Juventus, il racconto dell’ex: “Venivano a trovarti a casa e se disobbedivi venivi multato”
Mentre in Italia è stato aperto uno straordinario ciclo che ha portato a nove scudetti consecutivi, in Europa la Juventus si è fermata due volte sul più bello, ad un passo dalla vittoria finale, con le due finali perse contro Barcellona e Real Madrid.
A ripercorrere quei tempi ci ha pensato Patrice Evra. Il francese, come suo solito, non si attiene mai a dichiarazioni banali e ha ricordato a ‘Stick to Football’, i tempi del suo trasferimento in bianconero. “Nove anni al Manchester United sono stati come una vacanza rispetto alla Juventus. L’intensità del lavoro, di quelle sessioni di allenamento, è stato qualcosa che non avevo mai sperimentato. Correvamo quattro chilometri al giorno. Zidane mi raccontava di aver visto gente vomitare in allenamento e l’ho vista anche io. Dopo le gare a Manchester i giocatori avevano un buffet, ma in Italia mi portavano una porzione grande e agli altri giocatori una porzione più piccola. Con Pogba siamo andati in cucina e abbiamo visto che le foto di ogni giocatore erano codificate a colori per dare porzioni diverse. Ogni due settimane facevamo le analisi del sangue, volevano sapere cosa mangiavi e andavano persino a casa tua per dire a tua moglie o allo chef cosa cucinare. Venivi multato se disobbedivi”.
In merito ai suoi trascorsi bianconeri, Evra ha parlato anche del rapporto con lo stesso Pogba e di quelli che erano gli allenamenti sotto la guida di Massimiliano Allegri.
L’ex difensore ha raccontato del rapporto con Pogba: “Sapete quante volte Allegri non voleva farlo giocare?Poi magari lui segnava un goal e veniva esaltato anche se aveva giocato male. È per questo che ho voluto allenarlo mentalmente”. E a proposito di Allegri e dei suoi allenamenti: “Per me prima della finale di Champions League contro il Barcellona, il modo in cui ci siamo allenati ci ha fatto arrivare stanchi. Ci guardavano in campo e durante l’allenamento ci dicevano di andare più veloce, erano in giro per il campo con i computer. Fu Tevez a convincermi, ma non mi ha detto niente di quello che sarebbe successo. Avevo 33 anni, quindi ho lottato i primi mesi, ma dopo mi sentivo come se potessi distruggere tutti. Quando ho visto quella squadra sapevo che avremmo vinto il campionato e saremmo andati almeno in semifinale di Champions League: senza quest’esperienza non avrei potuto giocare sino a 38 anni”.
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