Dopo la disfatta col Genoa, Jose Mourinho torna a parlare in conferenza stampa alla vigilia di Roma-Frosinone
La Roma non può più sbagliare. Dopo il capitombolo di giovedì sera in casa del Genoa, i giallorossi devono rialzarsi per muovere di nuovo la classifica che vede la squadra di Mourinho a quota 5 punti in 6 partite. Uno score tremendo, con una squadra che è sembrata scarica soprattutto a livello mentale oltre che tecnico.
Alla vigilia del match all’Olimpico contro il Frosinone, l’allenatore della Roma torna a parlare in conferenza stampa a Trigoria, parlando di questo momento complicato e di una partita molto insidiosa visto lo stato di forma degli uomini di Di Francesco. Le sue dichiarazioni su Calciomercato.it:
Il suo contratto in scadenza può essere un alibi per i giocatori? Se oggi le offrissero il rinnovo accetterebbe? “Parliamo di una soluzione ipotetica e non mi piace parlare di situazioni ipotetiche. Non è successo, quindi non posso darti una risposta. Quello che posso dire è che tre mesi fa, nel periodo di Budapest, c’era quasi un dramma nel pensare che io potessi andare via. A Budapest in campo ho detto a staff e giocatori che sarei rimasto. Tre giorni dopo abbiamo giocato con lo Spezia, io ero squalificato e sono tornato in campo dopo lapartita dicendo ai tifosi che sarei rimasto. Alcuni giorni dopo ho visto Dan Friedkin e gli ho dato la mia parola che sarei rimasto alla Roma. Durante le vacanze ho avuto la più importante e pazza offerta che un allenatore abbia mai avuto nella storia del calcio. E l’ho rifiutata, per la parola che ho dato ai giocatori, ai tifosi e al mio presidente. Tre mesi dopo sembra che io sia il problema e non lo accetto. Non leggo, non sento, non guardo la tv, ma ho amici che mi fanno arrivare le cose. Non lo accetto perché non è vero. Io non sono il problema. Nel calcio e nella vita le cose sono multifattoriali. Non si può dire neanche nel momento della vittoria che il responsabile è uno o l’altro”.
“E quello che tre mesi fa era il più grande problema del romanismo, dei giocatori, di Trigoria, si è compromesso con la sua parola, io rispetto la mia parola. Fino al 30 giugno 2024 sono qui a lottare ogni giorno, per i giocatori, per la società, per i tifosi. C’è solo una persona che mi può dire è finita prima del 30 giugno ed è Dan Friedkin. È l’unico che può dirmi che devo andare. Se non me lo dice, io sono qui fino al 30 giugno, in scadenza o con 10 anni di contratto resto allo stesso modo, sono la stessa persona. Io ho dato la parola ai giocatori, alla squadra e al mondo. Quando parlo io lo faccio al mondo. Fino al 30 giugno in questo caso sono qui per i miei giocatori, per i tifosi e la proprietà. Dan e Ryan sono gli unici che possono dirmi qualcosa, non ho paura della pressione esterna. Non ho nessuna paura di essere fischiato domani all’Olimpico. Se vogliono trovarmi io vivo qui a Trigoria. Se voglio andare a cena fuori magari mi appoggio in hotel un paio di notti. Ma la mia vita è qui. Domani sono là, io con i miei giocatori, insieme come sempre dal primo giorno a prendermi la responsabilità di quello che può succedere prima, durante o dopo la partita. Ma noi pensiamo tutti insieme di vincere la partita domani che è quello di cui abbiamo bisogno”.
