A tutto Antonio Conte; il tecnico, al Festival dello Sport, ha analizzato la figura del tecnico sotto diversi aspetti
Antonio Conte chiude la seconda giornata del Festival dello Sport organizzato da ‘La Gazzetta dello Sport’ a Trento. Il mister ha analizzato la figura del tecnico nel tempo, raccontandola dai suoi inizi come calciatore: “Il calcio è in continua evoluzione. Quello che giocai da calciatore, con Fascetti e Mazzone, la funzione dell’allenatore era quella di un secondo padre, che doveva saper usare bastone e carota. Ringrazierò per tutta la vita Trapattoni, grazie a lui sono rimasto tanto tempo alla Juve. Il primo anno fu difficile, fu uno shock trovarmi lì da Lecce, e lui fu una figura paterna nei miei confronti. Con l’avvento di Sacchi e Lippi ci fu un cambiamento: con loro, l’allenatore dava molte più informazioni a livello di gioco. La figura del tecnico iniziava a cambiare e oggi deve incidere in tanti aspetti. L’allenatore incide, c’è chi lo fa più e chi meno. Odio la frase ‘dobbiamo fare meno danni possibili’: ma perché devi metterti a fare danni? Se questo è il tuo pensiero, cambia mestiere…”.
Gestione dei calciatori: “Quando giocavo io eravamo più ruspanti. Dopo cena, ci fermavamo a giocare a biliardo, c’era un aspetto più conviviale. Ora subito dopo cena tutti corrorono in camera con cellulare, playstation, computer… Situazioni che non aiutano a far gruppo. I social hanno influito senz’altro in questo”.
Differenze: “Il calcio di prima forse era più semplice, ma oggi in un certo senso si sta anche tornando al passato. L’evoluzione del gioco ha portato a tornare indietro, si inizia a rivedere nella fase di non possesso alcune squadre che giocano uomo contro uomo. Nella fase di possesso si cerca di creare delle situazioni d’area, prima si lasciava molto più spazio alla fantasia, alla tecnica”.
Moduli: “Partiamo da un presupposto: l’allenatore bravo è un sarto. In base alla stoffa che ha, deve fare il miglior vestito possibile. Ognuno di noi ha delle idee, ma quando inizia a lavorare, deve capire le caratteristiche dei calciatori per metterli nella migliore condizione per esprimersi. La nostra idea non deve limitare il talento dei calciatori”.
Juve: “Alla Juve avevo Pirlo, che riuscimmo a prendere dal Milan da svincolato. Ha una caratteristica ben precisa: è stato forse il migliore play al mondo. Iniziai a giocare in un centrocampo a due con lui e Marchisio, e in difesa c’era Chiellini che non si sentiva addosso il vestito da terzino sinistro. C’era anche Vidal, che non pensavamo avesse tutte quelle potenzialità… Dunque durante il percorso facemmo delle valutazioni e nacque la difesa a tre”.
Chelsea: “Al Chelsea volevo riproporre il 4-2-4, contro l’Arsenal perdevamo 3-0, provavo un po’ di vergogna, era veramente pesante. Cambiai, ci mettemmo con un 3-4-2-1 e ci portò a fare 13 vittorie consecutive e poi vincemmo il campionato”.
Risollevare le squadre: “Mi è accaduto con la Juve, col Chelsea che era arrivato decimo… Qualche volta mi piacerebbe lavorare con una squadra che nell’anno precedente ha vinto”. Il mister viene interrotto, con evidente riferimento al Napoli: “Attento a dire questa frase”.
Moduli: “Bisogna adattarsi. Se ho un attaccante bravo nell’uno contro uno dovrò sfurttarlo, se ne ho due giocherò con due. L’importante è avere conoscenze e metterle a disposizione della squadra”.
Allenamenti: “Non è difficile lavorare con me, se paragono gli allenamenti che facevo al Lecce e alla Juve si lavora un quarto dal punto di vista fisico. Ventrone mi ha lasciato grandi insegnamenti, amava molto il suo lavoro”
Studi: “Mi sono laureato in scienze motorie con 110 e lode, ci ho messo tempo ma non ho mollato. Se vuoi chiedere il massimo devi dare il massimo ed è questo che provo a fare”
Motivazioni: “Mi piace molto il libro degli All Blacks perché racchiude quello che sono e che cerco di fare. Quando vado via da un club voglio che la situazione sia migliore rispetto a quando sono arrivato”