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Roma, De Rossi realista: “Me la giocherò fino alla morte, ma non sono stupido”

Daniele De Rossi si presenta come nuovo allenatore della Roma, dopo l’esonero di José Mourinho: la conferenza in diretta su Calciomercato.it

Un sogno che si avvera per Daniele De Rossi: la sua carriera di allenatore lo ha già portato a sedersi sulla panchina più amata, quella della Roma. Oggi è la giornata della presentazione ufficiale, con la conferenza stampa da Trigoria. Tantissimi gli argomenti affrontati dal mister, dal match col Verona alla reazione della squadra, dal modulo al suo futuro.

de rossi in conferenza stampa
De Rossi – calciomercato.it

In diretta su Calciomercato.it dalle ore 10 la presentazione ufficiale del nuovo tecnico giallorosso, che domani si troverà già di fronte alla sua prima sfida da allenatore di Serie A.

C’è un coinvolgimento emotivo e tecnico-tattico: che tipo di lavoro ha impostato e che Roma vorrebbe? “Quando cambi allenatore i giocatori vanno a 3000 all’ora nei primi allenamenti. I primi giorni ti danno una risposta fino a un certo punto, bisogna vedere quanto terremo questa intensità. La risposta è stata incredibile, vanno a 2000, sembra che assorbono anche quei 2-3 concetti che vogliamo aggiungere. Sono molto contento”.

Ha sentito Totti? “Ci siamo sentiti. Mi ha mandato un messaggio di in bocca al lupo in cui mi dimostrava felicità e stupore, che era anche il mio. Ci siamo ripromessi di vederci al più presto, passeremo un po’ di tempo insieme che ci fa sempre piacere a prescindere dalla Roma e da chi la allena”.

Sarebbe contento se a fine stagione…? “Se saremo tra le prime quattro. È un obiettivo da puntare, non facile ma possibile. I problemi quando cambi allenatore ci sono e ci sono passato. Alla Spal io non pensavo ci fossero problemi, la dirigenza sì e magari qui è successo lo stesso. Io non devo analizzare troppo i problemi, ma ripartire da zero, vedere cosa non funziona. Sono fortunato perché le partite le ho viste tutte, qualcosa ho in mente, ma è la squadra che conosco di più di tutte al mondo perché l’ho sempre vista per motivi di tifo. Quindi magari abbiamo accorciato il tempo di studio”.

Era il momento giusto per tornare? “Era il momento giusto per rifiutare la Roma secondo te? Non si rifiuta la Roma. Un po’ quanto successo a Pirlo, partito con l’under 23 e si è ritrovato in prima squadra. Ci sono uomini che rifiutano e altri che si buttano dentro. Non è solo rimettersi la felpa, di nostalgia, uno fa l’analisi dei valori di questa squadra. Avrei detto no solo se avessi pensato che la squadra era mediocre, non vado a fare brutte figure. La squadra è forte, il lavoro che dobbiamo fare dovrà farci fare bella figura e aiutare me nello sviluppo della mia carriera”.

Cosa le hanno detto sul futuro? “I presidenti sono stati chiarissimi, sulla durata del contratto e il tenore della mia permanenza. Ho detto ok, mettete voi la cifra, voglio un bonus per la Champions. È un gesto dovuto per quello che sono stato qui e per l’opportunità che sto avendo. Non ci sono opzioni, gli ho chiesto solo di trattarmi da allenatore e non da bandiera, da leggenda, uno che fa il giro di campo con Romolo. Ma loro erano d’accordo e sicuri, per il resto sanno. Sanno che io dal primo secondo in cui li ho sentiti, e non me l’aspettavo, me la giocherò fino alla morte per restarci qui. Questo è sottinteso. Con un gioco pulito, senza ricorrere al passato, meritandomi la conferma”.

Sul modulo. “Nella mia idea ho avuto il colpo di fulmine con Spalletti, la botta finale con Luis Enrique. Questa squadra però è stata costruita a tre, abbiamo provato entrambe le cose, si può difendere in un modo e attaccare in un altro. All’inizio magari i meccanismi non saranno oliati, non tolgo tra le opportunità cambiare in corsa, a volte giocheremo a tre e altre a quattro. Cambieremo anche in base alla strategia dell’avversario”.