Momento delicato: come deve ripartire la squadra? “Vogliamo vincere, dobbiamo vincere. Non dobbiamo cercare nessun tipo di alibi, ritirarci dalla responsabilità di questa partita. Abbiamo avuto tre partite prima della fine del mercato dove quell’unico punto ha lasciato un peso in alcuni giocatori. Poi ho pensato che il risultato incredibile contro l’Empoli e la vittoria in Europa League avessero tolto quel peso in campo e fuori. Ma non è andata così con quel pareggio a Torino che è diventato negativo vista la situazione. A Genova mi aspettavo continuità, un miglioramento, invece non è successo. Dobbiamo entrare in campo, avere il coraggio di accettare una reazione di grande romanismo che può essere un supporto fantastico o può essere anche una manifestazione di scontentezza, negativa. Dobbiamo avere il rispetto per questa eventuale manifestazione, che sia negativa o positiva. E avere il coraggio di giocare contro una buona squadra che sta bene dopo un buonissimo inizio di campionato. Consapevole che sarà una partita doppiamente difficile, perché abbiamo questa pressione extra, che può essere l’attacco all’orgoglio di un professionista. Ora due giorni per ‘recuperare’ dal risultato negativo di Genova a domani, non c’è spazio. Per me è un peccato che non fosse oggi la partita, mi sarebbe piaciuto giocare oggi (Mourinho è ironico, ndr)”.
Dove giocherà domani Cristante e verosimilmente fino alla sosta? “Pinto è stato qui nei primi giorni di settembre e credo abbia fatto una buona spiegazione di come la Roma sia obbligata a rispettare il Fair Play Finanziario. Se hai una cosa non puoi avere l’altra. Dimenticate Ibanez che non c’è più e Kumbulla. Quando Smalling si è infortunato siamo rimasti in tre in un periodo dove si gioca tre volte a settimana. L’infortunio di Llorente fa parte della sua storia clinica e ci ha messo in difficoltà. Non è il momento di trovare alibi, ma è una situazione che sapevo potesse succedere. Nel momento del gol, il nostro migliore, la squadra è stata forzata a fare un cambio. Non mi piace parlare di giocatori a livello individuale, ma Cristante ora è il giocatore che ci dà di più. Domani comunque sarà convocato Joao Costa, l’unico giocatore con El Shaarawy che mi permetterebbe di giocare a quattro. Mi aspetto di più dai giocatori e da me stesso. Questi ragazzi sono miei amici. Siamo un bel gruppo, c’è non solo empatia ma anche amicizia. Ed è una base che non ha prezzo, principalmente in questi momenti. Io con loro non sono mai solo. Se sono solo è perché a me piace, nascondermi nei miei pensieri, nella mia analisi. Mi piace a volte isolarmi, con i miei giocatori non mi sono mai sentito solo. Però mi aspetto di vedere di più in campo, una mentalità, una fame e una responsabilità diversa”.
Al terzo anno spesso i giocatori si abituano e hanno meno attenzione? “Non la penso così. Se una persona sta bene non cambia, non c’è il terzo o il decimo anno. Anche al primo anno ci sono dei problemi. Ho amicizie che mantengo dopo 60 anni. È una maratona, della vita. Non lo vedo come un problema. Quando non senti questo amore senti che è il momento di dire basta se sei stanco di un rapporto che arriva al limite. Ci sono allenatori con tanti soldi da spendere, che cambiano giocatori con facilità. Noi non possiamo fare così. Ci sono altre società che decidono di mandare via l’allenatore e di prenderne un altro, ma penso che il punto di partenza non siano gli anni ma un problema di rapporto. Mi piace tanto lavorare qua e non posso dire che ci sono stati club che mi sono piaciuti di più”.
C’è una mossa alla Mourinho? “Una cosa è isolarsi perché gli altri ti vogliono isolato, non sono con te, non ti vogliono bene e ti lasciano da solo. Un altro conto è essere solo per tua scelta, ed è il mio caso, andare a dormire alle 6 dopo la partita, stare 5 ore nel letto come oggi, pensare da solo e decidere da solo. Perché ora c’è tante gente che parla, che dà opinioni, fuori ma anche dentro ovviamente dai collaboratori allo staff, perché tutti ora hanno un’opinione. La riunione che ho fatto con i giocatori ieri l’ho iniziata così: ‘io farò delle domande e io darò le risposte. Perché mi metto nei vostri panni e voi dovete dirmi se sbaglio’. Ho fatto tante domande, ho risposto a tutte e nessuno ha detto niente. Questo perché li conosco bene, poi anche perché non volevo sentire le loro opinioni”.
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