Jannik Sinner ha fatto discutere ancora una volta il pubblico italiano nelle ultime ore: in questo caso, parte tutto da Gianmarco Tamberi
Non è un mistero affermare che Jannik Sinner e Gianmarco Tamberi sono due tra i migliori sportivi italiani nell’epoca attuale. Il primo ha riscritto la storia del tennis azzurro, portandoci in cima alla Coppa Davis e in testa al ranking Atp, lì dove non eravamo mai stato nella classifica del maschile individuale.
Il secondo, con un carattere istrionico, i trofei luccicanti e capacità quasi sovrannaturali, è un vate di tutto il suo sport, ancor di più se si considerano i nostri confini. Contrappore due atleti così e schierarsi contro l’uno o contro l’altro era impensabile fino a qualche giorno fa – noi italiani siamo riusciti anche in questo.
Ma andiamo con ordine per capire dove nasca il problema e il successivo conflitto. L’Olimpiade è un appuntamento prestigioso per qualsiasi sportivo, ma per alcuni sport più di altri. È un discorso di appuntamenti a disposizione, di visibilità e quasi essenzialmente di categoria. Eppure, tutto il mondo italiano ha percepito con grande delusione il forfait di Sinner per via di una tonsillite, per quanto brutta potesse essere.
Tamberi, al contrario, si è concentrato sul radunare a sé forze divine e terrene, gli Dei del pubblico e dello sport e soprattutto il suo centro interiore per avere le energie per non farsi fermare dalle coliche renali e facendo la spola tra gli ospedali e la pista. L’altoatesino, già ampiamente criticato nei giorni precedenti, è finito alla gogna, perché ora, ecco, c’era un termine di paragone diretto su cosa avrebbe dovuto fare per devozione totale allo sport tricolore e a se stesso.
Certo, non sono mancati neanche i detrattori dell’half-shaved man, che l’hanno accusato di dare un cattivo esempio sulla gestione della salute degli atleti, il giorno della gara e anche in precedenza, in fase di preparazione. Infine, c’è anche chi ha criticato chi critica tutti, quasi a certificare che ci sia un caso.
Le scuole di pensiero differenti rimangano e ognuno sarà libero di giustificare e tifare chi vuole – che poi nello sport sono quasi sempre sinonimi. Però, erano liberi anche Sinner e Tamberi di fare le scelte che più si rifacevano al loro carattere e alle loro ambizioni, vincolati dai sì o dai no dei medici, questo è certo. Forse sarebbe anche il caso di goderci la fine di un’Olimpiade in cui l’Italia ha protestato, amato, discusso, si è emozionata e ha animato anche il dibattito su temi seri. Perché sì, Sinner e Tamberi avranno deluso qualcuno, ma d’ora in poi vanno protetti sotto la bandiera tricolore.
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