Dallo stadio Olimpico, le parole di Roberto De Zerbi nella conferenza stampa della vigilia di Roma-Brighton
Roma-Brighton, De Rossi contro De Zerbi. Due allenatori emergenti, arrivati a momenti differenti del loro percorso di crescita. I giallorossi si presentano con i favori del pronostico soprattutto per i tanti infortunati tra gli inglesi che hanno penalizzato le ultime prestazioni.
L’attesa però è tanta perché il manager del Brighton è ormai uno dei tecnici più stimati del panorama europeo, accostato a tanti top club come Liverpool, Manchester United, Barcellona, Bayern Monaco e Milan. All’Olimpico prende la parola proprio De Zerbi per presentare la sfida di domani: le sue parole in diretta su Calciomercato.it:
Lei parlava di allenatori italiani come carenti in coraggio. “Io parlavo di tradizione. Se parliamo degli ultimi campionati la realtà è molto diversa rispetto a 10-15 anni fa. Gasperini è sempre uno avanti, poi c’è Italiano, Motta, Vivarini, hanno preso tante squadre dalla B, sono tanti allenatori che hanno preso una direzione diversa. De Rossi credo sia nato per fare l’allenatore. Io avevo indicato come uno dei possibili grandi allenatori, già prima che prendesse la Spal, ha tutte le componenti, dalla personalità, alla capacità di relazionarsi e di carisma con i calciatori. Lo conosco bene. Sono contento, sta cambiando una squadra che era forte. Ha dato un’impronta di gioco in poco tempo, sta facenddo grandi risultati, non è tutto scontato, credo che sia sulla strada per diventare un grande allenatore e lo è già. Ma non saprei se gioca a tre o quattro. Non so come gioco io, non posso sapere come giocherà lui”.
Lei si sente uno che precorre i tempi del gioco e lo capisce prima degli altri? “Non mi sento un genio, ma non mi manca i lcoraggio per fare cose che altri non farebbero. E poi vivo per il calcio, quest aè la differenza che mi fa avere questa carriera. Non sono più intelligente degli altri, ma se devo fare qualcosa di diverso e se credo davvero qualcosa lo faccio senza pensare ai risvolti o agli effetti negativi che possano bloccare questa cosa nuova”.
De Rossi dice che rispetta il Brighton ma ha giocatori più forti. “De Rossi è un amico perché siamo simili come persone, tanto è vero che le nostre figlie sono diventate amiche e non è un caso, abbiamo gli stessi valori. La Roma era forte con Mourinho, è frote anche con De Rossi. Noi non abbiamo esperienza, siamo venuti a giocarcela con umiltà, ma sappiamo quello che valiamo e questo ci dà tanto orgoglio. Noi non giochiamo solo per i quarti, ma perché stiamo scrivendo la storia e stiamo facendo qualcosa di impensabile fino a qualche anno fa. E per il nostro club è qualcosa che noi sentiamo”.
All’Olimpico c’è una spinta davvero clamorosa, teme questa cosa, potete subirla? “Lo vedremo domani se lo stadio ci intimorirà. Abbiamo giocato e vinto a Old Trafford, abbiamo giocato ad Atene e Marsiglia. L’Olimpico lo conosco, so che spinta ha, vediamo domani, è sicuramente un esame per noi questo. Questo ci deve dare più forza. Io alleno da dieci anni, ho cambiato 5-6 squadre. Questi giocatori del Bighton caraterialmente li sento più vicini a me, per orgoglio, fame, motivazioni, valori, per come vivono il calcio. Sono fiducioso, c’è sempre il campo che giudica tutto”.
Quanto le dà fastidio arrivarci senza la migliore formazione? “L’argomento si può prendere in due modi. O ci mettiamo a piangere con l’elenco delle assenze, o si può prendere come opportunità perché puntiamo a competere anche con tutti questi infortunati. Nessuno ci dava la garanzia che con MIlner, Mitoma e gli altri avremmo passato, nessuno ci dice che non passeremo senza di loro. Non voglio sentire parlare di infortuni. Siamo abbastanza”.
L’emozione di portare questo club in Italia, a casa sua? È orgoglioso? Sua figlia per chi tiferà? “Mia figlia non tifa Roma. È amica della figlia di De Rossi e va a vedere la Roma. Mia figlia tifa suo padre. Tifavo la Roma contro il Feyenoord per titrovarmela. Un grande orgoglio tornare qui. Io mi innamoro di tutte le squadre e i giocatori, a Foggia, a Benevento, a Sassuolo, allo Shakhtar ero legatissimo. Ma questa squadra mi dà orgoglio quando usciamo in giro. Anche se prendiamo imbarcate. Poi dopo le sconfitte questa squadra è sempre risorta, uscita dalla sofferenza sgomitando, con gioco e fame. Tornare in Italia con questi giocatori è un grande orgoglio”.
L’Europa League è la serata giusta per ridare la scintilla? “Noi abbiamo fatto la scelta di prendere tutte le competizioni al massimo. L’ottavo di Europa League non è più importante della partita col Nottingham di domenica. Non siamo abituati a giocare tre partite alla settimana per così tanto tempo e abbiamo raggiunto dieci infortunati. Non abbiamo una rosa numericamente così ampia. Se pensi al West Ham, al Siviglia, al Leicester, al Rennes, il Tolosa, Lens, Friburgo, l’Union hanno fatto bene in Europa ma male in campionato. Se abbiamo avuto problemi fa parte della normalità. Non sa cosa vuol dire competere per tante partite di fila. Qualcosa perde. Poi è diventato difficile competere”.
Ci sarà un approccio diverso a questa doppia sfida? Per lei è la prima volta nel Brighton. “Lo è qui, ma allo Shakhtar abbiamo vinto il playoff di Champions, in quattro partite eliminando Genk e Monaco. La partita però è su 180 minuti. Dovremo essere bravi a non perdere la nostra identità, sapendo che la partita è su 180 minuti. Trovare velocemente l’equilibrio tra essere noi stessi e pensare che domani sera non sarà finita e ci sono altri 90 minuti. E per il Brighton è una cosa nuova”.
Difficile pensare di rivederla in Serie A tanto presto? E se è così è per un fattore economico o perché non pensa che sia il posto giusto per lei? “Normale che ci pensi, è il mio paese. Io di solito faccio quello che mi piace e mi fa essere felice. Ora è stare qui, ho la fortuna di avere una squadra che mi permette di giocare queste competizioni e mi dà soddisfazioni, quando vinciamo sempre. Ma anche quando perdiamo trovo delle cose belle nei giocatori che alleno. Più avanti, non so quando, sicuramente tornerò in Italia. Non c’è un motivo prestabilito. La scelta che ho fatto 3 anni fa di andare allo Shakar era perché volevo crearmi una strada fuori dall’Italia per mia idea, per mia scelta e anche perché – senza scendere nei dettagli – c’erano delle cose che non mi piacevano e ho cercato altro. In futuro tornerò”.
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