Ospite al Social Football Summit 2023, il gm della Roma Tiago Pinto è intervenuto sul palco parlando del calcio italiano e dei giallorossi
Il Social Football Summit 2023, di cui TvPlay è stato media partner ufficiale si chiude nella sala stampa dell’Olimpico, per l’occasione ‘Football Stage’, con il ‘padrone di casa’ Tiago Pinto. Il general manager della Roma ha preso la parola nell’ultimo panel, un confronto con il giornalista di ‘Sky Sport’ Luca Marchetti con argomento il calcio italiano, quello internazionale e ovviamente i giallorossi.
Il ruolo del ds – “Se guardi i grandi club d’Europa, i grandi club di Premier che ci piace guardare, le strutture decisorie sono molto complesse. Se non parli le lingue è difficile fare il direttore sportivo. Se non capisci i numeri non trovi l’equilibrio con FFP, indice di liquidità. Come ho sempre detto, penso che il mercato incide il 20-30% sul successo sportivo. Il resto è il lavoro delle persone che portano avanti la squadra, dall’allenatore e non solo. Ci sono tanti dipartimenti, tante persone che influiscono sul risultato finale. Il direttore sportivo alla fine deve avere skills diversificate. Altrimenti è difficile fare il mestiere oggi”.
La struttura in casa Roma – “Io parlo del mio esempio. Mi fido molto della prospettiva che ogni singolo dettaglio può aiutare a vincere o meno. Nella Roma accompagno tutto e seguo tutto, ma non faccio tutto. Nel femminile una delle decisioni migliori che ho preso è stata dare tutta la responsabilità a Betty Bavagnoli. Prima eravamo sesti, ora vinciamo tanto ed è merito loro. A tutti noi piace sostenerle e appoggiarle. Il settore giovanile è la luce dei miei occhi. In tutta la mia strategia sportiva il settore giovanile è una pietra angolare, oggi abbiamo De Rossi, Conti, Placido e Gombar. Il rapporto con la prima squadra e la cima della piramite è importante, mi piace molto accompagnare questa area”.
Giovani e squadra B – “È vero che il settore giovanile della Roma ha sempre prodotto tanti giocatori, ma farne esordire tanti in questi anni non era scontato. Il ruolo dell’allenatore è molto importante, perché puoi fare un grande lavoro sul settore giovanile ma se Mourinho non li fa allenare in prima squadra e non ha il coraggio di farli giocare il lavoro che fai non vale nulla. Roma è sempre stata una piazza con grandi giocatori che vengono dal settore giovanile, negli ultimi 3 anni ci sono stati 19 giocatori esordienti, abbiamo creato risorse e ricavi con loro. C’è tanto dell’allenatore e del suo staff tecnico. Sulla squadra B. Per il Benfica era molto importante. I miei dubbi in Italia sono che con le regole che abbiamo ora dobbiamo spendere tanti soldi per crearla. Poi ho dubbi che quella squadra possa giocare in B, che è la possibilità in cui possiamo avere più risultati. E ho paura che una squadra B mi serva anche per posticipare l’uscita dei giocatori. Quando sono arrivato avevamo 40 giocatori sotto contratto e tanti erano in prestito. Erano giocatori senza soluzione. La nostra strategia era cercare il percorso giusto per loro, a volte mandarli via senza prendere soldi ma mantenere il 40-50% sulla rivendita. Questo ha aiutato a incassare soldi e mantenere sotto contratto solo i giocatori che crediamo possano giocare nella Roma. È una riflessione che stiamo facendo, ma non sono ancora convinto che nel calcio italiano la squadra B possa essere importante”.
Parte economica e data – “La parte economica è diventata cruciale. Anche dopo il Covid, con tutto l’impatto negativo che ha avuto, quando sono arrivato parlavo di calcio sostenibile e mi prendevano in giro. Oggi la ripetiamo tutti. La parte economica comanda, è importante trovare il balance nel club, essere allineati con i paletti della lega interna e la Uefa. E sta cambiando l’approccio sul mercato e il calcio. Ogni giorno cerchiamo di trovare le piccole cose che possano cambiare e aiutarci a vincere, ci sono tanti esempi di club che fanno tanto bene con i ‘data’, ma è una cosa per aiutarci. Non si trova una formula magica che ti impedisca di sbagliare. Ma anche i club che lavorano solo con i data magari prendono i giocatori sbagliati. Ti aiutano, ma non fanno i miracoli”.
Cos’è che i dati non vedono? “Il successo o l’insuccesso di un giocatore dipende da tante cose. I dati ti danno un complemento, magari ci fa risaltare agli occhi qualcosa che non abbiamo visto ma succede anche il contrario. Si parla scouting, colleghi che hanno scoperto questo o l’altro. Il mio lavoro è diventare il potenziale nel valore reale, insieme all’allenatore. Ad esempio Endrick, non è che noi non lo conoscevamo, così come Kvaratskhelia. Il merito è far diventare reale un giocatore potenziale. Lo scouting è molto importante, ma alla fine prendere il potenziale è il 30% del lavoro, ma farlo rendere è la parte più grande. Magari uno è un fenomeno, in un club non rende e in un altro sì”.
Prima guarda la parte economica o tecnica? “Nello scouting della Roma abbiamo quattro gradi. Quello A sono top player, poi abbiamo i B+ valutati come possibili titolari, poi i B che dobbiamo monitorare che magari non sono migliori di quelli che abbiamo. Infine i C, che non sono giocatori che possono far parte della Roma. Il nostro database ha 5000 giocatori, ma il 90% dei giocatori A non li possiamo prendere. È la realtà. Anche i giovani costano tanto. Il mio lavoro è cercare equilibrio tra quello di cui ha bisogno la squadra, le richieste dell’allenatore, le soluzioni dello scouting ma soprattutto se abbiamo la capacità finanziaria per fare quella trattativa. Poi magari siamo stati bravi a gestire situazioni come Dybala e Lukaku, ma il parametro economico è il più importante”.
