Il Daspo sportivo è un provvedimento che serve a limitare la violenza negli stadi. Ecco quali sono le sue regole chiave e perché va temuto.
Lo stadio dovrebbe sempre essere un luogo di aggregazione e di condivisione della comune passione per il calcio, ma così non è. Talvolta infatti le frange violente della tifoseria utilizzano il luogo per compiere atti di violenza di vario tipo, causando l’intervento delle forze dell’ordine. Insomma non tutti coloro che si recano allo stadio, lo fanno in modo pacifico e c’è chi usa questo luogo come punto di ritrovo per compiere gesti potenzialmente rilevanti in ambito penale.
Al fine di impedire simili comportamenti o reprimerli sul nascere esiste una rete di controlli preventivi nell’impianto sportivo, ma anche un provvedimento che agisce ancor prima e limita alla fonte ogni possibile iniziativa lesiva del tifoso violento.
Ecco perché esiste uno specifico divieto che prende il nome di Daspo e che nel corso di questo articolo analizzeremo per capire come funziona, cosa dice a riguardo la legge, quali conseguenze ha e non solo. Vediamo insieme che cos’è.
Che cos’è il Daspo? Significato
Anzitutto un po’ di chiarezza sul significato di una sigla che non di rado si sente nominare nelle notizie di cronaca che ha a che fare proprio con episodi di vandalismo o aggressione nei pressi di stadi o al loro interno. Ebbene, Daspo, o D.A.SPO., è un acronimo che vuol dire letteralmente “Divieto di Accedere alla manifestazioni SPOrtive“.
Il Daspo è il frutto di una normativa espressamente prevista nel nostro paese al fine di combattere la violenza che può diffondersi in ipotesi di eventi sportivi. In Italia il calcio è seguitissimo e raccoglie negli stadi un gran numero di tifosi: proprio per questo di Daspo tipicamente si parla in riferimento a coloro che si recano a vedere una partita di calcio, ma con intenti non pacifici.
Chi subisce l’applicazione del Daspo, in buona sostanza si trova innanzi al divieto di accedere a partite di calcio per un certo lasso di tempo, perché ha commesso in passato gesti ritenuti pericolosi o lesivi per l’ordine e la sicurezza pubblica.
Legge Daspo, cosa dice la normativa?
La legge italiana su questo divieto si è sviluppata ed arricchita nel corso del tempo, ma la fonte originaria è in una legge del 1989, la n. 401 del 13 dicembre di quell’anno. Proprio negli anni ’80 infatti si iniziò a discutere seriamente di come reagire agli episodi di violenza negli stadi. Era il periodo in cui gli hooligans erano considerati una vera minaccia, perciò non mancarono provvedimenti mirati a garantire la tranquillità negli stadi.
Detta legge del nostro paese reca infatti ‘interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di manifestazioni sportive‘ – questo il suo titolo.
In particolare il testo rileva perché, grazie ad esso, il questore può disporre il divieto di accesso ai luoghi ospitanti le manifestazioni sportive e a tutti quei luoghi che riguardano il trasporto, il transito o la sosta delle persone che partecipano o assistono alle manifestazioni stesse.
Da notare che la disciplina originaria è stata modificata e riformata da più provvedimenti negli anni, in modo da un lato di garantire che la legge sul tema sia sempre al passo con i tempi e, dall’altro, di assicurare una tutela più accurata nei confronti dei cittadini che vanno ad assistere ad un partita.
Ricordiamo in particolare qui, tra i vari provvedimenti, la cd. legge Pisanu del 2005 recante ‘ulteriori misure per contrastare i fenomeni di violenza in occasione di competizioni sportive‘, e la legge Amato del 2007, testo contenente ‘misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche‘. Si tratta di provvedimenti che, in un organico impianto di regole attuali, garantiscono tutela dell’ordine pubblico durante le partite di calcio.
Daspo preventivo
Proprio all’ultima legge citata si deve la regolamentazione articolata del cd. Daspo preventivo. Ma attenzione perché nell’ambito del Daspo vi sono in particolare due tipologie di misure antiviolenza che rientrano nella definizione generale di “divieto di accesso alle manifestazioni sportive”. Anzitutto vediamo il Daspo preventivo.
