Il tracollo del Napoli contro la Fiorentina si racchiude anche in alcune immagini che legano soprattutto Osimhen a Garcia
Ci sono delle immagini che valgono più dei fiumi di parole, scritte e parlate, che durante la settimana della sosta si spenderanno. Soprattutto dopo che la squadra campione d’Italia cade, in casa, anche in modo piuttosto rovinoso.
Perché questo sguardo di Victor Osimhen a Rudi Garcia dice tanto, forse quasi tutto.
Questo sguardo arriva dopo una sostituzione che, dopo diverse ore dal fischio finale, in pochi hanno compreso. Pochi al punto tale da arrivare a contarli sulle dita di una mano. Si potrebbe quasi dire che l’abbiano capita Garcia ed il suo staff: perché se stai perdendo in casa, togliere uno dei migliori cinque attaccanti al mondo è scelta ardita. Soprattutto se, poi, non viene premiata dai risultati.
Questo sguardo fa seguito a quello, imbufalito, dell’Osimhen che chiamava i compagni a gran voce a fare pressing alto. “Come on, come on!”, sembrava urlare con tutta la grinta da leader che ha provato a metterci.
Si è scontrato contro un Napoli che oggi ha indicazioni diverse: non aggredire alto, provare a spezzare le linee di passaggio attendendo la giocata forzata. Poi, quell’arretramento, costante e continuativo fino a portarti l’avversario all’interno dell’area di rigore. Con tutto quello che ne è conseguito nella gara contro la Fiorentina.
Dopo il nuovo vantaggio viola, c’è un’altra immagine che dice tanto. Questa:
Kvaratskhelia pochi istanti prima si era portato le mani sulla faccia, quasi a dire: “Ed ora?”. Poi, quella testa bassa. Quello sguardo perso tra i fili d’erba del Maradona che diventano troppi da coprire se ogni sua discesa parte dalla metà campo del Napoli.
Il georgiano non è più lo stesso: perde lucidità nell’ultimo miglio. Se parti lontano dalla porta e devi coprire tanto campo palla al piede, avere lucidità e smalto dove conta, a ridosso dell’area avversaria è dura. Anche qui le responsabilità del tecnico sono evidenti: il talento di uno come Kvara va valorizzato al massimo, i correttivi sembrano lontani dall’esser stati prodotti.
Tutto sta in quello che un tecnico, qualche settimana fa, definì, come le fondamenta del calcio. Pressione e costruzione. Quell’allenatore è Luciano Spalletti. E spiegò i pilastri del calcio moderno nel giorno in cui si presentò come nuovo ct. Quella pressione che oggi il Napoli ha dimenticato, dopo gli anni di Sarri e dello stesso Spalletti che ne fecero un mantra. Quella costruzione che deve esser messa al servizio del talento e che ieri visto la Fiorentina dominare in questo fondamentale.
Anche perché Vincenzo Italiano ha dimostrato ad Aurelio De Laurentiis che il suo mancato arrivo può esser il più grande rimpianto degli ultimi mesi per il patron azzurro.
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