Jose Mourinho torna a parlare in conferenza stampa alla ripresa del campionato: al centro il futuro, il match con l’Udinese e gli infortuni
Dopo l’ultima sosta per le nazionali dell’anno 2023, riprende il campionato di Serie A. Per la Roma domani alle 18 ci sarà da affrontare all’Olimpico l’Udinese, squadra ostica soprattutto dopo il cambio allenatore e il ritorno di Cioffi. Oggi alle 12.30 è tornato a parlare anche Jose Mourinho in conferenza stampa, a pochi giorni dall’intervista a ‘Rai Sport’ in cui ha detto la sua sugli infortuni, sul rapporto con Friedkin e la squadra.
A Trigoria l’allenatore della Roma ha preso la parola alla vigilia del match con l’Udinese, fondamentale per la corsa Champions visto il triplo scontro diretto che costituisce un’occasione importantissima per i giallorossi:
Sarà fondamentale il ritorno di Pellegrini? “L’importante nella qualità del possesso palla collettivo. Dobbiamo stare attenti alle loro ripartenze perché hanno gente molto veloce quando recuperano palla. Se perdiamo palla in zona pericolosa siamo più aperti. La nostra squadra è migliorata in questo. Teniamo di più la palla rispetto a prima. Lorenzo è sempre un giocatore importante per noi ma io guardo all’udinese con queste difficoltà di cui hai parlato. Il loro inizio di campionato è una sorpresa perché hanno potenzialità. Se giochiamo bassi e gli regaliamo palla, ci fanno male. Sono forti su palla inattiva e hanno gente che tira come Samardzic e Walace. Non guardo la classifica per definire la difficoltà della partita che per me è davvero molto difficile”.
Quanto è cambiata l’Udinese rispetto allo scorso anno? “Ha perso dei giocatori che si possono definire importanti per loro, ma già la conosciamo, hanno grande esperienza di calcio. Per loro non è un problema vendere un giocatore come Beto o Becao, perché prendono Kabasele che ha esperienza in Premier, trovano terzini che hanno gamba, non hanno perso Pereyra che gioca ovunque, è un più di un giocatore. Sono molto intelligenti, nella gestione della società. L’Udinese resta sempre l’Udinese anche se gli piace fare soldini nel mercato estivo”.
I suoi giocatori hanno saltato un totale di 52 partite per infortunio. Smalling ne ha saltate 13, non si capisce come può superare il suo problema: si aspetta di più da lui? “Anche noi abbiamo questo numero, ma si concentra tanto su 2-3-4 giocatori. Ci sono giocatori che non hanno perso una sola partita per infortunio. E sono giocatori che hanno una storia clinica pulita, hanno infortuni occasionali che capitano, Cristante, Bove, Mancini, Rui Patricio. Queste 52 partite sono fondamentalmente da Smalling, Sanches, Pellegrini, ogni tanto Dybala e Spinazzola. I giocatori sono professionisti, fanno di tutto qui e nella vita privata per stare bene. Noi allenatori e preparatori lavoriamo bene e su tante cose. Stiamo facendo un ottimo lavoro. Su Smalling in maniera specifica l’infortunio c’è, ci sono anche persone normali come noi, che non siamo atleti, che abbiamo più capacità di sopportare il dolore. Magari noi due con lo stesso problema a un dente, io dormo e tu no. E Smalling non è veramente un ragazzo che sa giocare sulla sofferenza, sul dolore, e si tira un pochettino indietro. Però il suo infortunio è veramente difficile. Una grande frustrazione per me, perché è la posizione in cui abbiamo più necessità. Dobbiamo avere pazienza, non devo massacrarmi e neanche massacrare lui. Vediamo quando torna. Nell’ultima settimana non ha fatto neanche un minuto fuori dal dipartimento medico. Neanche si divide, non sa neanche se fa freddo o tira vento, quindi è in ritardo. Ma è la prima settimana dove non c’è dolore e la programmazione è che la prossima settimana possa andare in campo, non con me ma con i recuperatori e preparatori. Non mi aspetto Smalling nelle prossime 2-3 settimane. Prima del 2024? Nì, speriamo, vediamo (sorride, ndc).
