Le prime due partite con Cagliari ed Empoli hanno evidenziato una Roma in netto ritardo, in campo e non solo. E De Rossi appare confuso tra moduli e scelte, ma anche deluso e frustrato per il mercato
La Roma cade nella sua prima partita casalinga della stagione, un 1-2 contro l’Empoli e una prestazione ancora lontanissima da quella che tutti, tifosi e allenatore, si aspettavano. Perché fa il paio con il brutto pareggio di Cagliari e arriva al termine di una settimana di totali montagne russe a Trigoria. Per la questione Dybala e non solo. Giorni e ore di cui Daniele De Rossi ha mostrato i segni a fine partita, davanti alle telecamere e in conferenza. Senza voce, stanco, amareggiato, arrabbiato, anche un po’ sconsolato. Sentimenti che si sono notati tutti all’esterno e non a caso nella sala stampa dell’Olimpico l’ultima domanda è stata proprio questa: “La vediamo molto provato, stanco, triste, solitario, quasi depresso. Che momento sta vivendo?”
Qualche secondo pausa, poi la risposta: “Stasera non sono provato dal risultato e dalla prestazione. Sono dispiaciuto per il risultato, ma ho la fortuna di ricaricarmi il giorno dopo, grazie a uno staff fantastico, un gruppo di giocatori che comunque hanno fatto vedere che erano vivi. Domani (oggi, ndr) sarò meno triste, meno solo, meno arrabbiato”. Ci sono due fronti che in questo momento alla Roma non vanno come dovrebbero. Il primo è che si è visto in campo. La squadra non ha ancora una fisionomia, un’identità, non ha distanze né tempi (in entrambe le fasi), non ha moduli. Ed è in ritardo di condizione, soprattutto in alcuni giocatori. Che lo stesso De Rossi non ha risparmiato, partendo dal motivo per cui è entrato Shomurodov: “È più vivo degli altri, ha più energie. E deve giocare chi ha più energie, anzi dovrò ragionare così anche con molti altri”. Perché a centrocampo la Roma non aveva ritmo, nel primo tempo non ha vinto contrasti ma neanche commesso falli, prendendo un contropiede dietro l’altro. E portando puntualmente i giocatori dell’Empoli in area, che prima hanno sprecato e poi hanno ringraziato.
Non a caso Paredes e Cristante sono stati i primi a uscire, tra l’altro fischiatissimi. In particolare il numero 4 azzurro, particolarmente nervoso e poco contento del cambio (e lo ha pure fatto capire all’allenatore). Ma pure la convivenza tra Dybala e Soule non è andata benissimo, il 2003 ex Juve ha vagato continuamente per il campo. Prima esterno a sinistra con la Joya dall’altra parte, poi si è trasferito a destra con il 21 in mezzo. Li ha avvicinati per farli dialogare, ma senza successo. Dalla difesa a quattro con Celik si è passati nel primo tempo a tre con Angelino e Soule quinti e Dybala-Pellegrini dietro a Dovbyk. Malissimo l’ucraino, neanche mai servito in profondità o con qualche cross ben messo per la sua testa. Infine nel tridente difensivo, con Celik out, è finito Angelino con Soule a tutta fascia. Cambi su cambi, per chiudere con cinque attaccanti su dieci. Buona l’intuizione di Shomurodov, entrato invece di Abraham e decisivo per dare una sterzata alla partita. Paradossale, se si pensa che l’uzbeko non giocava una partita con la maglia della Roma dal 9 novembre 2022, prima dei prestiti a Spezia e Cagliari. Insomma, tanta confusione. “Questa rosa poteva, quindi doveva vincere contro Empoli e Cagliari”, ha detto sconsolato De Rossi.
E sul mercato non cambia: “Avevamo le idee chiare, ci siamo dovuti resettare ma avremo presto di nuovvo le idee chiare”. Il ‘reset’ è arrivato per il no di Dybala all’Arabia, che costringe DDR pure a cercare di ripensare la sua Roma: “Mi piacciono gli esterni coi piedi sulla linea e a lui non posso chiederlo”. La Joya pare costituire un problema, duplice, ma anche ieri è stato tra i pochi a calciare, a provare la giocata, scuotere magari qualche compagno, rincorrere l’avversario a palla persa. Cose per cui altri, nei primi 65 minuti, non hanno avuto le energie. Meglio è andata con il discreto ingresso di Le Fée, a Cagliari fuori dopo un’ora e da ieri out per una ventina di giorni causa infortunio. Paredes è stato invece subito buttato dentro da titolare con appena 20 giorni di ritiro e una partita con la Primavera settimana scorsa (era anche squalificato). E Bove che invece aspetta in panchina, con zero minuti in due partite. In un momento in cui alla Roma manca corsa e dinamismo. Il 2002 con Mourinho era praticamente un punto fermo, spesso il migliore per applicazione tattica e fame (la stessa che cerca De Rossi). Dall’arrivo di De Rossi il suo impiego si è progressivamente ridotto. Tante panchine, anche in estate, nonostante una preparazione svolta senza mai fermarsi.
E ora, pur senza opzioni affidabili, per due volte di fila – abbastanza inspiegabilmente – a sudare, ma da fermo e in panchina. Dicevamo del mercato, altro elemento di grande stress per De Rossi, che abbraccerà il terzino destro solamente oggi: un calciatore arabo di 25 anni nato e cresciuto nella Saudi Pro League, tutto da verificare e difficilmente in grado di prendersi da subito il posto per migliorare la Roma. A meno di cinque giorni dalla fine del mercato, ancora senza un difensore centrale che pare più che mai indispensabile (per Danso serve un ultimo sforzo), così come un centrocampista. E magari pure un esterno a sinistra. Tutti dipendenti, dalle cessioni di calciatori come Zalewski, Abraham e lo stesso Bove che però sono ancora bloccati. Tutti elementi che hanno alimentato malumori e contrasti tra il mister e la società, dalla gestione Dybala a quella del mercato in generale. E il campo che conferma come la Roma sia in evidente ritardo, e non solo per i giocatori che mancano. Così com’è, la rosa è altamente incompleta. E la stagione giallorossa rischia di essere un po’ come era ieri il volto del suo allenatore: deluso e frustrato.
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