Il portoghese Mourinho ha vinto tanto in carriera, ma gli ultimi anni non sono stati così favorevoli. Quali esoneri ne hanno macchiato il CV?
Chi segue il calcio con un minimo di attenzione conoscerà o avrà sicuramente sentito parlare dell’allenatore portoghese José Mourinho, un mister che negli anni ha vinto molto ma che ha saputo costruirsi una certa popolarità anche per il suo stile ricco di carisma e mai troppo diplomatico.
Classe 1963, originario di Setubal, José ha iniziato ad allenare dalla seconda metà degli anni ’80 del secolo scorso e, pertanto, è oggi tra gli allenatori di calcio con il curriculum più ricco e articolato. Vittorie nei massimi campionati e trofei non sono mancati, ma qui il punto su cui porre attenzione è un altro: quali sono stati i passi falsi di Mourinho come allenatore? Quali gli esoneri che, almeno in parte, ne hanno condizionato la carriera e lo hanno portato altrove?
Di seguito la scheda illustrativa su di lui che, per sommi capi, intende offrire una panoramica sul cammino del portoghese, con speciale riferimento alle battute d’arresto patite in panchina. I dettagli.
José Mourinho ha iniziato presto ad allenare: tentò anche lui infatti il percorso del professionismo come calciatore – nel ruolo di difensore – ma visti i risultati non incoraggianti, decise da giovanissimo di intraprendere la professione di mister.
Il 1987 fu l’anno del suo inizio, alla squadra Allievi del Vitória Setúbal: qui e successivamente allo Sporting Lisbona e al Porto ebbe un ruolo di assistente o collaboratore di chi sedeva in panchina all’epoca. In particolare spicca il rapporto con Robson nelle squadre portoghesi e poi sempre con lui – e di seguito con Van Gaal – al Barcellona. Qui imparò molto e rimase al riparo da eventuali esoneri.
La prima vera esperienza come allenatore fu però nel 2000, quando José Mourinho lasciò il Barcellona per andare ad allenare il blasonato Benfica. Qui in verità non stette molto: soltanto 9 partite con un discreto andamento, a cui non seguirono le altre perché Mou scelse di dimettersi per il cambio di presidenza del club.
In verità nei primi anni di carriera di José Mourinho di esoneri non vi è traccia. Nel periodo tra il 2002 e il 2004 con il Porto ottenne due campionati portoghesi, la Coppa UEFA, la Champions League. Questi gli anni in cui il tecnico si fece conoscere dal grande pubblico.
La successiva esperienza con il Chelsea fu anch’essa molto positiva agli inizi. Arrivarono subito due successi nella classifica finale di Premier con il Chelsea, come pure la FA Cup e la coppa di Lega. Tra il 2002 e il 2007 José Mourinho di fatto si impose come uno degli allenatori più vincenti del panorama internazionale, e nulla faceva pensare agli esoneri che poi seguirono nella sua carriera. Proprio per questo vale la pena accennare a questa prima fase prestigiosa del suo percorso professionale di allenatore.
Tuttavia, nella sua prima esperienza al Chelsea, la stagione 2006/2007 si concluse in modo in parte inaspettato. Vero è che non cominciò di certo nel migliore dei modi – due mesi in cui José Mourinho subì anche una sconfitta in Supercoppa inglese contro il Manchester United. Ma furono poi altri risultati deludenti a convincere Abramovich della necessità di sostituire il mister, per aprire un nuovo ciclo.
Ecco allora che nel settembre 2007 si addivenne ad una risoluzione consensuale del rapporto di lavoro con la società calcistica londinese. Una partenza altalenante e un pareggio interno con la squadra norvegese del Rosenborg nella prima partita di Champions fecero decidere ad Abramovic per la fine del rapporto con Mourinho, che è ufficializzata il 20 settembre 2007, quando di comune accordo con la società il portoghese risolse il contratto.
Una soluzione diplomatica, ma in sostanza un esonero. Da notare infatti che la risoluzione consensuale di un contratto tra una società di calcio e un allenatore può di fatto nascondere l’esonero di quest’ultimo. All’epoca Mou e Abramovich concordarono di porre fine al contratto in modo amichevole, senza che ci fosse un esplicito licenziamento da parte del club e senza dunque ripercussioni a livello di immagine. D’altronde Mourinho restava in buoni rapporti con la dirigenza e veniva da annate in cui aveva vinto tanto.
Arrivò poi l’esperienza al Real Madrid delle stelle e con l’ambizione di vincere tutto. Mourinho si fece trovare pronto alla chiamata dei blancos, dopo i trionfi all’Inter in cui fece il famoso Triplete nella stagione 2009/2010.
Tre stagioni al Real Madrid tra il 2010 e il 2013, in cui il tecnico portoghese ottenne due secondi posti e un primo posto finale in campionato. Di fatto il rapporto di lavoro si interruppe anticipatamente – ma non per esonero come dissero alcuni in un primo tempo: il presidente del club spagnolo Florentino Perez spiegò infatti in una conferenza stampa che il divorzio anticipato era legato ad un accordo consensuale con lo stesso Mou.
