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Roma, Dybala in Arabia: De Rossi conferma. E a chi insulta: “Sono dei subumani”

Esordio per la Roma di Daniele De Rossi, che domani sera giocherà in casa del Cagliari in pieno mercato e con la grana Dybala: le parole del tecnico

La nuova Roma di Daniele De Rossi e il ds Florent Ghisolfi esordisce domani sera in casa del Cagliari. I giallorossi arrivano al primo appuntamento stagionale con un buon mercato, ancora però incompleto e soprattutto con la questione Dybala da risolvere.

Daniele De Rossi (LaPresse) – calciomercato.it

Il tecnico giallorosso ne parla nella conferenza stampa della vigilia e non può che essere l’argomento principale:

Situazione per Cagliari? “Non ci sono indisponibili, Paredes giocherà con la Primavera perché è squalificato e ha bisogno di minuti. Siamo contenti di avere il sostegno della Primavera e giocherà ‘X’ minuti”.

Come sarà gestito Dybala? “Abbiamo sentito che c’è qualcosa, se n’è parlato ma Paulo sta con noi. Anche altri giocatori hanno situazioni di mercato, ma lui viene con noi, non ci sono problemi, è convocato”.

Che speranze e ambizioni ha? “Sono le aspirazioni di altri 9-10 allenatori che lotteranno per i nostri stessi obiettivi. Spero di continuare a vedere questa dedizione al lavoro ed entusiasmo che hanno avuto. La prima parte è stata piena di ragazzi giovani che hanno tenuto alto il livello. L’ultima parte è stata fantastica, vorrei poter dire che quelli che ci sono oggi saranno gli stessi che ci saranno il 2 settembre ma non è così, per nessuna squadra. Quindi poi ci lavoreremo di nuovo su alcune cose, ma la direzione dei ragazzi e della squadra è ineccepibile”.

L’allenatore De Rossi come valuta l’eventuale perdita di Dybala tatticamente e tecnicamente? E invece il tifoso De Rossi come la digerirebbe? “Tu non puoi chiedermi di fare il tifoso, anche se lo sono e lo sarò sempre. Il messaggio che do è cercare di trattare con delicatezza argomenti che per un tifoso sono vitali. Se parli della cessione di un giocatore a mia madre o a uno che non è tifoso ok, ma se ne parli a un tifoso i giocatori sono legati a momenti indimenticabili e forti. Forse solo uno sa meglio di me cosa vuol dire essere legati a un popolo. Da allenatore cerco sempre di non parlarne. Io non posso commentare rumors o voci, negoziazioni o chiacchiere. Perché non sono stato presente e parte in causa nelle discussioni e poi ho una partita importante domani. Penso che un domani Paulo spiegherà ed entrerà nel merito. Paulo rimane un giocatore molto forte. Io quello che dovevo dire l’ho detto alla società e a Paulo. Sono sempre presente con i miei giocatori, ho parlato con chi voleva andare via, con chi voleva rassicurazioni, ho un bel rapporto con tutti e dico le cose in faccia. E per ora sembra funzioni. Poi stop, non posso andare oltre. Quello che dovevo dire l’ho detto. L’altra volta sono state travisate le mie parole, tanto per cambiare, ma nessuno è più importante della Roma, questo resta. E io non ho nessun interesse, secondo fine, obbligo di silenzio, voglio solo fare una squadra forte. A me salva solo una cosa: squadra forte e risultati buoni, poi il resto si mette a posto. Voglio solo quello. Se qualcuno vuole buttarla su altri temi io non devo neanche rispondere, mi conoscete. Il mio obiettivo è quello di fare una grande carriera da allenatore e una grande stagione, lasciare la Roma meglio di come l’ho trovata, in una posizione più alta”.

Soulé come l’ha trovato? “Il suo tasso di pericolosità lo decide lui. In 5-6 statistiche, quelle che piacciono a noi che diventiamo un po’ nerd da allenatori, negli under 23 è uno dei primi in tutto, dribbling, assist, passaggi chiave. Noi dovremo metterlo a suo agio. Ma parlando di lui parlo di tutti gli altri che si sono inseriti bene. E anche una menzione per chi c’era l’anno scorso e magari ha avuto poco spazio, si stanno allenando bene tenendo alto il livello”.

Come si concilia la perdita del giocatore più forte con una squadra più forte? “Non lo so, ne parleremo più avanti. Il Napoli 24 mesi fa ha venduto Koulibaly, Ruiz, Insigne e Mertens, tutti molto forti anche se non più forti di Dybala, poi hanno vinto lo scudetto. Non ho detto che succederà anche a noi, ma spesso le squadre perdono pezzi importantissimi ma si ricostruiscono in maniera magari anche inaspettata”.