C’è clima di contestazione contro la società. C’è chi dice che la scelta di affidare a lei la panchina sia stata calmante. “Non mi destabilizza. Non sono stupido. Un effetto calmante è un modo brutto e moscio di definire la scelta. Quando il presidente prende una scelta su un allenatore così amato, deve considerare tanto. Penso a tanti allenatori diversi che c’erano liveri, magari la reazione poteva essere ancora più devastante della gente verso la squadra. Penso che i tifosi siano una parte importante, soprattutto negli ultimi anni che hanno portato anche dei punti, loro sono capaci più di ogni altro di amare due persone. Hanno amato Mourinho e magari ameranno anche me. Non mi hanno preso per le prestazioni incredibili della Spal. Penso sia una scelta ponderata, per fattori di leadership, se sarà giusta lo scopriremo tra qualche tempo. Io devo approfittarne, può essere una grandissima occasione per me per diventare quello che voglio diventare”.

Qual è il suo calcio per cui le piacerebbe essere ricordato? “L’espressione il mio calcio mi mette i brividi, è un’espressione sbagliata. Un conto è Guardiola, che ti metti ad ascoltarlo perché ha un che di geniale. Lo stesso per De Zerbi, Conte. Non sono a quel livello, ma gli allenatori bravi sono riconoscibili. Se la nostra squadra alla fine di questo percorso sarà riconoscibile e saprà cosa deve fare, allora sarò contento. Venire ricordato come uno che fa giocare bene la squadra e la fa vincere mi basta e mi avanza”.

Si aspettava che fosse così il suo ritorno? Si è sentito l’allenatore della Roma quando è entrato a Trigoria? “Non la sognavo così, al posto dell’allenatore più titolato della storia, in corsa. Lo sapevo, non mi hanno puntato la pistola alla tempia. Magari mi aspettavo un processo più graduale, ma la storia è piena di allenatori che sono entrati ad interim che poi sono rimasti. Vedi Palladino, che ora è uno dei 2-3 più bravi in Italia. Me l’immaginavo diversa sicuramente. Io mi sento l’allenatore della Roma, più in campo che negli spogliatoi. Non si toglie quel rapporto con i calciatori, si può rispettare qualcuno anche essendo amici. Io non posso fingere, non voglio fingere che non voglia bene a Pellegrini o Cristante. Una persona mi ha consigliato di non venire con la mia macchina. Ma non devo far finta neanche di essere povero. In campo mi sono sentito allenatore, perché loro mi ascoltano. E mi sembra anche che gradiscano quello che sentono, ma non basta”.

Mourinho si è stufato della Roma? “Gli ho mandato un messaggio, non di circostanza. Lui l’ha fatto quando sono arrivato alla Spal. Non so se si è stufato, bisogna chiederlo a lui. Non mi permetto di dirlo e con tutto il rispetto non mi interessa. Io devo vedere cosa posso cambiare e migliorare, in questi quattro giorni sono stato costretto a parlare di tanto – di contratto e altre cose – oltre che di calcio. Non vedo l’ora di passare qui le giornate a studiare e parlare di calcio”.

Qualcuno l’ha stupita? Che problemi ha riscontrato? “La Roma non giocava male, alcune le giocava molto male e altre molto bene. Questo saliscendi ha causato questo distacco, con Atalanta e Napoli ha giocato una grande partita. Non è stata allenata male. Ha avuto alti e bassi come rendimento. Sui motivi ce lo stiamo chiedendo, non li vengo a dire qui. So che è una squadra forte, quando li vedi in allenamento e ti riavvicini a questi giocatori come Dybala e Lukaku e rimani colpito. Pisilli è tanto forte, non pensavo avesse questa qualità, ma mi ha impressionato e ammetto di avere la colpa di non conoscerlo bene”.

Cosa c’è da non sottovalutare contro il Verona? “Mille cose. Il Verona per primo. Allenata da uno che stimo tanto anche come uomo, ha mantenuto la barra dritta anche quando si parlava di tutt’altro tra caos societari e mercato. La vittoria con l’Empoli la ammiro molto. È una squadra strutturata, ha un gioco definito e riconoscibile. L’emozione dell’esordio non deve giocarci brutti scherzi. È un cambio, magari c’è un po’ di malumore e dobbiamo essere tutti calmi. Noi e la gente”.

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