Esso altro non è che un provvedimento amministrativo emesso dal questore, con cui si obbliga – come misura di prevenzione – a rispettare il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono le manifestazioni sportive (specificatamente dettagliate nel provvedimento stesso), come pure ai luoghi interessati alla sosta, al transito o al trasporto delle persone che partecipano o assistono alle competizioni stesse. In particolare la citata misura di prevenzione può limitarsi alla mera indicazione del divieto di accedere alla manifestazione, ma può altresì essere accompagnata – nelle ipotesi più gravi – dall’obbligo di firma a carico dei soggetti sottoposti a Daspo sportivo. Si tratta dell’obbligo di recarsi presso un comando di polizia, proprio nell’arco di tempo in cui si svolge la manifestazione sportiva a cui è stato vietato di assistere.
Il provvedimento che inibisce l’accesso ai luoghi sportivi e ad esso collegati, come pure il connesso obbligo di comparire nell’ufficio della polizia competente, non può avere – in linea generale – una durata al di sotto di un anno e maggiore di cinque. Dette prescrizioni saranno però revocate o modificate laddove, per effetto di provvedimenti del giudice, siano venute meno o mutate le condizioni che ne hanno giustificato l’emissione.
Daspo stadio è penale?
Non c’è soltanto il Daspo preventivo, ma anche quello penale. Esso consiste in un divieto diverso da quello preventivo, dato che si tratta di un provvedimento emesso dal giudice penale verso un soggetto su cui è emessa una sentenza di condanna per reati legati ad una o più manifestazioni sportive, oppure in ipotesi di violazione delle prescrizioni previste in un anteriore divieto di avvicinamento ai luoghi interdetti.
La differenza tra le due tipologie di Daspo – preventivo e penale – è data dal fatto che quello preventivo è disposto verso chi sia stato anche soltanto denunciato per fatti di violenza commessi in occasione di manifestazioni sportive o che sia in situazioni che indichino una sua pericolosità per l’ordine e la sicurezza pubblica, mentre il Daspo penale è inflitto contro persone la cui responsabilità sia già stata acclarata in tribunale, con appunto una sentenza di condanna per illeciti penali, compiuti in occasione o a causa di manifestazioni sportive oppure durante i trasferimenti da o verso i luoghi in cui dette manifestazioni hanno luogo. Pertanto il Daspo penale è certamente un provvedimento più grave del Daspo preventivo.
Daspo di gruppo
Non di rado nei disordini ed incidenti causati dalla tifoseria violenta allo stadio sono coinvolte più persone e si usa parlare, in questi casi, di emissione di un ‘Daspo di gruppo’, ovvero un divieto che si rivolge ad una collettività di persone che ha avuto un ruolo più o meno attivo nell’attuazione di atti lesivi, pericolosi o comunque non consoni ad un impianto sportivo.
Anche i giudici hanno ricordato nelle loor sentenze che la legge ha introdotto, una decina di anni fa, il cd. ‘Daspo di gruppo’ – vale a dire un provvedimento di divieto mirato a colpire le persone che, con una condotta di gruppo, abbiano avuto:
- comportamenti mirati alla partecipazione attiva ad episodi di violenza, minaccia o intimidazione,
- idonei da porre a rischio la sicurezza pubblica e l’incolumità delle persone in ipotesi di manifestazioni sportive.
Pertanto non vi sono dubbi: esiste sia un Daspo ‘individuale’ che un ‘Daspo’ di gruppo e ciò ben si giustifica se pensiamo che le azioni violente allo stadio sono commesse alternativamente da singoli e da gruppi di facinorosi.
Ulteriori chiarimenti sul Daspo di gruppo: principio di personalità della responsabilità penale
La previsione del Daspo di gruppo va interpretata nel rispetto del principio di personalità della responsabilità penale, come direbbero i giuristi, ed infatti impone sempre:
- una valutazione della singola condotta in gruppo in termini concorsuali,
- comportando così l’individuazione di un contributo minimo, morale o materiale, da parte del singolo partecipante al gruppo.
