Dal linguaggio del corpo di Spalletti alla poca sintonia con giocatori e tifosi, dai moduli alla mancanza di leadership: i motivi alla base del flop dell’Italia
DA ISERLOHN – Il giorno dopo fa ancora più male. Perché si realizza che è tutto vero, che Casa Azzurri a Iserlohn ha le ore contate ed è già totalmente e tristemente deserta. E poi che l’Italia è stata eliminata dall’Europeo agli ottavi da campioni in carica, contro la Svizzera che ha tre giocatori del Bologna, con una delle partite più brutte nella storia azzurra. Ed è il giorno dell’analisi, dell’amarezza incalzante, della caccia ai colpevoli. Oggi il ct Spalletti e il presidente Gravina hanno preso la parola in conferenza stampa: “Siamo indietro, siamo tornati a zero, siamo noi i responsabili ma restiamo perché non avrebbe senso interrompere questo percorso”. Questo il succo delle loro dichiarazioni. Che non hanno soddisfatto gli interrogativi dei tifosi. Come detto è il tempo delle domande, di capire cosa non è andato. Tantissimo, forse quasi tutto. In campo e anche fuori.
A partire dai troppi cambiamenti e cambi di modulo e di uomini, non aver trovato mai un’identità precisa. Essere passati da quelli belli (e comunque non concreti) contro l’Albania a quelli presi a pallate con la Spagna, con stesso modulo e stessi calciatori. Fino ai tanti uomini cambiati con la Croazia (altra prestazione sotto livello), per poi variarne di nuovo altri sei con tanto di passaggio alla difesa. Insomma, uno Spalletti che ha avuto le idee un po’ confuse. E qui si passa al secondo di uno dei motivi che hanno portato a questa debacle, ovvero la poca alchimia tra tecnico e squadra. Due componenti che devono lavorare a stretto contatto, ma la squadra non ha proprio assimilato alcuni modi di fare e le idee di gioco del ct. Non è uno spogliatoio che crede ciecamente nel suo allenatore come dovrebbe accadere, ma i musi sono troppo spesso lunghi e non trasmettono la voglia di stare in questa Nazionale. Insomma, un gruppo che è lontanissimo parente di quello del 2021 o anche quello del 2016 quando Barzagli pianse in diretta dopo l’eliminazione ai rigori contro la Germania. Anche gli sfoghi social di Politano e Locatelli fanno capire questo. Che la Nazionale in questo momento non è il bene primario. Pianeti lontani.
Spalletti scoraggiato e spento, nessun leader: cosa non è andato nell’Italia
Di certo non ha aiutato uno Spalletti parso un po’ scarico e scoraggiato. In panchina in queste partite si è mosso poco, passeggiando nervosamente e quasi sempre con le mani in tasca. Lo abbiamo visto dare un’indicazione e poi bloccarsi a guardare. Anche in conferenza ha ripetuto più volte: “Siamo indietro, siamo tornati a zero e non me l’aspettavo. Dobbiamo cambiare tutto, ma non ci sono troppe basi solide su cui costruire certe cose”. Emblematico. Nelle parole e negli atteggiamenti del corpo e del viso che poi si sono riflettuti anche sui calciatori. E poi arriviamo diretti al quarto motivo, l’assenza totale di leader.
L’unico è Gigio Donnarumma, che prova a scuotere i suoi giocatori da capitano, ci mette sempre la faccia e tiene a galla da solo una barca che poi affonda comunque. Lui ha guidato la squadra sotto la curva a Berlino, quasi in lacrime. Gli altri latitano completamente, Barella o Jorginho che siano. Contro la Svizzera e non solo ha fatto riflettere che nessuno si arrabbiasse per quello che l’Italia stava facendo vedere. Nessuno ha provato a scuotere, a prendere metaforicamente a ceffoni un compagno che non si impegnava. E a Berlino era la netta maggioranza, quasi a camminare in campo. Jorginho dà qualche indicazione, ma di un trascinatore dentro e fuori dal campo in questa Italia non c’è neanche l’ombra. E non può essere neanche Gigi Buffon che ha un altro ruolo.
Tutto questo – e siamo al quinto punto di questa analisi – ha portato anche a un disamore da parte dei tifosi azzurri, che in questa competizione sono sempre stati in minoranza schiacciante nonostante la Germania sia una nazione con un alto tasso di italianità. E in generale molto poco numerosi e rumorosi. Un appiattimento sulla strada di quanto visto in campo, con un legame un po’ debole con una squadra che non sta facendo niente per cambiare le cose. Si sono trascinati a vicenda verso il basso, potremmo dire. Questi ne sono cinque, ma di motivi – anche più profondi – ce ne sono molti altri.