Sfogo in conferenza da parte dell’ex che tuona contro il tecnico: “Approccio quasi dittatoriale”
Tra le tante operazioni in entrata e in uscita che hanno caratterizzato l’estate dell’Atalanta c’è anche quella di Joakim Maehle.
Il laterale danese ha lasciato la Dea per accasarsi al Wolfsburg, che lo ha acquistato per circa 13 milioni di euro. E in merito a quella che è stata la sua esperienza in quel di Bergamo, Maehle ha voluto liberarsi di qualche sassolino che teneva tra le scarpe. In conferenza dal ritiro della nazionale danese, l’esterno ha puntato il dito soprattutto contro il suo ex tecnico Gian Piero Gasperini, facendo capire come i rapporti tra i due abbiano influito sulla sua decisione di cambiare aria. “Ci allenavamo sempre nel pomeriggio, l’allenatore aveva deciso così e non c’era davvero alcuna libertà” ha raccontato.
Maehle contro Gasperini: “Approccio quasi dittatoriale, gestione basata sulla paura”
Un approccio, quello di Gasperini, che il giocatore ha definito “quasi dittatoriale“: “L’hai detto tu. Non volevo dirlo prima, perché temevo che scrivessi una cosa piuttosto che un’altra” ha commentato rivolto ad un giornalista presente.
“Era così che decideva tutto. Se, ad esempio, facevamo un doppio allenamento, dovevamo restare a dormire nella struttura per la notte. Allora non ci era permesso di tornare a casa. Si potrebbe definire uno stile di gestione basato sulla paura o cattiva gestione, non saprei. Almeno mi sono preparato per le esperienze successive della mia carriera”. L’ex nerazzurro ha criticato anche l’aspetto umano: “Non ti senti una persona, ti senti un numero. Non hai alcun rapporto con l’allenatore. Può tormentare qualcuno per cose strane. Per esempio io e Hojlund andavamo insieme ad allenarci. Ma lui non voleva che guidassimo insieme e per questo sono stato rimproverato”. Ora l’esperienza al Wolfsburg: “Al Wolfsburg ti senti più parte di una squadra e c’è più unità e buonumore nello spogliatoio. Era quello che cercavo da un po’. Sono felice, cercavo una squadra in cui potessi avere un ruolo diverso da quello che avevo all’Atalanta, dove rischi sempre di fare panchina”.