Si sta parlando di Dybala e mai di Cagliari in questa conferenza, manca – come diceva Mourinho – una figura di un personaggio che possa parlare di queste cose al posto suo? “Io penso che ora neanche un dirigente possa parlare di queste cose. Proprio perché sono voci o qualcosa in più di voci. Poi magari il 2 settembre ne parlerò anche io o lo stesso giocatore. Non è che non voglio parlarne, ma in questa fase dove niente è compiuto tutti farebbero fatica a parlarne. Il 2 settembre si saprà se si è fatta. Io vorrei parlare meno per come sono fatto io, da giocatore facevo un’intervista all’anno. Non mi piace parlare tanto spesso. Altrimenti per me le conferenze pregara sono inutili, sapete che facciamo pretattica. Oggi magari è più succulenta. Non è il bisogno di un’altra figura, poi se mi dite che arriverà una figura del genere benissimo, la valuteremo e magari sarò anche contento”.

I Friedkin cercano anche il consenso popolare e basano qualche scelta in base al sentimento dei tifosi? Ad esempio come accaduto per Bonucci. “Magari il discorso Bonucci si lega a un’altra cosa, magari il valore di Bonucci da parte della società era diverso da quello dato dai tifosi, immagino, perché non c’ero. Io credo che loro analizzino i giocatori, non credo che si fidino ciecamente ma le scelte sui calciatori sono state mie e del direttore. Ce ne sono altri che magari mettono più bocca, ma qui i presidenti ci lasciano carta bianca, poi certo magari i primi due o tre obiettivi non possono arrivare perché uno costa troppo o l’altro chiede troppo. Questa cosa della ricerca del consenso popolare non l’ho percepita, poi certo ero più contento anche io prima quando non prendevo insulti sui social. Abbiamo un lavoro però da fare e delle convinzioni tecniche”.

C’è una zona del campo in cui si può operare o certe caratteristiche da prendere? “Ho fatto un discorso alla squadra. So che qualcuno può essere distratto, confuso, attirato da altre situazioni ma gli ho chiesto di pensare solo al Cagliari, come se fossimo a ottobre a giocarci una partita importantissima. Ho detto anche che se qualcuno non se la sentiva ne poteva parlare a me, lo avrei accettato. Se io parlo due ore di mercato oggi è il contrario di quanto ho detto a loro. Parlare di ruoli qui non è bello, si fa con la società come ho fatto, o coi diretti interessati per prepararli. A volte penso ancora da giocatore. Non dico a un mio calciatore che prenderò uno nel suo ruolo il 30 agosto, glielo dico prima così può decidere e trovare magari una sistemazione. Ma se io ne parlo qui e poi non arriva un nuovo giocatore in quel ruolo, chi è rimasto lì poi magari sa che cercavo altro e non era voluto, non è il massimo. Poi tanto le caratteristiche sono sempre le stesse, ho parlato a maggio, quindi fatevi un’idea”.

Come ha preso tutti questi insulti? “Non è piacevole. Ai social do poco peso, anche se socialmente ne hanno tanto perché la maniera di parlare e di interagire è diventata un modo di fare quasi quotidiano. Anche se nel quotidiano certe cose non le direbbero, non perché io sia spaventoso o pericoloso, ma perché non vanno in giro per strada ad augurare un tumore o la morte della famiglia, a uno che perde una partita o vende un giocatore. Ora ci rido, poi magari ci pensi mezz’ora e basta. Poi fai il calcolo, pensi che cento messaggi così sono tanti, ma in confronto a quanti sono i romanisti sono pochi. Poi a volte apri la foto di chi ti ha scritto certe cose e sono 14enni, o dei subumani mai visti e lasci correre, chi proferisce certe cose dietro una tastiera non è degno di troppo interesse. Mi dispiace, spero sempre di essere amato. Sapevo che venendo qui potevo incrinare qualcosa di quanto era stato da calciatore. Di base anche da giocatore non sono mai stato amato e protetto, coccolato come mi è successo con i tifosi della Roma ma allo stesso tempo nessuno mai mi ha fatto male, anche quando ero qui a giocare, come me ne hanno fatto certi tifosi romanisti, anche laziali, juventini o napoletani. È insito nella natura umana. Sappiamo volerci bene ma anche odiare, ogni tanto me lo ricordano. Non penso sia cambiato chissà cosa tra me e i tifosi romanisti, magari qualche risultato buono aiuterà a riportare il sereno anche con quelli che si divertono sui social”.

Il lavoro che fa con Dovbyk è per provare a sostituire le consegne che dava a Lukaku o sarà diverso? “Non ha caratteristiche tanto distanti da quelle di Romelu. C’è una esperienza diversa, ma non sono totalmente diversi. Non abbiamo preso un falso nove che svaria, ma abbiamo preso un finalizzatore che attacca benissimo lo spazio, molto veloce, forte, pulito nei disimpegni e i controlli, decisivo dentro l’area, le consegne sono più o meno quelle. Poi di partita in partita cambiano le strategie. Cerchiamo di non dargli troppe indicazioni facendogli capire cosa vogliamo. Perché all’inizio ho capito che ai nuovi dicevo troppe cose, arrivava palla e volevano fare 10 cose insieme. Quindi ci siamo focalizzati su quello che è fondamentale, riducendo le consegne, anche perché sono giocatori intelligenti. Le Fée all’inizio voleva fare cose giuste e magari dimenticava il pallone, quindi lo abbiamo lasciato più libero e abbiamo abbassato i carichi, è diventanto un altro giocatore, anche perché ha preso condizione. Così come per gli altri”.

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