Prima vendere e poi comprare? “Vengo dal Portogallo, quindi è sempre così. Dipende dal club. Se faccio il ds del Real Madrid non mi devo preoccupare di vendere. Io parlo dell’esperienza qui. Non voglio fare il fenomeno o l’arrogante, sono consapevole di cosa faccio bene o male, ma considerando la rosa che abbiamo ereditato con tanti giocatori sopra i 30 anni, infortunati, fuori rosa che nessuno sapeva che valore avessero e in 3 anni fare più di 150 milioni di euro di trasferimenti qualcosa abbiamo fatto bene. Vivo in una bolla, so cosa succede ma non so cosa dicono di me. Su questo tema dell’equilibrio finanziario della Roma c’è una cosa che paga, il tempo. Il tempo dimostrerà quello che abbiamo fatto nella Roma negli ultimi tre anni. Non dico che siamo fenomeni, ma fare 150 milioni di vendite, riuscire a mantenere l’80% dei giocatori strutturali, portare Dybala, Wijnaldum, Matic, Mourinho. Siamo riusciti a fare tante cose difficili, poi ognuno giudica come vuole. Se vinciamo va giudicato tutto positivamente, altrimenti tutto negativamente. Nel momento in cui vado via dalla Roma, la Roma deve essere meglio di come l’ho trovata. Noi stiamo continuando nel settlement agreement e in due anni la Roma sarà molto migliore. Bene anche nel settore giovanile. Sulla rosa, se pensiamo alla rosa che ho trovato e a quella di oggi non ci sono grandi dubbi. Mauro Leo mi aiuta molto nella direzione sportiva”.
Dybala e Lukaku, la Roma si è fatta trovare pronta ad approfittarne? Come ci si fa trovare pronti? “Sono stato molto fortunato, gli altri non li volevano. Sto scherzando (ride, ndc). Perché è sempre così, quando le cose vanno bene è fortuna. Su questi due posso anche aggiungere Mourinho. Sono i tre nomi che negli ultimi anni le persone non si aspettavano che potessero venire a Roma. Fa vedere in primis la missione della proprietà, che se porta questi nomi vuole qualcosa. Siamo stati bravi sicuramente nel timing. In tutte e tre le situazioni siamo stati svegli e intelligenti. Poi il lavoro di squadra ha fatto la differenza, il coinvolgimento della proprietà e dell’allenatore, poi non voglio fare il paraculo con i tifosi ma un giocatore come Lukaku e Dybala sanno che la passione che hanno qui non la trovano da altre parti nonostante abbiano giocato in club importanti. La missione della proprietà è essere furbi”.
Ancora sul timing – “Se fossimo andati a lottare con i club che li volevano inizialmente non ce l’avremmo fatta. Ma c’è un timing: se siamo veloci, possiamo chiudere la trattativa. Li abbiamo chiusi in 5 giorni, se si svegliano gli altri sei morto. Tutti e due sono soprattutto brave persone, molto intelligenti, entrambi hanno capito che era uno step importante venire qui. Un po’ di fortuna la metto”.
Soldi – “I soldi generano i diritti televisivi, trasferimenti di giocatori, ovvio che si parli di soldi. Magari socialmente non è così buono perché le persone dicono che i giocatori prendono tanti soldi. Anche l’Arabia e la MLS generano sviluppo sociale. Per me se ne parla nella misura giusta, con trasferimenti e contratti. Arabia Saudita? Cerco di non far arrabbiare gli italiani. Agli inizi degli anni 2000 la Serie A aveva tutti i migliori al mondo, nessuno ha detto che la Serie A era prepotente. Stessa cosa adesso della Premier League. In Portogallo sono abituato che tutti vengono a prendere giocatori da me. Ovviamente l’Arabia sposta il mercato. Nelle prossime finestre di mercato c’è un effetto sociale tra i giocatori. Un anno fa magari c’erano condizioni economiche importanti, magari oggi vengono per quei motivi ma anche perché ci sono altri giocatori. Ibanez aveva anche altre offerte, ma quando pensi a Firmino, Mahrez, Veiga… Influisce condividere lo spogliatoio con grandi giocatori. Noi non possiamo competere con l’Arabia Saudita. Anche con il Brighton faccio fatica. Devo competere con il progetto, con la piazza. L’Arabia è un competitor in più anche per la Premier. Ci sono sempre altri che hanno più soldi, noi dobbiamo essere più furbi e intelligenti a trovare il momento giusto”.
Rapporto con l’allenatore – “Con l’allenatore devi essere un po’ l’amico ‘critico’, nel senso non di ‘familiare’, ma che quando le cose vanno male bisogna restare insieme, avere la capacità anche di dire la tua se non sei d’accordo in maniera costruttiva. Il ruolo del direttore sportivo è insostituibile. La diversità di cose da gestire nel quotidiano è talmente tanta che poi ti chiedi a fine giornata quanto tempo sei stato con lo scouting, l’allenatore o i giocatori”.
L’anno prossimo sarà ancora a Roma? “Questa è la domanda meno interessante (ride, ndc). L’importante è il futuro della Roma. Sono molto difensivo come dice Mourinho. Di queste cose si parla internamente, l’importante è la Roma e che nella strategia sportiva stiamo facendo un lavoro importante”.
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