Pertanto non è la presenza nel gruppo ad avere importanza ai fini dell’applicazione del Daspo, ma il contributo individuale all’azione del gruppo. Il motivo è semplice: per la legge italiana la responsabilità penale è personale.
Insomma, detto principio non deve mai essere disapplicato ed infatti nessuno può essere sottoposto ad una limitazione della libertà personale, per fatti compiuti da altri. Questo vale ovviamente anche per atti di violenza allo stadio ed è così sempre necessario che il pericolo sia ricondotto alla condotta del soggetto, ovvero che quest’ultimo sia individuato come autore, da solo o in gruppo, di un gesto violento.
Attenzione inoltre a quanto segue: la misura di divieto di accesso agli stadi del calcio può essere inflitta non soltanto in ipotesi di accertata lesione, ma in verità anche in ipotesi di pericolo di lesione dell’ordine pubblico, come accade nel caso di condotte che implichino o agevolino situazioni di allarme o di pericolo.
Ecco perché è legittimo il provvedimento emesso dal questore, ad es. in caso di episodi di violenza collettiva, verso un soggetto che pur non essendosi reso di persona protagonista di un particolare atto di violenza, abbia tenuto nell’ambito del gruppo, una condotta partecipativa che ha posto a rischio la pubblica sicurezza o comunque ha turbato l’ordine pubblico nei luoghi in cui si è svolta la manifestazione stessa.
Le conseguenze del Daspo
Il provvedimento che infligge il Daspo, insieme all’indicazione dei luoghi e delle manifestazioni alle quali il tifoso violento non può prendere parte, deve anche indicare la durata.
In base alla legge, la misura del questore non può avere durata – dicevamo – al di sotto di un anno e maggiore di cinque. Mentre se i fatti che hanno condotto al provvedimento sono stati compiuti in gruppo, la durata del Daspo preventivo verso di chi ne ha assunto la direzione, va da tre a cinque anni. Se c’è una recidiva, il Daspo preventivo ha una durata minima pari a cinque anni e massima di dieci. Allungamento del Daspo anche per la recidiva cd. reiterata.
Invece, la diffida penale a prendere parte alle manifestazioni sportive – ovvero il Daspo penale – può avere una durata da due a dieci anni, come stabilito dalla legge originaria del 1989. Insomma, si tratta di conseguenze piuttosto gravi per il tifoso che subisce il Daspo, ma che ben si giustificano nell’intento di preservare la sicurezza e l’ordine pubblico negli impianti sportivi.
Daspo rafforzato
I fatti di violenza allo stadio non sono una rarità, nonostante le norme che servono proprio a disincentivare simili comportamenti. Ecco perché a livello ministeriale si discute se e come irrigidire le disposizioni collegate al Daspo: ci sono dossier su cui lavorano le forze dell’ordine e l’Osservatorio per lo sport come pure il Ministero degli Interni, proprio al fine di capire come contrastare al meglio le frange più violente che usano lo stadio come pretesto per sfogare la loro aggressività.
Ecco perché nel recente passato ha preso piede l’idea di un Daspo ‘rafforzato’, o meglio di un regolamento di accesso allo stadio che prevedrebbe l’ingresso soltanto a chi ha la tessera del tifoso, un requisito che verrebbe dunque rilanciato e reso indispensabile. Ma un’altra alternativa sarebbe anche quella del divieto di trasferta alle tifoserie. Vero è che ciò non impedirebbe di per sé la possibilità che si abbiano violenze o aggressioni, ma è altrettanto vero che permetterebbe di controllare gli ultrà allo stadio con più efficacia.
Soprattutto è sul tavolo la possibilità di prolungare all’infinito il Daspo, impedendo a chi non è in regola la facoltà di seguire la propria squadra dal vivo – per tempi almeno molto estesi. Concludendo, sicuramente le novità e gli aggiornamenti in fatto di Daspo non sono finite qui, e altre norme troveranno spazio per essere varate e colpire con più accuratezza proprio coloro che con il tifo sano non hanno nulla a che fare.