La Roma ipoteca i quarti di Europa League con una partita fantastica e batte 4-0 il Brighton di De Zerbi: nel postpartita le parole di De Rossi
La Roma passa col Brighton e vince addirittura 4-0 in una partita messa subito in discesa dal gol di Dybala e dagli errori gravi della difesa. Poi Lukaku, Mancini e Cristante completano l’opera e mandano in visibilio l’Olimpico.
Nel postpartita un raggiante Daniele De Rossi si presenta in conferenza stampa, consapevole che mancano però ancora 90 minuti e desideroso di non esaltare troppo l’ambiente. La prima domanda però è su ADR, ovvero papà Alberto De Rossi: “Lavora nel mio stesso posto che è piccolo ma in l’avrò visto due volte in cinquanta giorni. Quando passa vicino al campo, sgattaiola via. Ci siamo incontrati al bar e quando mi ha visto mi ha detto ‘Non sapevo che fossi qui anche tu, vado via’. Non mi parla mai di calcio quando giocavo così come ora. Perché ha fiducia ma anche per non mettermi in confusione. Ogni tanto lo chiamo io, parliamo non di tattica ma di gestione risorse umane. Da lui ho ereditato la passione, tante idee calcistiche e magari sapermi relazionare con la gente. Lui è schivo, sicuramente è molto felice, è tornato allo stadio perché quando giocavo non veniva quasi più, mi fa piacere che stia vivendo con me questi 50 giorni anche se da lontano”.
Voleva avere di più la palla con Spinazzola largo contro un giocatore che non è un marcatore? “Quando giochi contro squadre bravi con la palla devi fargliela avere il meno possibile. Ma anche i miei giocatori sono forti, giocare uomo a uomo era un braccio di ferro che poteva girare dalla nostra parte. A coraggio si risponde con coraggio, non serve neanche dire altro su De Zerbi. Nella ripresa poi loro ci hanno fatto giocare meno. Speravo che i miei giocatori avrebbero fatto quello che hanno fatto. Il risultato è troppo largo, ma abbiamo meritato la vittoria e abbiamo fatto una grande partita”.
Ha messo quasi un quadrilatero per bloccare la loro costruzione tre più due, pensando che le caratteristiche dei difensori della Roma li avrebbero disinnescati. L’aveva pensata così senza palla? “Sì, ma il risultato poi condiziona i giudizi della partita. I tiri sono stai simili, 17 a 14, per fare la partita perfetta dovevamo concedergliene meno, ma abbiamo un portiere che para e fa parte della squadra. Cercavamo di mandarli dove siamo più forti, poi se le indirizzi da una parte certe squadre la portano dall’altra, come quella di De Zerbi. Bisognava accettare il duello uomo a uomo, giocare e andare in verticale con i nostri giocatori che inventano”.
Cosa ha dato a Paredes? Sembra un altro giocatore, è tornato quello che ha stregato gli argentini? “Quella palla non era uno schema. Sapevamo che avremmo avuto tanta pressione e poco tempo per ragionare, ma che avremmo trovato dei duelli e nell’uomo contro uomo siamo forti. Lui è molto forte, campione del mondo, ha giocato con Juve e PSG. Corre in allenamento, va forte, lo stimolo, ho una confidenza tale che posso permettermi di parlargli in modo più diretto, magari prenderlo in giro davanti a tutti, anche in sala video con dei montaggi su qualche sua lacuna difensiva. Sono molto contento di lui, non capisco perché siate così stupiti, è giocatore di livello mondiale. Parlare solo di lui però sarebbe sbagliato, hanno fatto tutti una partita eccezionale”.
Celik ha fatto benissimo, questa prestazione è figlia del suo martellamento psicologico? “Non puoi prendere un giocatore scarso e dirgli che è forte forte forte. Se uno è una sega è una sega. Lui è forte, ha fatto bene non perché lo martello dicendogli che è forte e lo martello psicologicamente. Si allena a duemila, quando non giocava e gli preferivo chiunque, aveva il sorriso e non perché è scemo. Lui è venuto a parlarmi, gli sarebbe piaciuto giocare di più, sapeva di poter dare tanto, ma io gli ho detto che non ce l’avevo con lui e che facevo le mie scelte. Lui non ha mai abbassato il livello in allenamento. Gli levavi il gps e scottava. Poi magari un altro magari la prende diversamente se non gioca, ha più muso, lo capisco, anche io non ero felice se non giocavo una partita. Poi la nazionale, il ct Montella, gli ha detto che contava su di lui e anche questo ha fatto la differenza. L’importante è che vai forte in allenamento, se fai questo lo fai anche in partita”.
Si è chiesto dove potevate essere con lei dall’inizio della stagione? “La battuta del mio collaboratore era per la frustrazione di fare bene ma c’è ancora tanto da fare. Lo stesso ottavo vinto oggi non ha completato il lavoro. Se noi pensiamo di essere perfetti andiamo lì e ci ribaltano. Dobbiamo andare lì con le orecchie basse. Non faccio classifiche o penso al passato, non sarebbe corretto. Io ho preso la barca il 16 gennaio e ho detto certe cose di questa squadra perché penso sia una buona squadra e deve fare più punti possibile. Conosco il calcio e la città, tutto può girare in un secondo. Non possiamo che andare avanti, umilmente, la presunzione fa andare cervello e gambe più piano. Non possiamo permettercelo, tra pochi giorni affrontiamo un’altra grande squadra, non c’è tempo per fare scalette e proiezioni”.
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