concorrenza che c’è in prima squadra, non può ancora ambire ad un posto tra i titolari. Andando altrove, e in particolare in una squadra meno importante, potrà trovare più spazio e far conoscere meglio le sue qualità.

Ecco perché quando un club cede un giocatore con la formula del diritto di recompra, viene tipicamente indicato:

  • un prezzo fisso;
  • una formula per il riacquisto del giocatore in futuro.

Detto prezzo o formula sono di solito dettagliati compiutamente all’interno dell’accordo tra i club e possono cambiare in base alle condizioni contrattuali specifiche.

Finalità del diritto di recompra: il ritorno agevolato nella squadra originaria

Il diritto di recompra permette al club venditore di controllare da vicino l’eventuale evoluzione del giocatore presso il club che lo acquista. Pertanto:

  • nel caso in cui l’atleta si sviluppi come previsto o comunque provi tutto il suo potenziale, il club venditore potrà ricomprarlo, esercitando il relativo diritto e riportando il talento nella squadra originaria;
  • il club acquirente non è però tenuto a priori a vendere poi il giocatore, a meno che ciò non sia specificato nell’accordo.

Chiaro che un accordo che implica il diritto di recompra può giovare ad ambo i club coinvolti. E ciò perché, ricapitolando:

  • il club venditore può ottenere un profitto dalla vendita iniziale del calciatore;
  • il club venditore può ricomprarlo ad un prezzo più basso rispetto al suo valore di mercato effettivo;
  • il club acquirente beneficerà del contributo del calciatore nell’ambito del periodo di trasferimento (temporaneo).

Prestito con diritto di riscatto e controriscatto cosa significa?

Se parliamo di diritto di recompra, non possiamo non considerare anche i simili ma diversi ‘diritto di riscatto’ e ‘diritto di controriscatto’. C’è infatti una sostanziale differenza tra essi, che merita qualche chiarimento.

Da notare tuttavia che il diritto di recompra e il prestito con diritto di riscatto o controriscatto consistono in due tipi di accordi tipici del mondo del calcio, i quali implicano la temporanea cessione di un atleta da un club all’altro.

Jorge Mendes, il più noto procuratore sportivo settore calcio al mondo (LaPresse) – calciomercato.it

Differenze tra i meccanismi

In comune i meccanismi appena citati hanno la facoltà di riottenere indietro un calciatore e riportarlo in rosa, ma ci sono differenze significative tra di loro. In sintesi:

  • con il diritto di recompra abbiamo che un club cede un giocatore ad un altro, garantendosi però l’opzione di riacquisto in un secondo tempo. Di fatto detto diritto di recompra è negoziato e fissato come parte dell’accordo di trasferimento, e dunque prezzo e formula per ricomprare il calciatore sono di solito fissati in anticipo;
  • nel prestito con diritto di riscatto, una società calcistica ‘cede’ temporaneamente un giocatore ad un altra società e, nell’ambito dell’accordo, è indicato un prezzo fisso per comprare definitivamente l’atleta alla fine del periodo di prestito. Il club che compra può appunto riscattare (acquistare) il calciatore al prezzo concordato alla fine del periodo di prestito. Ma nel caso in cui il club scelga di non sfruttare il diritto di riscatto, il giocatore tornerà al club di origine alla fine del prestito;
  • nel prestito con diritto di controriscatto non ci sono grosse differenze rispetto al punto precedente, tranne il fatto che il club che presta, insieme all’accordo su un prezzo fisso per l’acquisto definitivo del calciatore alla fine del prestito, ha anche il diritto di controriscattare (ricomprare) il giocatore al prezzo fissato in precedenza. In altri termini, se il club che ha ottenuto il giocatore in rosa, sceglie di avvalersi del diritto di riscatto, il club venditore ha il diritto – a sua volta – di controriscattare l’atleta allo stesso prezzo. Anche questa è dunque una opzione per reintegrare il calciatore in organico.

Differenze a livello di ricavi

Quello del diritto di recompra è perciò un concetto non così diverso dal prestito con diritto di riscatto e contro-riscatto, ma con una differenza sostanziale. Infatti la cessione a titolo definitivo assicura un ricavo maggiore – ed essendo di solito atleti cresciuti nel settore giovanile, anche una plusvalenza piena – da immettere subito nel conto economico della società. Si tratta di qualcosa che non è previsto nel prestito con riscatto.

Inoltre la società che compra un calciatore accettando una clausola di “recompra” a favore del cedente, ha la facoltà di generare una plusvalenza – rivendendo il giocatore al club di origine. Ed anche per questo la Federcalcio italiana ha espresso alcuni dubbi sull’opportunità di un’ampia diffusione del diritto di recompra, nel timore che ciò possa contribuire alla cd. bolla delle plusvalenze.

In conclusione, se è vero che il diritto di recompra attiene alla facoltà per il club venditore di riacquistare il calciatore in futuro, i due prestiti appena visti attengono all’opzione di acquisto definitivo del giocatore su iniziative del club acquirente alla fine del periodo di prestito, con la facoltà (eventuale) di controriscatto da parte del club venditore – laddove il diritto di riscatto sia esercitato.

Claudio Garau

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