Parla sempre di empatia: è necessaria, oltre che con la squadra, anche con la proprietà? C’è con i Friedkin? “Con la squadra lavori ogni giorno e ogni minuto. Un po’ come in famiglia, se non c’è empatia sei in difficoltà. I giocatori sono quelli più vicini all’allenatore. Questo io chiamo empatia funzionale, dare ritmo e qualità al lavoro e al rapporto diretto. Con la proprietà è diverso. La proprietà è sopra di me. Io sono pagato per non creare problemi alla proprietà. Significa che la proprietà si deve fidare del mio lavoro e avere il suo tempo per diversificare. I Friedkin devono diversificare come tanti altri proprietari. Se tu mi fai la domanda oggi, ti dico che l’ultima volta che ci ho parlato è ieri. Alla Rai ho detto che erano passati alcuni giorni. Ma neanche ieri ho parlato con loro di contratto”.
La Roma ora deve rispondere sul campo ai 60mila dell’Olimpico, ha dato meno secondo me rispetto allo scorso anno? “Non so se abbiamo dato meno, ma sono d’accordo sul fatto che dobbiamo dare di più. Non mi stanco mai di parlare di questo, in questo tipo di club non devi mettere limiti a quello che dai, devi dare sempre di più. Abbiamo avuto risultati negativi e performance non buone. Ma mai mancanza di professionalità e mai mancanza di rispetto per la gente. Ma una cosa è questo che ho detto, un’altra è dare qualcosa di più. Su questo sono d’accordo, dobbiamo dare di più. In casa di solito riusciamo a farlo, anche in estrema difficoltà e all’ultimo minuto. Fuori casa ci manca un po’ di mentalità che ho avuto sempre nella mia carriera e mi è sempre piaciuto, di godere dell’antagonismo di giocare fuori casa. Con alcune squadre mi piaceva giocare più fuori casa che in casa. Come un gruppo di ‘banditi’. Come squadre non godiamo a giocare in trasferta, magari da noi c’è gente che gli manca la mamma e il papà, la nonna che fa il dolce. E quando vai fuori casa ti manca tanto e vuoi tornare a casa. Abbiamo questa cosa. Con alcune squadre nel pullman provocavamo la gente fuori, volevamo fare casino, che qualcuno ci tirasse una bottiglietta, per esaltarci. Dobbiamo migliorare a questo livello, perché fuori di casa magari facciamo bene ma possiamo anche perdere a Praga, con il Ludogorets, col Bodo, anche in campionato abbiamo perso partite che non dovevamo perdere. Non è facile trovare questa mentalità, ma dobbiamo cambiare qualcosa. In casa sono 70mila e quando vai in trasferta ce ne sono magari 1500 che hanno fatto uno sforzo della Madonna per arrivare lì, anche economicamente”.
La correlazione tra chi gioca e chi manca la senti? “C’è sempre un progetto di squadra e dopo fai fatica quando non c’è continuità. Faccio fatica io e anche i giocatori, dal punto di vista della pianificazione e fanno anche fatica i giocatori quando si spostano di posizione. E quando abbiamo bisogno che qualcuno si sposti magari mancano Smalling o Sanches. Se metti insieme l’intensità altissima di Sanches e quella bassa di Paredes si equilibrano, altrimenti se ce n’è uno solo siamo bassi. Contro la Lazio che è fatta con una filosofia di possesso e controllo ha avuto meno possesso di noi. Mi è cambiato il cambio di velocità, siamo arrivati in zona pericolosa più volte noi, ma è mancata quell’esplosività. Da inizio stagione l’obiettivo era andare in una direzione che resta la stessa, ma con certi limiti. Sanches non è infortunato, ma domani non ci sarà. In due settimane in cui Pellegrini ha lavorato durissimo cercando di arrivare quasi al top, Renato ha interrotto questo processo con un piccolo problema e si è allenato in gruppo solo ieri. Non ha avuto continuità nel lavoro. Quando lo fa? Non viene neanche in panchina. Altrimenti pensi magari che sono scemo e lo faccio giocare. Potenzialmente è molto bravo e sarebbe molto importante”.
La squadra resta poco protetta anche dalla società? Ne avete parlato con la proprietà? “Io ho qualche qualità e tanti difetti. Friedkin li conosce. Di solito la gente vicina a me sa tutto quello che penso io, di solito non mi risparmio parole e critiche, ma neanche gli elogi. Nel lavoro sono un libro aperto. Tutti sanno quello che penso, quando sono felice e quando non lo sono, è molto facile”.