Una risoluzione anticipata rispetto ad un contratto che avrebbe dovuto aver scadenza nel 2016, ma non per il comportamento dell’allenatore portoghese, bensì per la cultura vincente del Real Madrid, a cui non basta essere secondi in Liga e in Coppa e arrivare tra le prime 4 d’Europa (come successe nella stagione dell’addio, in cui il Real si fermò alle semifinale di Champions). Della particolare cultura del Real in passato fecero le spese non pochi altri allenatori, tra cui ad es. Benitez.
Una nuova esperienza al Chelsea si concluse ancora con una risoluzione consensuale che, tuttavia, seppe di esonero anch’essa. Ancora tre stagioni in cui arrivò nella prima un terzo posto, nella seconda il titolo del campionato inglese e nella terza.. una nuova chiusura anticipata del rapporto professionale: risultati scadenti in campionato e nelle coppe, con la squadra inaspettatamente nei bassifondi della classifica condannarono infatti José Mourinho ad un addio formalizzato con la risoluzione consensuale del contratto nel dicembre 2015. In verità, un malcelato esonero.
Nella prima parte di carriera José Mourinho di fatto riuscì a preservare molto bene la sua immagine di allenatore, anche quando le cose non sono andate per il verso giusto. E questo sempre per gli ottimi risultati ottenuti in precedenza. Proprio il Chelsea, annunciando la risoluzione anticipata, ne sottolineò l’impegno nel conseguire nel tempo tre Premier League, una FA Cup, un Community Shield e tre Coppe di Lega.
Ecco perché l’allenatore più vincente della storia dei Blues non è stato esonerato anche in questo caso. Altri al posto suo, avrebbero subito una decisione ben diversa a seguito di risultati non soddisfacenti.
José Mourinho aveva finora contato su una sorta di ‘aura’ protettiva: il carisma, la voglia di vincere, i successi conseguiti lo rendevano una figura quasi ‘intoccabile’ o comunque nei cui confronti una dirigenza societaria (quasi) mai avrebbe mosso i passi dell’esonero. Ebbene, così non fu però in seguito, quando arrivò una nuova esperienza in terra inglese – questa volta al Manchester United.
Anche qui tre stagioni, con la terza che si concluse anticipatamente nel dicembre 2018. Ma giunsero alcuni buoni o ottimi risultati – in particolare spicca la conquista dell’Europa League edizione 2016/2017 e della Coppa di Lega nella stessa stagione, come pure il secondo posto in Premier nella stagione 2017/2018.
Il finale, dicevamo, fu amaro perché arrivarono una serie di risultati al di sotto delle aspettative: nella stagione 2017/2018 il Manchester United ebbe il peggiore inizio di campionato per numero di punti ottenuti dal 1990/1991. Soprattutto alla lunga pesò il problematico rapporto con alcuni giocatori, che determinò la scelta della società di esonerarlo, oltre al ruolino di marcia nella terza stagione: 7 vittorie, 5 pareggi e 5 sconfitte aggiunsero ulteriore benzina sul fuoco e il rapporto ormai compromesso sfociò nella conclusione più ovvia.
La carriera di Mourinho non fu sempre segnata da vittorie e successi e l’esperienza che seguì a quella a Manchester ne è la prova ulteriore. Le due stagioni con il Tottenham, la 2019/2020 e la 2020/2021, rappresentarono per lui un passo indietro: nel novembre 2019 sostituì l’esonerato Pochettino e la prima stagione si concluse con un sesto posto finale in campionato inglese e due dolorose eliminazioni in Champions e FA Cup.
Il secondo campionato alla guida della squadra londinese partì invece molto bene. All’inizio della stagione 2020-2021 il Tottenham ottenne infatti ottimi risultati, tanto da agguantare la testa della classifica di Premier League. I problemi però giunsero dopo, con una serie di sconfitte, che pregiudicarono la lotta ai primi posti della classifica, e le eliminazioni nelle coppe sia inglesi che europee.
Giunse per lui così un nuovo bruciante esonero, se pensiamo che nell’aprile 2021 – e dunque prima della fine del campionato – José Mourinho fu di fatto licenziato dal club: il Tottenham comunicò infatti l’allontanamento al tecnico, che lasciava la squadra in un anonimo settimo posto in Premier League.
14 vittorie, 8 pareggi e 10 sconfitte sono i numeri che riassumono la seconda stagione del portoghese sulla panchina del Tottenham, ovvero secondo la dirigenza troppo poco per continuare. Si tratta anche un record negativo per la carriera di Mourinho che, in passato, mai aveva collezionato così tante sconfitte in una sola stagione di campionato. Ci arrivò tuttavia vicino al Chelsea nella stagione 2015/2016, dove subì ben nove sconfitte in campionato e dovette accordarsi per la risoluzione consensuale nel dicembre 2015. Di fatto – come dicevamo sopra – quello fu un esonero mascherato.
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