Antonio Conte parla a cuore aperto del suo possibile ritorno alla Juventus e conferma la sua volontà bianconera
Antonio Conte è uno dei top manager che al momento non hanno una panchina e aspettano l’occasione giusta per rilanciarci. Dopo la fine burrascosa dell’avventura al Tottenham, il tecnico salentino è tornato in Italia per godersi la famiglia, suo primo desiderio.
Ma la nostalgia del campo è tanta, anche se non tale da spingerlo a scegliere una panchina in corsa. Come sarebbe stata quella del Napoli, che Conte ha gentilmente declinato per questo motivo anche se aveva confessato già qualche settimana fa la volontà di allenare al Maradona o all’Olimpico con la Roma. Tutto rinviato all’estate, quando però le concorrenti saranno tantissime. Tra le papabili sicuramente la Juve e il Milan se la stagione attuale non dovesse concludersi in maniera soddisfacente, ma anche la Roma in caso di addio di Mourinho. All’estero c’è il Manchester United che lo tiene d’occhio. Lui di certo non chiude a nessuna ipotesi, con il bianconero che gli è rimasto inevitabilmente nel cuore più degli altri colori. Oggi, ospite del corso di Laurea in Scienze Motorie e dello Sport di Lecce, dove è stato premiato, ne ha parlato. E ovviamente ha lasciato la porta apertissima, lanciando un messaggio al club.
All’UniSalento, Antonio Conte ha ricevuto il premio ‘Sport, Soft Skill’. Sul suo futuro e sul ritorno alla Juventus – come riporta ‘Il Corriere del Mezzogiorno’ – ha risposto così: “I matrimoni si fanno sempre in due, puoi sempre sognare e sperare di sposarti un’altra volta. L’importante è che ci sia condivisione di pensiero. In questo momento mi sto godendo il tempo libero che ho, continuo a studiare e guardarmi intorno per ampliare le mie conoscenze. Dovesse capitare qualcosa di importante, che mi dà le emozioni di cui ho bisogno, certamente tornerò a lavorare”.
Messaggio chiaro, appunto. Poi l’ex ct della Nazionale ha parlato anche di altri argomenti: “Se non avessi fatto il calciatore, avrei voluto fare il professore di educazione fisica. Fascetti e Mazzone ai tempi del Lecce mi hanno insegnato la legge del bastone e della carota, mentre Trapattoni alla Juventus è stato per me come un padre: senza di lui non sarei mai stato 13 anni in bianconero. Dalle sconfitte c’è sempre da imparare e servono per migliorarsi. Non bisogna mai avere paura, ma coraggio di affrontarla e indirizzarla nella direzione giusta”. Infine a Conte è stato chiesto di darsi un voto: “Ero un calciatore bravo, mi do un 8, e lo sono diventato grazie al lavoro, alla perseveranza e alla resilienza, alla voglia di migliorarmi sempre. Ero bravo ma non un fuoriclasse, perché la mia prestazione era di corsa, sacrificio, sudore. Da allenatore, invece, mi riconosco quel talento che non avevo da calciatore”.
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